Cristianesimo e ”Ass. filosofiche” nel futuro dell’UE

Europa UERelazione non rivista dall’autore tenuta in occasione dell’incontro promosso dall’assessorato alla cultura del Comune di Camaiore il 27 luglio 2003

di Massimo Introvigne

Dico subito che, premesso il mio punto di vista è quello di uno studioso di scienze sociali ed anche di cattolico, ci sono due spunti di tutto questo dibattito su cui non ho particolare interesse per gli aspetti strettamente giuridici, sapendo pochissimo di diritto costituzionale e niente di diritto costituzionale europeo, ma ci sono due aspetti di grande interesse.

Il primo è quello che la religione è una cosa importante perché nonostante tutto è un tema che non si riesce a cacciar via; cacciato dalla finestra rientra dalla porta e viceversa. Noi abbiamo vissuto per molti anni, certamente per più di un secolo, con una eredità che anche in noi che siamo di tutt’altra area culturale ed in qualunque intrapresa accademica pesa fortemente, che è l’eredità del modo di Marx e di Engels di concepire la religione come un fenomeno sovrastrutturale cioè come qualche cosa che non è importante, ossia gratta la religione e sotto c’è sempre qualche cosa d’altro.

La regola che dava Engels, che è l’unico e vero autore dell’Antidüring, è quella per cui ogni qualvolta un fenomeno si presenta come religioso questa causalità religiosa è solo apparente e bisogna cercare le vere cause che attengono alla sfera della produzione e ai rapporti di classe, quindi in termini marxisti c’è una struttura che è quella reale, che è quella materiale, che è quella economica e la religione è un fenomeno sovrastrutturale e Engels ci da degli esempi che dimostrano la sua straordinaria ignoranza di questioni religiose perché, per esempio, ci dà l’esempio dei valdesi.

Dice: i valdesi del Piemonte sembra che abbiano condotto la loro resistenza, talora eroica, alle persecuzioni in nome di valori religiosi ma applicando questa regola per cui i valori religiosi sono sempre solo apparenti dobbiamo dire che i valdesi erano dei pastori alpini patriarcali che lottavano contro la fase feudale quindi erano l’estremo del reazionarismo.

Peccato però come molti storici valdesi anche di sinistra rilevano che il movimento valdese sia un movimento urbano che nasce a Lione e si diffonde a Milano e in altre grandi città e che poi, sospinto dalle persecuzioni, solo tardivamente va a rifugiarsi nelle valli dove i valdesi che non hanno nessuna esperienza agricola fanno in genere i commercianti e non i pastori, patriarcali o meno. Quindi il pastore alpino patriarcale di Engels è una visione molto discutibile. E così per molti altri episodi.

Dice: che cosa sono le eresie medievali? Sono la manifestazione primitiva della coscienza di classe delle città contro la nobiltà che ha il suo centro nelle campagne. Che cosa sono i grandi risvegli religiosi? Sono proteste contro la rivoluzione industriale e così via.

Cioè ogni fenomeno religioso è per natura falsamente religioso ed Engels arriva a dire, ed è un concetto che purtroppo molti sociologi fino almeno a qualche anno fa hanno preso assolutamente sul serio, che i fenomeni sono falsamente religiosi anche quando la maggior parte dei protagonisti sono convinti che siano religiosi, perché non è l’opinione o la coscienza dei protagonisti che conta perché potrebbe trattarsi di falsa coscienza e la falsa coscienza secondo Engels è quel fenomeno per cui qualcheduno non si rende conto della natura dell’esperienza che sta vivendo, che è sempre un’esperienza determinata dalla proprietà dei mezzi di produzione e dai rapporti di classe, e magari pensa di stare vivendo un’esperienza religiosa mentre in realtà è un’esperienza economica.

Per cui non conta l’opinione delle persone coinvolte, se S. Francesco pensa di aver fondato i francescani per motivi religiosi lui lo pensa veramente ma essendo vittima della falsa coscienza la sua opinione non conta. Bisogna dire che soprattutto gli storici e poi un po’ più faticosamente i sociologi si sono liberati in grandissima parte, esaminando episodio per episodio, da questa ipoteca marxista sulla religione e si vanno convincendo seppur faticosamente che la religione per le persone conta per davvero.

Allora anche questa controversia sulla costituzione europea ci conferma che la religione è una cosa importante che muove delle passioni, che la gente si agita quando si parla di religione e non si tratta qui di pretesti, come talora si legge, perché la Francia opponendosi alla menzione del cristianesimo nella costituzione europea  persegue una politica di potere contro gli Stati Uniti; ci son sicuramente anche questi aspetti ma nella sostanza questo dimostra che il tema religioso è ancora un tema che non si è riusciti a liquidare.

