Le donne non salgono sull’altare

ministranti_donneMadre n.11 novembre 2009

di Valerla Boldini

La vita quotidiana delle parrocchie italiane è intessuta costantemente dall’opera di uno stuolo di donne, la loro presenza tuttavia non sembra mai registrata come dato interessante.

Sono le donne che raccolgono, ordinano e distribuiscono abiti, pannolini per i piccoli o cibo ti coloro che bussano alla porta della Caritas parrocchiale; sono le stiratrici e le cucitrici dei corredo liturgico. Sono quelle che insegnano l’italiano alle donne e ai bambini delle famiglie degli extracomunitari; sono le catechiste giovani e adulte. Sono le mamme che cucinano durante i campi scuoia, i campeggi o le giornate di ritiro dei ragazzi e dei giovani.

Sono le volontarie che distribuiscono il bollettino parrocchiale, vendono i biglietti delle lotterie, passando pazientemente casa per casa. Sono le anziane che lavorano a maglia per il banchetto di beneficenza. Sono le giovani, le coniugate e le nubili, le laureate e quelle che hanno compiuto solo gli studi dell’obbligo, dotate di diverse sensibilità e di diverse opinioni.

Sono ciascuna una storia e un mondo, ma tutte sono accomunate dalla capacità di mettere qualcosa di sé a disposizione della vita comunitaria.

Ma non è solo all’interno degli ambienti parrocchiali che si attua l’opera delle donne della Chiesa: sono tutte mogli, madri o figlie. Sono lavoratrici in casa o all’esterno; sono sempre incaricate di prendersi cura di qualcuno, cominciando dai genitori anziani che negli acciacchi dell’età cercano le figlie.

Tutta questa gamma di impegni potrebbe apparire non rilevante in ordine all’impegno ecclesiale, ma non è così: la santità della vocazione laicale prende corpo proprio negli impegni della vita «nel mondo», laddove si gioca l’armonia di una famiglia, l’educazione dei figli, la serietà professionale, la partecipazione ai diversi fronti della vita civile e sociale.

Con questo si deve allora considerare che per la Chiesa non vale lo schema che quasi tutti i popoli antichi hanno praticato, ritenendo che sia più santo chi sta più vicino all’altare. Non si vuole certo mettere in discussione il valore fondamentale della celebrazione eucaristica o il compito del clero, ma se non si vuole codificare una mentalità clericale, si deve prendere atto del valore e dell’ordinaria (e a volte straordinaria) santità di chi sull’altare non sale mai proprio come accade alle donne.

Il ministero ordinato è costitutivo della vita ecclesiale ma questo non può essere tradotto in una concentrazione esclusiva su di esso. Se si riconosce il valore dell’opera delle dorme e si ammette che esse realizzano sia la loro personale vocazione sia una qualificazione della vita di una parrocchia, ci si apre gradualmente a comprendere che la Chiesa, come scrive l’apostolo Paolo, è ricca di una molteplicità di vocazioni ciascuno delle quali è un arricchimento per la comunità intera.

Con una battuta sentita in un convegno si può ricordare che il parroco nella sua parrocchia deve vivere il ministero della sintesi ma non è la sintesi di tutti i ministeri.