Occidente messo alla prova

Benedetto XVIIl Sole 24 Ore, Domenica 24 Ottobre 2010- N. 292

Dal volume «Joseph Ratzinger. Opera Omnia: invito alla lettura» LEV, pagg.104, € 7,00, anticipiamo un estratto del saggio di Lucetta Scaraffia «Joseph Ratzinger, un teologo che parla a tutti».

di Lucetta Scaraffia

La pubblicazione dell’opera omnia di Benedetto XVI costituisce un’operazione di grande importanza sul piano culturale, e non solo su quello religioso; anche perché mette in evidenza un carattere particolare del papa attuale, quello cioè di essere un intellettuale di grande profondità,vera e propria eccezione fra quanti in genere sono ascesi al soglio pontificio.

Le parole di Ratzinger sono come una luce chiara e paziente, e viene da pensare a quella che John Henry Newman – intellettuale cattolico molto amato da Benedetto XVI che ha voluto beatificarlo personalmente a conclusione del suo viaggio in Gran Bretagna – chiamava «luce gentile» (kindly light). Una luce che porta i lettori a fare chiarezza sulle domande fondamentali della vita ripresentate nel modo in cui si pongono oggi. Una riguarda la crisi della legge naturale.

È in Occidente che Ratzinger vede aprirsi la questione più grave, che contrappone la cultura laica a quella religiosa: «II vero, il più grande pericolo di questo momento sta proprio in questo squilibrio tra possibilità tecniche ed energia morale». L’ Europa, che si avvia a dimenticare di essere stata un continente cristiano, «sostiene che razionale è soltanto ciò che si può provare con degli esperimenti», per cui «in un mondo basato sul calcolo, è il calcolo delle conseguenze che determina cosa bisogna considerare morale oppure no».

Si tratta poi di un mondo libero solo in apparenza, perché la tolleranza di tutte le opinioni tanto predicata è in realtà concessa «a condizione e nella misura in cui rispettino i criteri della cultura illuminista e si subordinino ad essa».

Davanti alle gravi questioni bioetiche che il mondo si trova ad affrontare non basta quindi un’etica basata sul calcolo delle conseguenze. A Ratzinger appare evidente che «la scienza come tale non possa generare dell’ethos e che quindi una coscienza etica rinnovata non venga a costituirsi come prodotto di dibattiti scientifici», dal momento che per effetto delle tecnoscienze «l’uomo diventa il prodotto e con questo si – altera in modo fondamentale il suo rapporto, con se stesso. Egli non è più un dono della natura o del Dio creatore; è prodotto suo proprio».

Per rispondere a questo deterioramento morale, d’altra parte, non, si può più ricorrere neppure al diritto naturale, perché è venuto meno il concetto di natura: che esso presupponeva, messo in crisi dalla teoria dell’evoluzione; anche se «come ultimo elemento del diritto naturale (…) sono rimasti i diritti umani». Proprio in questa ottica Ratzinger polemizza con «il concetto di “natura” proprio delle scienze naturali», secondo cui per natura bisognerebbe intendere l’oggetto di tali scienze, e ogni altro senso di questo termine sarebbe un non senso.

Perciò proprio in base a queste considerazioni l’argomentazione teologica poggiante sull’idea di creazione e «basata sul “diritto naturale”; basata sulla “natura” dell’uomo, gira a vuoto, anzi appare come priva di senso, come relitto di una “scienza” arcaica della natura».

La conclusione di questa messa da parte del diritto naturale è nell’affermazione, mai fatta esplicitamente ma implicita in molte argomentazioni, secondo le quali «ciò che è morale è identico a ciò che è fattibile». Solo se la relazione con Dio è presente nel fondo della nostra anima, solo se esista «questo orientamento che segna totalmente la nostra coscienza» possiamo parlare di legge morale naturale, come ci dicono le Scritture, che «partono dal presupposto che l’uomo nel suo intimo sappia della volontà di Dio, che esista una comunione di sapere con Dio, profondamente inscritta in noi, che chiamiamo coscienza»

La risposta per chi vuole. trovare una «evidenza etica efficace» si può quindi trovare solo in una ragione messa sotto controllo dalla religione, o viceversa, in una religione messa sotto controllo dalla ragione: anche perché la fede- «che esprime un piano completamente diverso da quello del fare é del fattibile» – ha norme oggettive nella Scrittura e nel dogma. In sostanza, in un mondo che ha distrutto anche quei principi che derivavano da una visione religiosa e che condivideva pur essendo secolarizzato, come il principio della legge naturale, solo la conversione, solo il ritorno alla fede può offrire un approdo di salvezza morale.