Debbo dire che un articolo di Galli della Loggia che molti di loro probabilmente hanno letto sul Corriere della Sera qualche giorno fa coglieva il tema abbastanza bene dicendo che lo scandalo, per lui laico, del rifiuto ostinato di buona parte dei costituenti a menzionare il cristianesimo (sapete che l’attuale preambolo parte dai greci e dai romani poi salta all’illuminismo – in mezzo c’è stata forse qualche altra cosa ma che cosa sia non ve lo vogliamo dire), questo rifiuto in realtà è una prova di grande debolezza di noi laici che abbiamo ancora paura del cristianesimo perché se avessimo smesso di avere paura ne potremmo parlare tranquillamente invece vuol dire che abbiamo una fifa blu che questi rimettano su la testa tanto che basta evocare la parola (è un po’ come Lord Boldemorth nei romanzi di Harry Potter che bisogna dire tu sai chi ma non si deve  mai nominarlo perché quello si materializza), e sembra che ci si trovi in una situazione di questo genere che se si nomina il cristianesimo quello viene fuori  per davvero, allora proviamo a non nominarlo che magari va via.

Quindi diceva che è una posizione di estrema debolezza da parte dei laici questa avversione che poi si traduce giustamente, come direbbe qualunque persona di buon senso laica o cattolica che sia, in una grossolana falsificazione della storia perché dire che l’Europa è stata fatta dai greci dai romani e dagli illuministi indubbiamente salta 1300 anni di storia a piè pari e sono quelli in cui l’ Europa si è precisamente formata. Per cui diventa difficile dire che si tratti di una ricostruzione accurata anche solo dal punto di vista fattuale.

Seconda osservazione: quando abbiamo detto che la religione è una cosa molto importante dobbiamo anche metterci d’accordo su quale sia il modo corretto di avvicinarsi alla religione e certo oggi sotto la spinta soprattutto del confronto con il mondo islamico, che ha delle idee diverse da quelle prevalenti in occidente sul punto, è ritornato anche di attualità il problema dei rapporti fra religione e politica che ci permette di costruire dei modelli geopolitici che forse sono più sofisticati di quello pure utile di Huntington sullo scontro di civiltà che è appunto un modello utile (ma già per dir questo evidentemente si dice una cosa poco politicamente corretta).

Si può osservare che molti di quelli che parlano male di Huntington non l’hanno mai letto ed è difficile aprire un confronto con persone che parlano di un libro che normalmente affermano subito di non avere letto. Il modello di Huntington è utile perché sicuramente vi è in tutto quello che sta succedendo nel mondo un elemento di scontro tra le culture, però vi sono anche degli scontri all’interno di ciascuna cultura e quindi si può arrivare a dei modelli più sofisticati.

Un documento molto utile che (in quanto descrive dei dati di fatto non in quanto prescrive come rispondere a questi fatti),  potrebbe essere letto anche da persone che non sono religiose o che non sono cattoliche (per esempio da studiosi di scienze sociali che ne trarrebbero grandi benefici) è quel documento della Congregazione per la Dottrina della Fede sui rapporti tra i cattolici e la politica datato 2002, ma di fatto presentato agli inizi del 2003.

Questo documento nella sua parte descrittiva e fattuale, non parlo della parte prescrittiva che come tale evidentemente si indirizza ai cattolici (perché chi cattolico non è potrebbe dire che di quello che consiglia di fare la Congregazione per la Dottrina della Fede non potrebbe importargliene di meno), nella sua parte descrittiva è un grande strumento di interpretazione, oserei dire più sofisticato di quello di Huntington.

Ci prospetta in sostanza tre modelli del rapporto tra religione e politica, che poi altro non è che una species di un genus che è il rapporto tra religione e cultura e la posizione che identifica come corretta  il documento ma comunque una posizione possibile (che sia corretta è già un giudizio di valore) è quella secondo cui tra religione e cultura c’è una distinzione molto chiara, la cultura non è la religione, la cultura comprende una serie di attività umane che hanno  una loro autonomia in quanto realtà temporali e tuttavia tra religione e cultura non  c’è neppure una assoluta separazione, cioè l’uomo religioso ha il diritto come tutti gli altri di produrre cultura.

La cultura ha il dovere di lasciarsi giudicare da principi morali e quindi tra cultura e religione c’è un rapporto di collaborazione, di apertura di possibili contatti anche se non obbligatori perché affidati al libero agire degli uomini. E questo vale per i rapporti tra religione e politica. La politica ha una sua autonomia, guai a non riconoscere l’autonomia della politica eppure il credente può dire la sua in quanto credente; può giudicare la politica alla luce dei valori morali che a lui vengono in quanto credente e dalla collaborazione fra religione e politica possono scaturire dei dati positivi.

