Educazione differenziata: una svolta

classe_elementareStudi cattolici n.586 dicembre 2009

di Sergio Fenizia

Anche in Italia si percepisce, ormai, una diffusa rivalutazione delle classi maschili e delle classi femminili. Uno dei motivi è che la loro presenza nel sistema pubblico d’istruzione arricchisce il panorama pedagogico e scolastico, ampliando la gamma delle possibili soluzioni educative offerte alle famiglie.

Un indice qualificato di tale interesse si può ricavare dalla presenza di numerosi italiani fra i 350 pedagogisti, dirigenti scolastici e insegnanti convenuti da tutto il mondo a Roma, per il II congresso internazionale sull’educazione differenziata (1).

In quell’occasione, le cosiddette «buone pratiche pedagogiche» delle scuole omogenee, illustrate da esperti di fama mondiale del calibro di Leonard Sax (2), e i dati sociologici, psicologici e neurobiologici, citati con dovizia di fonti, hanno reso convincente la proposta di ascrivere l’educazione differenziata tra i possibili modelli di scuola da valorizzare per il XXI secolo.

Oltre 40 milioni di studenti

Del resto, da qualche anno, anche da noi si sono moltiplicati i convegni accademici su questo tema (3), e già alcune facoltà universitarie hanno cominciato a sensibilizzare i futuri insegnanti sull’importanza di tenere conto a scuola delle specificità maschili e femminili. I mass media, dal canto loro, nell’informare sugli sviluppi del dibattito in corso, pur dovendo mantenere un taglio non scientifico, sono stati piuttosto generosi (4).

Uno dei servizi più recenti, quello di Annachiara Sacchi, «Maschi e femmine, classi separate», pubblicato dal Corriere della sera (5), ha sintetizzato i dati emersi dal congresso di Roma, sottolineando per esempio il grande numero (oltre 40 milioni nel mondo) di studenti che frequenta questo tipo di scuole, riferendo dei successi delle classi single-sex anche in quartieri «difficili» come il Bronx di New York, raccogliendo testimonianze italiane di ex alunni soddisfatti e dichiarazioni di parecchi esperti.

Altri articoli hanno evidenziato gli esiti accademici migliori rispetto a quelli delle scuole miste, la maggiore autostima, la migliore collocazione professionale, la stabilità delle relazioni coniugali, il maggiore rispetto tra i sessi ecc. (6). Di fronte a tale abbondanza di notizie, in Italia qualcuno ha pensato che si trattasse di una moda (7), per di più americana. Ma le mode sono passeggere, mentre la diffusione progressiva delle scuole differenziate per sesso va avanti ormai da oltre trent’anni, con un seguito di studi e ricerche di notevole interesse.

L’opzione per la libertà

Due importanti editori italiani hanno saggiamente dato alle stampe i risultati delle più recenti acquisizioni scientifiche in questo campo (8), ponendo fine a un ostracismo nei confronti dell’educazione differenziata, che era diventato imbarazzante, in considerazione dell’abbondanza invece di volumi analoghi all’estero.

La pubblicazione di questi libri (si veda infra) ha accelerato una svolta già in atto nel mondo accademico italiano, nel quale ormai è meno frequente trovare chi sottovaluti l’importanza della posta in gioco nella ricerca dei migliori strumenti che favoriscano nei giovani la formazione di una corretta identità sessuale, maschile e femminile, e la valorizzazione delle specificità dei due sessi anche in funzione di un’armonica e feconda collaborazione familiare, lavorativa, sociale.

Oggi, tante famiglie guardano con speranza alle scuole differenziate, «perché [in esse] il rendimento sale e il bullismo scende» (9), ma questo non giustifica l’ampiezza e trasversalità politica e culturale di tale movimento pedagogico. La chiave per interpretare il crescente favore per questa scelta organizzativa scolastica, va cercata probabilmente nell’attendibilità dei dati disponibili e nell’opzione per la libertà che caratterizza i suoi sostenitori. Infatti, lungi dal volere che sia imposta a tutti, la propongono come una possibilità da affiancare ad altre, per arricchire la libertà di scelta dei genitori, degli insegnanti e dei gestori di scuole.

