Nuove scoperte sulla comunicazione fetale tra madre e figlio

In Terris

Martedì 27 Agosto 2019

Gli scienziati hanno studiato su dei topi geneticamente modificati. Una possibile svolta nella cura dei parti prematuri di

Lorenzo Cipolla

Durante la gravidanza, le madri e i figli che portano in grembo comunicano tra loro. No, non si tratta di quei momenti quando una donna incinta si rivolge ad alta voce alla creatura nel pancione in un momento d’intimità, bensì a livello cellulare. Il feto invia dei ‘messaggi’ al corpo che lo ospita in cui trasmette dati e informazioni sul suo stato.

Questo sistema di messaggistica sono gli esosomi, dei complessi multiproteici presenti nelle cellule, che viaggiano dall’embrione verso i tessuti materni all’interno di “sacche”, i quali a loro volta inviano altre informazioni al feto che possono anche apportargli dei cambiamenti. Inoltre sono sempre gli esososmi che avvertono il lato materno che gli organi sono formati, così si innesca il travaglio.

La scoperta della comunicazione madre-figlio durante i nove mesi può far compiere grandi passi avanti per nuovi farmaci in grado di curare i parti prematuri. Le nascite pretermine causano la morte di un milione di bambini dei 15 milioni nati in anticipo.

Esosomi message system”

Le nuove scoperte in materia sono di un gruppo di ricercatori dell’University of Texas Medical Branch di Galveston, negli Stati Uniti d’America. “Abbiamo cercato di saperne di più sulla portata e le capacità di questo sistema di comunicazione al fine di sviluppare nuovi modi per monitorare e supportare il feto durante la gravidanza“, ha dichiarato il senior autor della ricerca Ramkumar Menon.

Per osservare questo scambio, gli scienziati americano hanno fatto degli esperimenti sui topi geneticamente modificati in modo che le proteine esosomiche si colorino di verde fluorescente e rosso, per distinguere tra quelle del feto e quelle della madre, nelle analisi al microscopio del sangue e dei tessuti embrionali e materni.

Nel sangue materno si sono trovate tracce degli esosomi fetali, che danno informazioni sullo stato di salute e sullo sviluppo dell’embrione. Questo studio può dare una svolta per la produzione di medicine per impedire i parti prematuri e consentire il normale decorso della gravidanza.

“Abbiamo appena ricevuto un contratto triennale da 1,5 milioni di euro per testare un nuovo approccio nel trattamento delle nascite pretermine. Verificheremo l’utilità di farmaci racchiusi in esosomi che possono potenzialmente attraversare la barriera del placenta, raggiungere il feto e prevenire l’infiammazione fetale, una delle cause principali”.

I parti prematuri

Ogni dieci bambini che nascono nel mondo, uno viene partotito vivo prima che siano passate 37 settimane di gravidanza. Sono 15 milioni i parti prematuri nel mondo ogni anno, secondo i dati dell’Organizzazione mondiale della Sanità del 2017, e il 60% avvengono in Africa e in Asia Meridionale.

Nonostante sia un fenomeno globale, le disegulianza tra Primo e Terzo mondo fanno la differenza. I paesi più colpiti dalle nascite premature sono quelli meno sviluppati, con un reddito e un benessere o più basso. In termini di sopravvivenza, nella parte più povera del mondo il 90% dei bambini nati estremamente in anticipo, prima delle 28 settimane, muore nei primi giorni di vita.

Chi sopravvive spesso già presenta o sviluppa disabilità. Nei paesi sviluppati, non ce fa appena meno del 10% dei prematuri estremamente pretermine. La maggior parte muore per mancanza di sostegno, di allattamento al seno o per l’impossibilità di curare le infezioni neonatali.

Per questo l’Oms negli anni scorsi ha diramato delle linee guida per prevenire i parti prematuri: una sana alimentazione; l’astensione dall’uso di tabacco e sostanze; misurazioni fetali e un minimo di otto contatti gli operatori sanitari durante la gravidanza per individuare eventuali fattori di rischio. Per esempio, i servizi di ostetrici efficaci possono ridurre il rischio di prenatalità fino al 24%.

Sempre secondo l’Oms, circa i tre quarti dei bambini potrebbero sopravvivere grazie per esempio agli steroidi prenatali e alle cure postnatali.