Questa è la posizione, dice il documento, della vera laicità che non è il laicismo ma è una autonomia della politica che però proprio in quanto laica non si chiude agli apporti di nessuno e neanche agli apporti dei credenti in quanto credenti.  In realtà questa posizione che ci viene presentata come corretta dal documento, che è una posizione possibile, è la posizione della laicità  che, come la intende il documento ha due caratteristiche, uno  è tipicamente occidentale, non si è sviluppata fuori della civiltà occidentale, (nelle altre civiltà si trova molto più difficilmente) e secondo è relativamente rara perché le due posizioni che si trovano più spesso sono le altre due cioè la posizione laicista e la posizione fondamentalista.

La posizione laicista è quella che postula l’esistenza e la doverosità di una muraglia cinese tra la politica e la religione e tra la cultura e la religione. Una muraglia con delle guardie che dicono di qui non si passa e quindi la cultura ha tutta una serie di difese che impediscono alla religione di dire la sua in quanto religione e di influenzarla.

Questa non è la posizione laica ma la posizione laicista. Dice una sociologa francese, che tra l’altro non ha antipatia per il modello francese, che non bisogna confondere la posizione laica degli Stati Uniti con quella laicista della Francia perché negli Stati Uniti la separazione tra religione e politica è stata pensata dai costituenti per difendere la religione dalla politica mentre in Francia per difendere la politica dalla religione.

All’altro estremo vi è poi il modello fondamentalista che postula invece che non vi è nessuna differenza tra la religione e la cultura, la cultura è religione e non c’è nessuna autonomia delle realtà temporali per cui in modo immediato, cioè senza mediazioni, dalla religione facciamo discendere automaticamente una cultura e una politica e votiamo alle tenebre esteriori tutto quanto nella cultura e nella politica non è immediatamente riconoscibile come religione.

Noi viviamo un’ epoca di fondamentalismi in cui questa posizione fondamentalista è diffusa in molti ambiti, in ambito protestante vi sono voci tutt’altro che poco sofisticate che sostengono questa non autonomia della cultura, non dobbiamo pensare che siano tutti ignoranti i fondamentalisti protestanti, ce ne sono che insegnano ormai in primarie università, almeno nel mondo di lingua inglese.

Troviamo una posizione fondamentalista naturalmente nell’Islam dove è molto importante, sebbene non sia l’unica voce nell’Islam, che è anche al potere in una serie di paesi. Troviamo fondamentalismo in alcuni ambienti ebraici ultraortodossi, e poi la troviamo, anche se in questo caso l’espressione andrebbe qui utilizzata un po’ in un senso diverso, ma se parliamo di quel tipo ideale di immediatezza di rapporto tra religione e cultura la troviamo certamente nell’induismo e nell’ideologia di quella famiglia di movimenti che esprimono poi il partito attuale di maggioranza relativa cui appartiene il primo ministro indiano.

Quindi effettivamente vi è una grossa diffusione dell’atteggiamento fondamentalista che è molto meno diffuso, per una serie di ragioni storiche, nel mondo cattolico ma dove fa capolino come posizione culturale più che come posizione strettamente politica e simmetricamente vi è una ostinata difesa del laicismo più tradizionale da parte di alcune forze culturali che oggi trovano il sostegno di un governo che, (come un tempo vi era chi si ergeva a difensore del cattolicesimo) sostanzialmente si erge a difesa dell’ortodossia laicista e che è il governo francese (che sia socialista o che sia gaullista non cambia quasi nulla).

Io credo che questa a griglia che prevede tre tipi di rapporto fra religione e politica e cioè laicità, fondamentalismo e laicismo sia una griglia che ci fa comprendere molte cose. Per esempio lo scontro fondamentalisti-laicisti è una chiave per capire tutta una serie di situazioni geopolitiche nel mondo islamico e asiatico ma ci fa capire anche i problemi che si agitano in Europa.

Ci sono due aspetti che vorrei trattare ancora: il primo è il ruolo come organizzazione culturale della posizione laicista, della Massoneria e il secondo è la questione dell’immigrazione islamica nel contesto anche dell’unione europea e della costituzione europea.

Il ruolo della massoneria.

La massoneria nasce in un momento in cui non è più scontato il rapporto tra religione e politica, che è un rapporto  che per l’uomo medioevale è dato  per scontato non in una chiave fondamentalista ma direi in una chiave naturale perché si vive in una società dove certamente ci sono delle piccole minoranze, come i valdesi, ma la stragrande maggioranza dei cittadini è cattolica e quindi il tema del rapporto tra lo stato e i cattolici non si pone perché tanto quasi tutti sono cattolici.

La modernità nasce propriamente quando con la riforma protestante, con le guerre di religione, con le scoperte geografiche che inizialmente non portano molti non-cristiani in occidente ma aumentano la consapevolezza che il mondo è fatto di tante religioni diverse perché tutti hanno il cugino, il nipote, l’amico che è stato marinaio e gli ha detto che gli indigeni delle americhe o i cinesi o gli indiani la pensano diversamente da noi su tante cose.