Una formazione specifica

All’estero, in base ai dati disponibili e fino a prova contraria, la pubblicistica sulle scuole single-sex è abbondante ed è quasi unanime nell’attestare che ne escono ragazzi e ragazze sereni, equilibrati, laboriosi in misura percentuale maggiore rispetto alle scuole miste per sesso. E questo a tutte le latitudini, e con studenti di tutti i ceti sociali. Inoltre, è più frequente trovare in queste scuole giovani senza complessi, che sanno interagire bene con le persone dell’altro sesso (10).

Questi vantaggi, però, hanno un costo. Infatti, gli esperti precisano che l’educazione differenziata non si improvvisa. Infatti, le moderne scuole monogenere richiedono una specifica formazione nei docenti e nascono da progetti educativi fondati su un’antropologia chiara e condivisa. In teoria, tutto ciò si potrebbe fare anche nelle scuole miste. Ma di solito non ci si riesce, anche perché in esse la comunicazione diventa inevitabilmente più generica in quanto «deve necessariamente rivolgersi a […] sentimenti, prospettive esistenziali differenti. Questa genericità porta […] a frasi convenzionali, senza efficacia, senza forza seduttiva, appunto perché la realtà della classe mista è che al suo interno rimane essenzialmente divisa» (11).

Le classi monogenere, invece, sono tendenzialmente più unite e, anche per questo, in base alle statistiche, hanno un’efficacia maggiore sotto molti punti di vista  (12). La difficoltà di adottare differenti stili di insegnamento per maschi e per femmine all’interno della stessa classe, induce molti docenti a riconoscere che, da questo punto di vista, sarebbe meglio separare i sessi, ma alcuni ritengono che ciò non sia possibile a breve in Italia in quanto non sarebbe ritenuto politically correct.

Antidoto al bullismo

Sebbene non ci sia unanimità sulle ragioni dell’efficacia dell’educazione differenziata, i punti fermi cominciano a essere parecchi. Per esempio, sul bullismo ormai la letteratura è abbondante (13). Sul piano sociologico si registra che nelle scuole che adottano la separazione dei sessi si respira un’aria più serena, un clima di maggiore concentrazione sul proprio dovere di studenti, una minore propensione ad abbandonarsi a forme di vandalismo o di teppismo, il dialogo con i propri insegnanti è più facile e più profondo, soprattutto quando – come nella maggior parte dei casi – sono dello stesso sesso dei discenti (14)

Il calo della violenza (dentro e fuori dell’edificio scolastico) è ancora più evidente nelle scuole single-sex dei quartieri abitati da persone meno abbienti (15), dove molti alunni sono considerati «a rischio». Inoltre, è stato evidenziato che nella scuola mista «le stesse alunne, oltre a essere vittime, contribuiscono ad aumentare la violenza a scuola». Infatti, «quando i conflitti sfociano nella violenza, le alunne svolgono un ruolo importante sia come spettatrici, sia come consolatrici dopo il fatto» (16) La relazione tra «il rendimento che sale» e «il bullismo che scende» nelle scuole omogenee è dunque reale, e risponde bene alle attese comuni di genitori e insegnanti.

Modello in espansione

Dicevamo che l’essere un antidoto al bullismo non è sufficiente a spiegare perché questo modello educativo continui a guadagnare terreno un po’ dovunque. Ad aprile 2009, solo negli Usa le scuole pubbliche che offrivano un’educazione single-sex erano salite a 540 (17). Inoltre, in Germania, alla vigilia del vertice nazionale sul sistema formativo tedesco (Dresda, 2008), il ministro federale dell’Istruzione, Annette Schavan, sulla scorta di documentate esperienze positive già, registrate nel Paese, ha chiesto di introdurre lezioni separate per i due sessi (18).

In Francia, pochi mesi prima, ha fatto notizia l’approvazione di una legge che, adeguando il diritto francese alle direttive europee, rende più facile anche nelle scuole statali «l’organizzazione di insegnamenti per gruppi di studenti in funzione del loro sesso» (19).

