Il Giubileo, origine e storia fino al secolo XIX

I.D.I.S. – Istituto per la Dottrina e l’Informazione Sociale

Voci per un Dizionario del Pensiero Forte

Giubileo

Giubileo del 2000, apertura della Porta Santa

di Marco Tangheroni

1 Il primo anno santo

Il primo anno santo viene proclamato da Papa Bonifacio VIII (1294-1303) con la bolla Antiquorum habet, del 22 febbraio 1300, festa della Cattedra di San Pietro. In essa, la “grande indulgenza”, la “piena e intera perdonanza”, come la definisce il cronista fiorentino Giovanni Villani (1280 ca.-1348), è connessa alla confessione e alla visita devota delle basiliche di San Pietro e di San Paolo.

La bolla concede queste indulgenze per un anno, a partire dalla vigilia di Natale del 1299, retrodatando cioè i privilegi di circa tre mesi rispetto alla data del documento: un indizio del fatto che il giubileo non fu “inventato” dal Papa, ma da questi, piuttosto, solennemente e con autorità recepito e regolamentato, anche per il futuro.

Infatti il popolo cristiano si era messo in moto verso Roma con la convinzione che già analoghe concessioni fossero state fatte da Pontefici precedenti, in occasione degli anni secolari. La bolla d’indizione si apre, infatti, con il riferimento a racconti, degni di fede, degli antichi, “Antiquorum habet digna fide relatio”.

Un autorevole testimone dell’epoca, il cardinale Jacopo Stefaneschi (1270 ca.-1343), dopo aver scritto di non poter individuare l’origine della diffusa certezza, aggiunge che […] con questi precedenti cominciò giorno per giorno ad accrescersi la fede e la frequenza dei romani e dei forestieri”.

Il riferimento cronologico al Natale si spiega anche con la volontà di commemorare il centenario della nascita di Cristo. Copie della bolla vengono trasmesse in tutta la Cristianità insieme a una lettera nella quale sono precisate le condizioni per l’acquisizione dell’indulgenza e le ragioni di esclusione.

L’enorme afflusso di pellegrini, con una larghissima partecipazione femminile e con l’arrivo, in non pochi casi, di intere famiglie, verso Roma — da tempi remoti una delle tre “peregrinazioni maggiori” dei cristiani, insieme con Gerusalemme e con il santuario iberico di Santiago di Compostela — è testimoniato da molti personaggi dell’epoca.

Celebre è il passo del canto XVIII dell’Inferno, in cui, per descrivere l’andare in opposte direzioni di due schiere di dannati, Dante Alighieri (1265-1321) rievoca la divisione decisa per la grande folla, “per lo essercito molto”, in due corridoi, mediante transenne di legno, del ponte di Castel Sant’Angelo, sì “che da l’un lato tutti hanno la fronte / verso ‘l castello e vanno a Santo Pietro, da l’altra sponda vanno verso ‘l monte”.

Si noti, di passaggio, che non a caso il poeta fiorentino, esule dal 1301, colloca proprio nell’anno giubilare la sua straordinaria esperienza nei tre mondi dell’al di là. Villani, accurato cronista ed esperto mercante, usualmente affidabile quando parla di cifre, non esita a scrivere: “E fu la più mirabile cosa che mai si vedesse, che al continuo, in tutto l’anno durante, avea in Roma oltre al popolo romano ducentomila pellegrini, senza quegli che erano per gli cammini andando e tornando“. Né sfugge al Villani, testimone oculare — […] ed io il posso testimoniare, che vi fui presente e vidi” —, che ugualmente mirabile fu la capacità di dare da mangiare a questa folla “con molta pazienza e sanza romori e zuffe”.

Merita di esser riportata anche la testimonianza circostanziata di un cronista parmense: […] maschi, femmine, chierici, laici, religiosi, religiose e monache andarono a Roma da tutta la Lombardia, dalla Francia, dalla Borgogna, dalla Germania, dalle altre regioni e da tutte le terre cristiane, infiniti baroni, cavalieri e nobili dame e altri senza numero dell’uno e dell’altro sesso, d’ogni condizione, stato, ordine, dignità, andarono a Roma per il giubileo. Ogni giorno, a tutte le ore, sembrava che un intero esercito percorresse la via Clodia e i campi d’intorno”.

La celebrazione del giubileo, con così straordinario concorso di fedeli, conferma la centralità ormai pienamente raggiunta, nella Cristianità, da Roma e dal Papato, proprio negli anni in cui Papa Bonifacio VIII la teorizza con vigore. Il Papa vuole che, a futura memoria, il testo della bolla d’indizione sia inciso anche su una lastra di marmo.