L’Europa scopre  improvvisamente il pluralismo, ma non quello sociale (ricchi e poveri) che c’era sempre stato, ma il pluralismo religioso come consapevolezza socialmente rilevante che il mondo non è unitario ma che nel mondo la si pensa in maniera diversa anche sull’essenziale, cioè sulla religione, su Dio, su da dove veniamo e su dove andiamo.

Già in Europa ci sono vari gruppi protestanti che hanno idee diverse e poi con questa informazione diffusa dalle nuove scoperte geografiche anche il quivis de populo sa che ci sono i cinesi, gli indiani e quant’altro. Allora questo provoca due reazioni che si precisano dopo che il gran polverone della Riforma protestante e delle prime guerre di religione si deposita.

La prima è una reazione di tipo settario che consiste nell’isolarsi dalla società e dire questa società complessa moderna con tante verità è troppo faticosa da vivere almeno psicologicamente e quindi mi isolo e mi costruisco la mia piccola microsocietà dove non si sentono tante campane che mi confondono la testa ma si sente una campana sola.

Ma questo è possibile solo per gruppi relativamente piccoli, in fondo l’emigrazione puritana negli Stati Uniti, paradossalmente nasce proprio così, nasce dal desiderio dei puritani inglesi non solo di non essere perseguitati ma di stare in un posto dove erano solo loro senza il problema del pluralismo. Naturalmente poiché questi gruppi di puritani sono molti, si riproduce esattamente lo stesso problema dall’altra parte dell’oceano, anzi il pluralismo americano è molto maggiore di quello europeo.

L’altra reazione è quella di quelli che allargano le braccia fin quasi a slogarsele cercando di prendere tutto insieme e dire che in realtà gli uomini la pensano tutti nello stesso modo. Ma è evidente che la pensano diversamente e allora si dice che la pensano diversamente a livello superficiale ma se siamo capaci di scendere più in profondo troviamo che nelle loro radici profonde tutte le religioni hanno qualcosa di comune. Qui si ha la nascita dell’esoterismo, che appunto nasce praticamente con la modernità.

L’esoterismo dice che tutte le religioni e i grandi sistemi filosofici hanno due livelli: quello che si vede, che è il livello essoterico, e che fa apparire la diversità. Se poi uno scende al livello esoterico trova un nucleo segreto delle varie religioni che è uguale per tutte, ma solo gli iniziati sono in grado di vederlo proprio perché questo nucleo è segreto e quindi bisogna conoscere i segreti.

La prima grande manifestazione oggi abbondantemente studiata di questa mentalità sono i manifesti dei Rosacroce che sono pubblicati agli inizi del’600, tra il 1614 e il 1616 la Confessio, la Fama e le Nozze Chimiche di Christian Rosenkreutz in cui si dice che, sepolto da qualche parte nella foresta nera c’è la tomba di un cavaliere medievale Christian Rosenkreutz o Cristiano Rosacroce e in questa tomba c’è questo segreto, questa dottrina molto semplice ma che sarebbe il nucleo comune di tutte le religioni.

Oggi noi sappiamo che questi manifesti nella sostanza sono un opera di fiction composta con altri da un pastore luterano tedesco che voleva lanciare un grido all’unità di tutti, ma non di tutti proprio tutti perché l’intentio era di suscitare una grande alleanza contro gli Asburgo e contro il papato. Però la cosa viene presa sul serio per cui i Rosacroce, che non esistevano prima del ‘600 avendoli inventati la fantasia di qualcuno, dopo un po’ esistono perché esistono organizzazioni che cercano i Rosacroce e che poi si convincono di esser loro i Rosacroce.

Perciò questi Rosacroce che agli inizi del’600 non esistono alla fine del ‘600 ci sono per davvero. Cercano questo deposito segreto in molti luoghi e specialmente in Inghilterra nelle corporazioni di arti e mestieri perché in queste corporazioni, che avevano in gran parte ormai perso il loro significato economico, c’erano due elementi che li interessavano.

Il primo elemento erano le leggende, soprattutto la corporazione dei muratori (che non erano solo i muratori di bassa lega ma anche gli architetti), i liberi muratori (freemason in Inghilterra, framaçon in Francia da cui i nostri frammassoni e poi massoni) avevano ricchissime leggende che parlavano del tempio di Salomone, dell’arca di Noè, dei 4 santi coronati, che sono esistiti per davvero e che erano scultori messi a morte perché non volevano fare statue di Diocleziano perché questo perseguitava i cristiani.

L’altro elemento è la parola di passo o parola segreta, che noi conosciamo per le opere seicentesche o tardo-cinquecentesche del reverendo Robert Kirk (1644-1692) in Scozia che le metteva in relazione con le Fate dicendo che era la parola per entrare nel loro regno; ma sembra che l’origine sia molto più prosaica. Nasce la parola segreta nella corporazione dei muratori quando questa corporazione perde il monopolio per costruire le grandi opere, le cattedrali, i ponti e nascono gli abusivi, ossia persone tecnicamente capaci di costruire ma che non avevano seguito tutto l’itinerario corporativo.