La linea che si sta affermando nei Paesi maggiormente industrializzati è chiara e condivisibile: bisogna favorire la coesistenza di entrambi i modelli educativi, senza imposizioni, garantendo alle famiglie la possibilità di scelta.

Le potenzialità di ciascun sesso

Uno dei libri che in Italia ha affrontato seriamente il confronto tra educazione mista e quella monogenere è Maschi e femmine a scuola. Le differenze di genere in educazione (a cura di Giuseppe Zanniello, Sei, Torino 2007). Il volume contiene i contributi di sette specialisti che hanno raccolto il meglio della ricerca internazionale. Ne emerge un quadro abbastanza nitido. L’educazione differenziata non è la soluzione di tutti i mali della nostra scuola, ma è un modello che finora non ha lasciato delusi coloro che l’hanno adottato, all’estero, ma anche in Italia.

Basta sfogliare l’indice di questo prezioso volume, per rendersi conto che, se per secoli la scuola è stata prevalentemente monogenere, non è stato per un capriccio o per motivi necessariamente discriminatori (che in qualche caso forse si sono dati), ma perché consentiva di favorire meglio la maturazione intellettuale e affettiva degli educandi.

Oggi, però, si aggiungono ulteriori argomenti. Soprattutto nella prospettiva dello sviluppo delle potenzialità proprie di ciascun individuo e di ciascun sesso. C’è infatti una maggiore consapevolezza delle specificità femminili e maschili, e del fatto che a esse si riesce a dare una risposta più adeguata proprio separando a scuola maschi e femmine in alcune fasi del loro sviluppo.

Migliori condizioni per apprendere

Se «il compito della scuola è essenzialmente quello di mettere gli studenti nella migliore condizione per apprendere» (20) qualunque sia la loro situazione, allora bisogna riconoscere che se tanti nodi vengono al pettine è perché negli ultimi decenni si è trascurato di «vedere quali sono le condizioni necessarie ai due sessi per apprendere meglio».

Tra le tante che vengono prese in considerazione, una richiede di tenere nel dovuto conto le differenze di genere nella valutazione dell’apprendimento, perché «la valutazione è un fondamentale momento di incontro con l’alunno, spesso di complessa gestione […]. Deve essere incoraggiante e propositiva […]. Un’attenzione specifica e una riflessione sulle differenze di genere permettono all’insegnante di impostare l’apprendimento dell’alunno in modo veramente personalizzato e di effettuare un’articolata valutazione […]. La valutazione va configurata come un momento in cui l’alunno impara a conoscere i propri punti di forza — anche quelli legati alla propria specificità femminile e maschile – e in cui comprendere come fare fronte agli eventuali insuccessi» (21)

Differenze come risorsa

In questo volume, che ha il pregio di coniugare il rigore scientifico con un linguaggio accessibile ai non addetti ai lavori, le differenze tra maschi e femmine sono viste come una risorsa, non come un ostacolo. Gli autori sono convinti che, se riconosciute, possono costituire un’opportunità molto significativa per offrire a ogni persona, maschio o femmina, un’educazione che raggiunga mete più alte, sia in ambito relazionale, sia in ambito cognitivo, perché può tenere conto adeguatamente del diverso modo in cui uomini e donne percepiscono la realtà fisica e spirituale. Come tale, il libro è utilissimo sia per chi lavora in classi miste, sia per chi lavora in classi omogenee.

Anche gli insegnanti che, pur riconoscendo il valore del modello differenziato, preferiscono confrontarsi con le difficoltà di quello coeducativo, vi troveranno spunti preziosi.

Ambiente omogeneo & leadership

Di particolare interesse è il capitolo curato da Klement Polàèek, che offre la prima meta-analisi in lingua italiana dei dati internazionali sugli effetti della scuola differenziata per sesso. Il lavoro, che è basato sugli esiti di numerose ricerche empiriche, evidenzia che i pregi della scuola omogenea, pur essendo misurabili, non sono sempre netti e presentano alcune differenze a seconda delle variabili prese in considerazione.

