Panfilo

“cercate ogni giorno il volto dei santi e traete conforto dai loro discorsi”

[Didaché IV, 2; CN ed., Roma 1978, pag. 32].

Panfilo

di Rino Cammilleri

Apparteneva a un’antica e ricca famiglia fenicia di Berytus (oggi Beirut). Studiò al Didaskaleion, la famosa scuola cristiana di Alessandria, poi si stabilì a Cesarea, dove ricevette gli ordini sacri. In breve, divenne il più celebre studioso delle Scritture e la sua attività di collazionatore e correttore di manoscritti fu la base su cui poi lavorò san Girolamo diversi anni dopo.

Panfilo organizzò anche un’imponente biblioteca (che nell’VIII secolo fu completamente distrutta dai soliti arabi). Nel 307 il governatore della Palestina, Urbano, lo fece arrestare in ossequio all’editto anticristiano. Torturato e incarcerato, Panfilo in cella conobbe Eusebio di Cesarea, il futuro storico, che divenne suo discepolo.

Dopo un paio d’anni di carcere, il successore di Urbano volle sbrigare il suo caso e lo processò insieme ad altri due cristiani, Paolo e Valente (quest’ultimo, ormai anziano, conosceva le Scritture a memoria). Furono giustiziati tutti e tre. Il giovane Porfirio, allievo di Panfilo, richiese il corpo del suo maestro, ma ottenne solo la stessa sorte.

Fu giustiziato anche Seleuco, che aveva portato la notizia della morte di Porfirio ai cristiani nascosti. In quell’occasione il governatore venne a sapere che anche il vecchio Teodulo, il suo schiavo preferito, era cristiano (Teodulo aveva abbracciato Seleuco prima che questi venisse ucciso) e lo fece crocifiggere (pena prevista per gli schiavi; per gli altri c’era la decapitazione). Fu deciso di dare i corpi dei martiri in pasto alle bestie, ma i cristiani, con grande rischio, riuscirono a recuperarli nottetempo e a seppellirli.

Il Giornale 1 giugno 2005