Allora contro gli abusivi è introdotta la parola segreta che permette di riconoscere se uno è membro della corporazione. Non basta più, come nel Medioevo, il capo d’opera che verificava l’abilità del muratore che cercava lavoro. Questo perché la tecnica la conoscevano anche gli abusivi e quindi dopo la dimostrazione è richiesta anche la parola di passo che dimostri l’iscrizione diremmo noi al sindacato, anche se la corporazione era una realtà diversa perché ci sono anche i datori di lavoro insieme ai lavoratori.

Fatto sta che il primo caso che ci segnalano gli storici, forse è del 1599, ancora prima dei Manifesti dei Rosacroce, ma nelle corporazioni dei liberi muratori inglesi e scozzesi cominciano ad affluire delle persone che non sono muratori, magari fanno i medici o gli avvocati che diventano membri onorari (detti accettati) della corporazione pagando una quota.

Tra gli accettati nel ‘600 cominciano ad esserci gli speculativi che fanno delle congetture su come nei documenti dell’ordine muratorio sarebbe depositata tutta un’ideologia che poi è quella dei Manifesti Rosacroce. Si dice: la massoneria nasce il 24 giugno 1717, ma questo è un punto di arrivo e non di partenza di un processo, ed è la constatazione, che all’origine vale solo per la città di Londra che ormai nelle Logge, in alcune logge della corporazione dei Freemasons hanno ormai la maggioranza gli accettati e gli speculativi.

Si guardano in faccia e non trovano nessuno interessato al prezzo dei mattoni, o forse solo due o tre persone che vanno via e fanno delle altre associazioni. Allora si danno dei nuovi regolamenti che riflettono questa nuova realtà ideologica e non più corporativa e incaricano un pastore protestante poligrafo James Anderson (1680 o 1684-1744) di inventargli una storia e scrivere delle costituzioni, supposte antichissime, che ancora sono quello che definisce la Massoneria e che nascono in un clima illuminista, deista e che vietano nel primo dovere e poi nel secondo e nel terzo di discutere di religione e di politica dicendo che l’unica religione è quella su cui tutti gli uomini sono d’accordo.

Poi ci sono altri punti. Ad es. il sesto dovere che vieta l’ammissione delle donne, il nono che impone il segreto. La formulazione di Anderson è tipicamente illuminista tanto che non tutti saranno poi d’accordo e 4-5 anni dopo la fondazione c’è già il primo scisma, quello degli Antients, i quali rimarranno per quasi 100 anni scismatici con centro nella città di York e poi si riuniranno portando in dote il quarto grado, quello dell’arco reale dopo i tre che esistevano di apprendista, compagno e maestro.

Era un grado di orientamento religioso sincretistico con la parola di passo Yahbulon con la quale si vorrebbe mettere insieme tre divinità Ya-Geova, bul-Baal, e On che è il risultato di un errore perché nella bibbia si parla di Putifarre sacerdote di On ma intendendo una località e non una divinità egiziana come credevano. Attraverso questa parola si voleva dunque mettere insieme, sempre perché poi ne troviamo un nucleo segreto, la verità di tutte le religioni.

Però per gli Antients era una verità di tipo strettamente esoterico mentre per i Moderns era una verità di tipo razionalista. Senza star qui a far tutta la storia della Massoneria bisogna dire due cose: la prima è che questa tensione tra Antients e Moderns è sempre rimasta e oggi il mondo massonico è spaccato tra una massoneria razionalista, non più in comunione con la Gran Loggia di Londra e che, non a caso, ha il suo centro in Francia; che risolve questa unità trascendente di tutte le possibili verità in una chiave razionalista e invece la Gran Loggia di Londra che continua a risolverla in una chiave di unità trascendente delle religioni rimanendo ferma al primo dovere di Anderson dove si scriveva il vero massone se ben conosce l’arte non sarà mai un ateo stupido né un libertino impenitente.

Quando i francesi nel 1866 si separarono dagli inglesi, separazione che rimane in vigore ancora oggi, dissero che avevano ragione loro ritenendosi atei intelligenti e non stupidi. Questo vuol dire qualche cosa, cioè l’ateo intelligente è l’ateo che è in grado di render ragione del proprio ateismo e lo fonda filosoficamente.

Questa tensione c’è ancora ma rimane in comune a tutti i modelli di massoneria questo metodo massonico che è un metodo di tipo fondamentalmente relativista, cioè a prescindere dai risultati che il metodo massonico può dare e che son diversi a seconda che si scelga lo schema francese o inglese , gli Antients o i Moderns, quello che è rimasto comune è questo spirito tutto moderno di sottoporre qualunque possibile verità alla discussione e alla mediazione, cioè ognuno si presenta in loggia portando la propria verità, le mettiamo insieme, cerchiamo un minimo comune denominatore e usciamo cambiati.