Ma negli anni immediatamente successivi si assiste a una ripresa del conflitto con il Regno di Francia e con il suo sovrano, il Capetingio Filippo IV il Bello (1268-1314), finché si giunge, il 7 settembre 1303, all’episodio noto come “oltraggio di Anagni”: in quel giorno, truppe francesi, guidate da Guglielmo di Nogaret (1260 ca.-1313), entrano nella cittadina laziale al grido di “Muoia Papa Bonifacio e viva il re di Francia” e sottopongono il Pontefice, che aveva indossato i paramenti sacri, a umilianti oltraggi, nei quali si distingue Sciarra Colonna (1270 ca.-1327), esponente di una famiglia che si era opposta violentemente al Papa.

Dopo poco più di un mese Bonifacio VIII muore e presto sopraggiunge per la Chiesa il periodo del Papato Avignonese (1305-1377), alla fine del quale — ritorno a Roma di Papa Gregorio XI (1370-1378) — si aprirà la gravissima crisi del Grande Scisma d’Occidente (1378-1429), con la Chiesa e la Cristianità divise fra “obbedienza romana” e “obbedienza avignonese”.

2. Il Giubileo nel Basso Medioevo

Ricordare i giubilei successivi al primo significa rievocare, sia pure per rapidissimi accenni, tutta la storia della Chiesa. Anche se Papa Bonifacio VIII aveva stabilito che essi avessero luogo solo negli anni centenari, già Papa Clemente VI (1342-1352), indicendo quello del 1350, fissa una scadenza cinquantennale, con un richiamo alla tradizione giubilare ebraica; poi, dopo la decisione di Papa Urbano VI (1378-1389) d’indirne uno ogni trentatré anni, in ricordo della durata della vita terrena di Cristo, si arriverà alla definitiva fissazione della scadenza venticinquennale con la bolla Ineffabilis Providentia, di Papa Paolo II (1464-1471), del 17 aprile 1470.

Il giubileo del 1350 — che fa seguito alla spaventosa epidemia di peste che, nel 1348, colpisce l’Europa, con la morte di circa il 40 per cento della popolazione — viene incontro anche a un diffuso desiderio penitenziale. Esso può essere definito come il giubileo senza papa, giacché Clemente VI, pur accogliendo, con la sua indizione, le sollecitazioni dei fedeli e in particolare dei romani, non si muove da Avignone.

Fra coloro che s’indirizzano al Papa per convincerlo a proclamare l’anno santo sono anche Cola di Rienzo (1313-1354), per qualche tempo a capo del governo romano, e il letterato Francesco Petrarca (1304-1370), che, pellegrino lui stesso, descrive in varie lettere le modalità e il significato dell’evento. Per facilitare l’afflusso dei pellegrini —superiore a quello del primo giubileo — il Papa ottiene una tregua dai re di Francia e d’Inghilterra, già impegnati in quella che poi sarà definita la Guerra dei Cento Anni (1339-1453). In questa occasione viene aggiunto l’obbligo della visita anche alla basilica di San Giovanni in Laterano.

In pieno scisma, Papa Urbano VI decide di indire per il 1390 un nuovo giubileo, aggiungendo la visita a una quarta basilica, quella di Santa Maria Maggiore. Esso viene poi celebrato effettivamente da Papa Bonifacio IX (1389-1404) e può essere definito come il giubileo della Chiesa divisa, perché il “Papa avignonese”, Clemente VII (1378-1394), proibisce ai propri fedeli, soprattutto francesi e spagnoli, di parteciparvi. Lo stesso Bonifacio IX, di fronte allo spontaneo accorrere di pellegrini a Roma nel 1400, conferma il perdono straordinario anche per quell’anno; una lettera scritta allora contiene il primo riferimento noto alla Porta Santa in San Giovanni in Laterano e a cerimonie a essa connesse.

L’anno santo del 1423, indetto, dopo il suo ritorno a Roma, da Papa Martino V (1417-1431) — il Pontefice con il quale, al termine del Concilio di Costanza (1414-1418), è ricomposta l’unità della Chiesa cattolica — costituisce una prova della ritrovata e unitaria centralità di Roma. Testimonianze dell’epoca indicano che l’afflusso di pellegrini forestieri fu maggiore di quello dei pellegrini italiani. Nel 1450 il giubileo viene indetto da Niccolò V (1447-1455), un Pontefice umanista, che proprio in occasione della Pentecoste di quell’anno canonizza Bernardino da Siena (1380-1444), grande e popolarissimo predicatore francescano.