Di fronte al rigore metodologico di un Polàèek, risulta ben poco consistente l’argomento al quale con frequenza ricorrono alcuni oppositori dell’educazione single-sex. Questi, infatti, si limitano a generalizzare esperienze personali, alle quali però si possono facilmente contrapporre altrettante esperienze di segno opposto.

Molti educatori, finora, avevano visto il maggior pregio della scuola mista nel contributo che essa forniva alla formazione della personalità. Dalla meta-analisi realizzata da Polàèek risulta, però, che proprio la formazione della personalità, il concetto e stima di sé, la fiducia in sé stessi, i rapporti sociali e la leadership sono alcuni degli aspetti sui quali si articola il confronto tra i due modelli educativi, e i risultati non sono «a favore» della scuola mista.

Per esempio, risulta che la scuola maschile e la scuola femminile contribuiscono in modo determinante alla formazione del concetto e della stima di sé, soprattutto nelle alunne, le quali crescono molto nella fiducia in se stesse. I dati di una ricerca condotta su oltre 400 professionisti (22) «sembrano confermare che la capacità di leadership delle donne si forma meglio nell’ambiente omogeneo» (p. 59).

Metodiche diverse per ragazzi & ragazze

Nel libro non si mette in dubbio la possibile validità della coeducazione (23). Si sottolinea, però, che nelle scuole italiane, negli ultimi quarant’anni, ci si è limitati a mettere insieme ragazzi e ragazze, in assenza di un progetto coeducativo e di una specifica formazione degli insegnanti a realizzarlo. Invece, la scelta pedagogica di differenziare a scuola la metodologia educativa in funzione del sesso (24) degli alunni, nelle scuole che l’hanno adottata, è andata di pari passo con l’attivazione di specifiche dinamiche formative dei docenti, che hanno portato tra l’altro a tenere conto delle specificità maschili o femminili, favorendo in ciascuno/a la capacità di «relazionarsi positivamente con le persone dell’altro sesso».

Il curatore, inoltre, sottolinea che è «giusto chiedersi se un docente, nella relazione didattica, sia tenuto a usare metodiche diverse per ragazzi e per ragazze quando insegna e quando valuta; se, e come, debba favorire le manifestazioni di interessi e attitudini diversi tra le alunne e gli alunni; se debba proporre attività diverse ai ragazzi e alle ragazze» (p. 3) per raggiungere gli stessi obiettivi. Fortunati gli alunni e le alunne di insegnanti che si pongono queste domande.

Note

1) Promosso dalla European Association of Single Sex Education, che raccoglie enti di 18 Paesi europei, si è svolto il 24 aprile presso la sala conferenze della Biblioteca Nazionale Centrale. Per gli abstract si veda: http://www.easse.org/con-greso/ita/prensa.htm. Per gli atti, v. infra nota n. 8.

2) Psicologo americano, direttore esecutivo della National Association for Single-Sex Public Education.

3) Per es., v. Sara Ricotta Voza, «Noi, separati in classe per studiare meglio», La Stampa, 27 ottobre 2006, sul Convegno organizzato da Ed. Res, «Meglio insieme? Maschile e Femminile a scuola: cantiere aperto d’identità», Verona, 26 ottobre 2006.

4) Cfr, per es., la rassegna stampa italiana del congresso: http://www.easse.org/con-greso/ita/prensa. htm.

5) «Maschi e femmine, classi separate», 10 maggio 2009, pp. 10-11. Come voce, se non contraria, almeno dubbiosa, si veda per es. Francesco Alberoni, «Elogio delle classi miste», Corriere della sera, 18 maggio 2009, p. 1.

6) Per es. Ansa, «Scuola: Aprea, dividere maschi e femmine è opportunità», 24 aprile 2009; A. G, «II ritorno dell’educazione differenziata?», La Tecnica della Scuola.it, 25 aprile 2009; G. Z., «Maschi e femmine: torna in auge l’educazione differenziata?», il Sussidiario.net, 2 maggio 2009, S. F., «Oh! Torna l’educazione differenziata?», Tuttoscuola, n. 493, giugno 2009, pp. 16-19.