Diceva Armando Corona, che è stato a lungo Gran maestro della Massoneria italiana che la differenza con il cattolicesimo è proprio questa, ossia che nel cattolicesimo ci sono dei dogmi che non sono negoziabili, per cui un cattolico difficilmente sarà  un buon massone (noi dovremmo anche dire che difficilmente un massone sarà un buon cattolico) perché avrà delle riserve mentali, se è veramente un cattolico, e quindi non butterà tutto sul tavolo perché sia negoziato e ridotto a comune denominatore, ma si terrà dentro qualcosa che non butta sul tavolo e che non sottopone a questa macina e a questo metodo.

Questo aspetto metodologico è la sostanza del laicismo. Dice in alcune interviste Giscard che lui non ha nessuna animosità contro la Chiesa Cattolica, i suoi antenati erano cattolicissimi, anzi ghigliottinati dalla Rivoluzione francese, però secondo lui non si può mettere nella costituzione europea il riferimento al cristianesimo perché questo, a differenza delle altre cose che sono state richiamate, l’orizzonte greco-romano o l’illuminismo, non è un orizzonte ma una serie di dogmi che come tali sono intolleranti e quindi pretendono d’esser veri.

Greci e romani non pretendevano di avere la verità, avevano un Pantheon dove, magari in modo un po’ disordinato accoglievano tutti gli dei nuovi che si presentavano tranne quelli che si rifiutavano di essere inclusi nel Pantheon, come è il caso dei cristiani che infatti subiscono le persecuzioni. Non possiamo quindi mettere riferimenti a nessuna religione né al cristianesimo, né all’ebraismo, né all’islam perché queste sarebbero dogmatiche.

Questo è il tipo di mentalità, cioè metodologicamente si pensa che la democrazia e la convivenza pacifica possono fondarsi solo sull’accettazione di un metodo relativista, cioè tutto deve essere buttato sul tavolo. Se uno è convinto che ci siano delle cose vere e che non si vuole negoziare… e quindi, ad esempio, se Dio sia trino o invece siano due non ho intenzione di dire; beh adesso ci mettiamo d’accordo. Come un musulmano, monoteista assoluto, e un cattolico, credente nel Dio trino, che si mettano d’accordo e cedendo tutti e due decidano che Dio sono due.

Secondo la mentalità laicista qui troviamo un punto di separazione totale perché chi crede che ci siano delle cose non negoziabili diventa fatalmente intollerante. Dall’altra parte certamente troviamo la mentalità fondamentalista per cui tutto non è negoziabile. Se noi chiediamo ad un bravo fondamentalista islamico la sua opinione sulle quote-latte, posto che ce l’abbia, dirà che bisogna trovare nel Corano, negli hadith l’unica soluzione e chi per caso si rifiutasse di aderire a questa soluzione sarebbe contro Dio.

Queste due posizioni rischiano di essere ambedue pericolose perché per quella di Giscard si potrebbe obiettare che anche la sua è una forma di intolleranza perché per lui non è negoziabile il metodo. Chi l’ha detto che l’unico metodo di arrivare a delle convinzioni sia quello del negoziato e della mediazione? Diventa di nuovo una posizione a sua volta un po’ dogmatica e intollerante.

L’ultima cosa che volevo dire riguarda la questione dell’islam, perché si dice che se si aprissero le porte del riferimento tra i valori fondanti dell’Europa alla religione, si aprirebbero le porte anche ai fondamentalisti islamici che sono numerosi (12 milioni i musulmani in Europa) e poi se mettiamo il cristianesimo loro vorrebbero mettere anche l’islam. Uno potrebbe dire ma l’islam è arrivato recentemente, loro direbbero guardate la Sicilia, Siviglia o la Turchia, se un domani dovesse aderire all’Unione, che sono terre di antica civiltà islamica.

A prescindere da tutte le considerazioni di carattere storico, io credo che ci sia anche un ragionamento molto profondo in queste obiezioni che merita di essere affrontato di petto e non aggirato e che riguarda una certa sindrome di Voltaire, come mi è capitato di chiamarla, che affligge l’Occidente quando tratta con le altre civiltà. Noi tendiamo cioè a dare per scontato che non sia possibile far emergere quella terza posizione, quella di una sana laicità e di un rapporto collaborativo ma non confusivo, ma non fondamentalista tra religione e politica.

Quando noi trattiamo con altre civiltà tendiamo a dire normalmente che i dirigenti musulmani sono di due tipi quelli fondamentalisti che sono cattivi e quelli laicisti (che non son più musulmani ma sono di paesi musulmani), che sono buoni. Quindi l’Occidente ha sempre scelto i suoi interlocutori nei paesi islamici considerando i buoni quelli che abbandonano la religione e che quindi si conformano al modello laicista occidentale come Ataturk e i suoi successori in Turchia o Abu Mazen o Saddam Hussein (che almeno fino alla  prima guerra del Golfo era l’incarnazione del laicismo arabo), o i generali algerini e tunisini cioè persone che hanno un ideale voltairriano non solo di separazione tra politica e religione ma talora, ed è il caso di alcuni di questi generali magrebini, di lotta contro la religione.