Mentre la Cristianità era sospesa fra la sempre più minacciosa espansione turca — Costantinopoli cadrà nel 1453 — e le speranze del superamento dello scisma della Chiesa greca, i pellegrini affluiscono in quantità impressionante; per dirla con Vespasiano da Bisticci (1421-1498), “[…] erano le strade piene in modo che [gli uomini] parevano formiche“. Il successivo anno santo — il termine entra nell’uso ufficiale proprio in questa occasione — viene indetto da Papa Paolo II e celebrato da Papa Sisto IV (1471-1484).

Un grande giubileo viene indetto e celebrato da Papa Alessandro VI (1492-1503) nell’anno 1500, pochi anni dopo il viaggio di scoperta dell’America compiuto da Cristoforo Colombo (ca. 1460-1506). La preghiera letta dal Pontefice durante la notte di Natale, nella cerimonia di apertura della Porta Santa, chiede a Dio di concedere “[…] un inizio propizio di questo anno centesimo del giubileo in cui hai voluto aprire questa porta al popolo pentito”.

3. Il Giubileo nell’epoca della Rivoluzione

I giubilei del secolo XVI possono essere ricordati il primo, quello del 1525, sotto Papa Clemente VII (1523-1534), come quello della Chiesa di nuovo divisa, e questa volta per gravissime ragioni dottrinali, cioè per il dilagare, in gran parte della Cristianità, della Riforma protestante, di cui è iniziatore Martin Lutero (1483-1546), i successivi come quelli della Riforma cattolica, del Concilio di Trento (1542-1564) e della sua applicazione.

Le cronache e le testimonianze dell’epoca sottolineano lo straordinario successo del giubileo del 1575 —indetto da Papa Gregorio XIII (1572-1585) —, animato in modo continuo da predicatori, da processioni e da confraternite diversificate per il ruolo devozionale e liturgico, mentre Roma dimostrava di essere perfettamente organizzata dal punto di vista dell’ospitalità ai numerosissimi pellegrini.

Molto curati sono allora, e ancor più in quello del 1600, gli aspetti coreografici e spettacolari, i quali, oltre a venir incontro alle nuove forme della pietà popolare, manifestano chiaramente l’incipiente età barocca. Fra i giubilei successivi è bene ricordare quello del 1775, celebrato da Papa Pio VI (1775-1799), che, nonostante il clima culturale europeo dominato dall’illuminismo — razionalistico, anticlericale e, in alcune sue punte, materialista ed ateo —, dimostra quanto, a livello di costume, fosse ancora profondamente radicata, nel suo legame con Roma, la pietà popolare cattolica.

Peraltro, l’esplosione della Rivoluzione francese, nel 1789, e la connessa politica di persecuzione della Chiesa da parte della Francia repubblicana e poi napoleonica, rendono impossibile l’indizione e lo svolgimento del giubileo del 1800: Papa Pio VII (1800-1823) viene eletto, a Venezia, alcuni mesi dopo la morte in esilio del suo predecessore e può rientrare a Roma soltanto per la consacrazione, inizio di un pontificato pure fortemente marcato dalla persecuzione e dalle sofferenze della Chiesa e del Pontefice.

Lo stesso Papa ha comunque la possibilità di celebrare il giubileo del 1825, da lui fortemente voluto — e a ragione, anche a giudicare dal notevole concorso di pellegrini — nonostante il timore nutrito da non pochi esponenti della curia circa possibili macchinazioni delle sette rivoluzionarie. Di nuovo, le vicende rivoluzionarie del 1848-1849, con l’esilio di Papa Pio IX (1846-1878) e la Repubblica Romana, del 1849, impediscono, nel 1850, l’indizione e la celebrazione dell’anno santo.

Ed è in una Roma conquistata cinque anni prima dai bersaglieri e divenuta capitale del Regno d’Italia, che lo stesso Papa, il 24 dicembre 1874, indice l’anno santo, con una bolla dall’inizio indicativo del giudizio pontificio sugli avvenimenti, non solo italiani, del suo tempo: Gravibus ecclesiae et huius saeculi calamitatibus. Fra i pellegrini, notevole è soprattutto l’affluenza dei francesi; poiché il Papa non esce dal Vaticano, non vi è, ovviamente, nessuna cerimonia di apertura della Porta Santa.

Per approfondire: vedi Arsenio Frugoni (1914-1970), Pellegrini a Roma nel 1300. Cronache del primo giubileo, Piemme, Milano 1999; Genoveffa Palumbo, Giubileo giubilei, Rai-Eri, Roma 1999; e Paolo Caucci von Saucken (a cura di), Il mondo dei pellegrinaggi. Roma, Santiago, Gerusalemme, Jaca Book, Milano 1999