7) In verità pochi; cfr Sara Ricotta Voza, «Inchiesta – Scuola, maschi e femmine separati è meglio», La Stampa, 19 aprile 2009, p. 1 e p. 20.

8) Maschi e femmine a scuola. Le differenze di genere in educazione, a cura di Giuseppe Zanniello, Sei, Torino 2007. L’educazione differenziata per le ragazze e per i ragazzi. Un modello di scuola per il XXI secolo, a cura di Alessandra La Marca, Armando, Roma 2009, che raccoglie gli atti del 2° congresso internazionale sull’educazione differenziata (Roma, 24 aprile 2009); La valorizzazione delle specificità maschili e femminili. Una didattica differenziata per le alunne e per gli alunni, a cura di Alessandra La Marca, Armando, Roma 2007, atti del XXVI Convegno dell’Associazione Pedagogica Italiana (Università di Palermo, 16-17 marzo 2007).

9) Cfr Panorama, n. 25/2008, 19 giugno 2008, p. 65.

10) Per un’aggiornata raccolta di pubblicazioni sulle scuole single-sex si veda www. diferenciada. org.

11) Stefano Zecchi, «Meglio le scuole miste. Educano alla vita vera», // Giornale, 13 marzo 2008.

12) Emblematico, da questo punto di vista, il caso di una scuola mista nella quale sono stati individuati trenta alunni che con molta probabilità avrebbero perso l’anno e sono stati concentrati in un’unica classe maschile, con una serie di accorgimenti educativi. Dopo appena un anno quasi tutti avevano già recuperato il divario che li separava dagli altri studenti. Cfr Christina Hoff Sommers, The War Against Boys. How Misguìded Feminism Is Harming Olir Young Men, New York, 2000, cit. nella traduzione spagnola La guerra cantra los chicos. Como unfeminismo mal entendìdo està donando a los chicos jóvenes, Madrid 2006, p. 228.

13) Cfr Klement Polàèek, La scuola mista o la scuola omogenea per genere? Dati internazionali, in Maschi e femmine a scuola, cit, nota 4, p. 81.

14) Cfr Raymond A. Noe, «Women and mentoring: a review and research agenda», Academy of Management Review, 13,65-78, 1988.

15) Cfr Megan Rosenfeld, «Ali-Male Classes Raise Grades and Hackles», Washington Posi, 26 marzo 1998, p. A16, cit. in The War Against Boys. Cit., p. 243.

16) Popp, U., Gewalt an Schulen – eine «Jungenphànomen»?, «Die Deutsche Schule», 1997, 89, 77-87, cit. in Klement Polàèek, La scuola mista o la scuola omogenea per genere? Dati internazionali, cit., p. 81. «L’autrice conclude che le alunne osservano volentieri le liti degli alunni tra di loro e sono lusingate se questo succede a causa loro (p. 86)».

17) Cfr il Dossier «L’educazione differenziata per ragazze e per ragazzi nel mondo», che contiene molti altri dati: http://www. easse, org/congreso/ita/pren-sa.htm.

18) Agenzia APCom, Berlino, 22 ottobre 2008.

19) Agenzia Radicale, 22 maggio 2008.

20) A. La Marca, «Una didattica differenziata per le alunne e per gli alunni», in Maschi e femmine a scuola, cit., p. 133.

21) Idem,pp. 140-141.

22) Polàèek cita lo studio di Duncan, L.E., Wentworth, P.A., Owen-Smith, A. e La Favor, T. (2002). «Middle educational, career, and family outcomes of women educated at two single-sex colleges». «Sex Roles», 47, 237-247.

23) Cfr G. Zanniello, in Maschi e femmine a scuola, cit., p. 7

24) Nella nota n. 1 del I cap., il curatore sintetizza i termini dell’odierno dibattito culturale sui concetti di identità sessuale e identità di genere.