Negli ultimi anni forse con il botto  dell’11 settembre si comincia a fare strada faticosamente l’idea che costoro hanno un piccolo problema: cioè non hanno un seguito popolare particolarmente consistente e che governano, quando governano, solo con la forza dei cannoni. Ogni tanto sento discorsi da bar nei quali si dice che il problema dell’islam si risolverebbe con l’educazione laica come è stata fatta fuori in passato la Chiesa Cattolica dalle posizioni di potere con la critica biblica e la scuola laica, basta mettere la scuola laica e la critica del Corano nelle scuole e abbiamo risolto tutti i problemi.

Il fatto è che questo è stato già provato perché la più grande operazione di laicizzazione tramite la scuola è stata quella turca che è stata realizzata secondo un aureo volume pubblicato dall’ambasciata italiana in Turchia con la consulenza reiterata, nel corso della storia turca, della massoneria italiana che è stata chiamata a rivedere i libri di scuola.

Il risultato, almeno dal 1924 ma forse anche da prima, dalla rivoluzione dei Giovani turchi agli anni ’90, agli anni 2000, di 80 anni di indottrinamento laico martellante nella scuola (molto più forte di quello che c’è stato in Italia), è che alle prime elezioni che hanno fatto in Turchia, senza che i militari portassero a casa le urne, quelle del 2002, hanno vinto i partiti islamici.

L’altro esempio che si dava di robusto e convincente indottrinamento è stata la Persia dove, dopo governi laici instaurati dall’Occidente, nel 1979, appena i servizi segreti occidentali si sono girati dall’altra parte, si ha la rivoluzione di Komheini che non era precisamente laica. In questi paesi generazioni che avevano studiato sui famosi libri laici e critici col Corano preparati in Occidente hanno poi fatto le rivoluzioni islamiche, o nelle urne o nelle piazze.

Quindi l’idea di sradicare l’islam dai paesi islamici è un’idea molto teorica perché è affermata con entusiasmo da alcuni generali che sono al potere con l’aiuto dell’Occidente e da alcuni intellettuali che vengono benissimo nelle fotografie celebrative dei congressi in Occidente ma che poi quando tornano a casa loro vivono in clandestinità.

La nostra sindrome di Voltaire occidentale consiste proprio nel dire chi è il buon leader dei musulmani col quale poter trattare? Questo vale per esempio per il comune di Torino che ha coperto di soldi un rispettabile personaggio che è uno scrittore irakeno anche interessante come scrittore, ma che rappresenta solo se stesso. Gli hanno costruito un mega-centro, dove il bagno e la sala di preghiera sono pulitissimi perché non ci va mai nessuno in quanto il centro è frequentato esclusivamente da occidentali e la polizia stessa che è andata a chiedergli informazioni sugli immigrati lui gli ha detto che lì non entra nessun immigrato.

Per cui è una degnissima persona, va benissimo per fare convegni letterari… (poi si è iscritto anche ai DS per cui si capisce che sia un fiore all’occhiello di un certo mondo politico) ma non rappresenta gli immigrati i quali pur avendo a disposizione questo bellissimo centro si accalcano nelle moschee dell’imam fondamentalista in cortilacci vicino al mercato del pesce con odori inimmaginabili e preferiscono andare lì dove gli insegnano la religione in una versione anche un po’ aggressiva piuttosto che nell’altro posto dove gli insegnano il laicismo travestito da messaggio religioso. Quindi questo aspetto è molto importante.

Questo non vuol dire che dobbiamo abbracciare il fondamentalista bombarolo ma la sfida davanti alla quale si trova l’occidente è difficilissima come in Irak dove proprio perché non si sapeva chi mettere dopo Saddam Hussein ci si fermò nel 1991. Questa volta non ci si è fermati ma c’è il problema di chi mettere dopo lui perché anche in Irak c’è un dirigente laico, uomo d’affari educato ad Harward il quale si tiene molto discosto perché se cammina per strada gli fanno la pelle e poi ci sono gli imam con i fondamentalisti e anche quelli non vanno bene.

Il problema è far emergere una classe dirigente che col popolo reale (che è il popolo delle moschee perché l’Irak è un paese religiosissimo da sempre, la terza terra santa dell’Islam) abbia un contatto, che parli nel loro linguaggio che è un linguaggio religioso e che possibilmente legga la shari’a come un orizzonte e non come un insieme di prescrizioni e che in qualche modo sia il rappresentante di quel che gli ebrei chiamano modern ortodoxie o ortodossia moderna. Indubbiamente ci sono personaggi simili nel mondo politico turco o nel mondo iraniano, in quello arabo è più difficile farli emergere anche perché l’occidente, quando c’erano, li ha sistematicamente repressi preferendo puntare sui generali laici.

Anche nel mondo italiano quando il ministro Pisanu dice che bisogna far emergere l’islam moderato, siamo tutti d’accordo, ma il problema è sapere dove sia l’islam moderato perché sicuramente c’è, nel senso che i pochi sondaggi che ci sono ci dicono che forse una maggioranza degli immigrati ha posizioni tra virgolette moderate, però i dirigenti che si sono proposti non sono i migliori e in genere sono tutt’altro che moderati e quindi come far emergere da una maggioranza, che probabilmente è contro il terrorismo, una dirigenza che la rappresenti  scardinando la dirigenza artificiale che dicono di  rappresentare? E’ un problema tutt’altro che facile.

La risposta quindi alla domanda: se facciamo entrare i valori religiosi entrano anche i musulmani la risposta che forse è un po’ anticonformista venendo da persone di destra, è che quando abbiamo detto che l’Europa si fonda sui valori religiosi o si lasciano i musulmani a casa loro  o una volta che li si accoglie si deve essere pronti anche a dialogare con i loro valori religiosi e non cercare questa araba fenice che è il musulmano ateo o il musulmano secolarizzato ma si deve essere disponibile a dialogare con i valori religiosi. Certamente dei valori che siano disponibili a giocare il gioco europeo che non è il gioco del laicismo ma dovrebbe essere il gioco della laicità.

Quindi o si impedisce fisicamente ai musulmani di arrivare, però su questo credo che quando il Papa ha visitato il Parlamento leggendo tra le righe ma neanche tanto il Papa abbia fatto una battuta dicendo cioè: se volete risolvere questo problema fate dei figli perché visto che il numero dei posti di lavoro è sempre lo stesso, gli italiani hanno la minore riproduzione demografica del mondo quindi o fate i figli o chiamate gli immigrati non è che ci siano tante altre soluzioni.

Il venire meno demografico degli italiani fa sì che i lavori meno appetibili gli italiani non li facciano più quindi ci sarebbe la soluzione del Papa oppure quella di far venire gli immigrati sempre che abbiano un lavoro. Però se gli immigrati vengono non dobbiamo dire: cari immigrati trovatevi un ateo come rappresentante, ma piuttosto trovatevi una persona che nella sua tradizione religiosa trovi dei valori che in qualche modo sia capace di declinare secondo il modo di coniugazione europeo.

Questo è difficile, si fa presto a dirlo ma è lo stesso problema che in un mondo globalizzato c’è nei paesi islamici. Si è visto che dire cari turchi dovete darvi una classe dirigente atea ha funzionato per un po’ ma poi non funziona più quindi adesso bisogna dire: cari turchi  tra i vostri dirigenti musulmani fedelissimi vediamo se c’è qualcuno che è disponibile ad una posizione laica nel senso europeo del termine ( che non vuol dire laicista).

Si tratta quindi di una grande sfida ma credo che non si debba avere paura di dire, nella casa comune europea, se c’è posto per gli immigrati (o in quanto c’è posto per gli immigrati) c’è posto anche per una espressione di valori musulmani che sono valori religiosi e che non sono la versione turca o algerina di Voltaire (che c’è ma che non ha poi una grande eco popolare).

Quindi io credo che quello dell’Islam sia in realtà un falso problema credo che da una parte il mondo cristiano debba dire con franchezza che come dice il documento della Congregazione per la Dottrina della Fede (è chiaro che vale per i cattolici), si deve denunciare come pericolosa ogni confusione tra religione e politica e quindi adottare una posizione laica, non laicista, cercando così di disinnescare certe paure ataviche che una cultura laicista ancora non sicura di se si porta dietro.

Da una parte noi cattolici, e le forze religiose e perché no anche qualche musulmano debba dire chiaramente che si accetta anzi si promuove una posizione di sana laicità e di dialogo tra religione e politica che non è però confusione di religione e politica e dall’altra i laicisti debbano rinunciare ad anacronistici steccati che traducono appunto la loro paura del cristianesimo europeo e debbano quindi riconoscere come fatto innegabile il contributo decisivo del cristianesimo alla nascita e alla costruzione dell’Europa e dall’altra debbano appunto riconoscere il diritto degli uomini religiosi in quanto religiosi a dire la loro nell’agone culturale e politico.

In realtà la posizione della laicità fra laicismo e fondamentalismo è anche una terza via di mediazione che stemperando gli eccessi del laicismo da una parte e del fondamentalismo dall’altra dovrebbe permettere di superare il modello massonico come modello unico di mediazione, mediare ma in un altro senso e permettere alla costituzione europea e, quello che è più importante, all’Europa del futuro di accogliere senza paura i valori religiosi e nello stesso tempo prendendo delle salvaguardie contro tutte le forme di confusione improprie della visione politica di fondamentalismo siano queste forme cristiane ieri e oggi e forse islamiche domani.

(trascrizione non rivista dal relatore)