Il nazismo perseguitò gli omosessuali. Ma in origine…

nazistiLa Nuova Bussola quotidiana

21 giugno 2016

di Luigi Strippoli

Gentile direttore,

la strage di Orlando è l’ennesima dimostrazione che oggi, quando si parla di omosessualità, bisogna cambiare le carte in tavola. Infatti, da principio, la strage è stata presentata come figlia della cosiddetta omofobia; per questo Ivan Scalfarotto, renziano del Pd, con metodi che qualcuno definisce da “gaystapo”, ha immediatamente invocato draconiane leggi speciali contro gli omofobi (leggi: contro tutti coloro che non accettano ideologia gender e matrimonio omosessuale). Poi, piano piano, si è svelata un’altra verità: l’assassino non è un devoto cristiano intransigente, come sembrava di capire leggendo certe cronache leggermente faziose e interessate, ma un islamico, frequentatore assiduo di locali gay, e gay anch’egli.

Anche se andiamo indietro nella storia, la tendenza di oggi è a falsificare. Vorrei fare un esempio: come viene raccontato dai media il rapporto tra nazismo e omosessualità?

Dimentichi, in tanti, che sotto molti regimi comunisti gli omosessuali venivano condannati a morte solo pochi decenni orsono, di solito si presenta il nazionalsocialismo come un regime che ha fatto della persecuzione degli omosessuali una delle sue cifre più specifiche. Così, per miracolo, mentre dalla lista dei perseguitati dal nazismo scompaiono di norma i cattolici, vi compaiono, al fianco degli ebrei, gli omosessuali. Dire che gli omosessuali sono stati sempre perseguitati, e dal nazismo in particolare, serve al disegno di farne una categoria protetta e privilegiata (cui spetterebbe il diritto, per dirne una, di affittare gli uteri delle donne e di bollare come omofobi i contrari a questa pratica).

Ma cosa sappiamo dalla storia sul rapporto nazismo-omosessualismo? All’inizio del Novecento la Germania ha una caratteristica che la rende unica: godono di grande diffusione, ben più che altrove, astrologia, dottrine della reincarnazione, associazioni nudiste e vegetariane, e comunità omosessuali. Molti di questi ingredienti li ritroveremo, variamente combinati, nella vita di alcuni gerarchi. Hitler, per esempio, è vegetariano, crede nella reincarnazione e consulta maghi ed oroscopi; Rudolf Hess è un appassionato di magnetismo, ipnosi, medicamenti e droghe di natura omeopatica e pendoli divinatori…

Nella città di Berlino l’omosessualità, scrive il grande storico ebreo ed omosessuale George Mosse, nel più celebre studio sul tema, Sessualità e nazionalismo (Laterza, Roma-Bari, 1996), è ostentata e “i bar per omosessuali passarono da quaranta nel 1914 a 80 nel 1929” (p. 150). L’omosessualità gode di notevole prestigio, insieme al nudismo, che sarà mantenuto nei campi delle giovani SS, in buona parte del mondo militare e nazionalista tedesco.

Questo è certamente dovuto alle esperienze di cameratismo tra soli uomini, proprie dell’esercito e poi della Grande Guerra, ma anche alla convinzione, diffusa da alcuni scrittori omosessuali, secondo cui “lo spirito di cameratismo” degli omosessuali, fa di loro “i migliori soldati”. Per questi sostenitori dell’orgoglio omosessuale, gli omosessuali costituiscono “il fiore della virilità”(p. 45-47), e il loro corpi nudi sono simbolo di forza, coraggio, sprezzo degli pseudo-valori borghesi e cristiani (pudore, riservatezza…). Movimenti nudisti ed omosessualisti tedeschi, nota il Mosse, si collocano per lo più a destra, predicano una visione anti femminile, propria di gran parte della cultura nazionalista, e professano dottrine razziste.

Personalità come lo scrittore Hans Blüher, l’artista Elisar von Kupffer o il medico Karl-Günther Heimsoth (l’inventore del termine “omofilia”), simpatizzano apertamente per il partito nazista, che può allora contare su un braccio armato, le SA, guidato da personalità notoriamente omosessuali. Il capo delle SA, l’uomo più potente del partito insieme a Hitler, è Ernst Röhm: un omosessuale notorio, come molti altri capi delle SA. Scrive Mosse: “Nel 1932 Hitler aveva difeso con vigore Röhm quando costui era stato pubblicamente accusato di corrompere la gioventù abusando del grado di comandante per sedurre alcuni dei suoi uomini”.

Hitler sa perfettamente che tra i giovani infatuati di lui e pronti a seguirlo sino alla morte, vi sono, come annota anche Joachim Fest nel suo Il volto del Terzo Reich (Mursia, Milano, 2011) molti omosessuali. Fest, che è uno degli storici più famosi ed accreditati del nazismo, sottolinea l’ “impronta tipicamente omosessuale delle SA”, e mette in luce come i primi nazisti siano di norma apolidi e sradicati che disdegnano “i legami solidi e quindi anche quelli con la donna e con la famiglia”, vedendo nella donna il mezzo per procreare, ma nell’amore omoerotico una dignità superiore (p. p. 228, 413-414).

Questo legame tra omosessualità e nazismo, viene denunciato all’epoca sia da oppositori di sinistra, sia da polemisti cattolici, e sarà confermato dalla storiografia successiva (e da film come La caduta degli dei, di Luchino Visconti, notorio omosessuale, che però presenta degenerazione morale nazista e pratica dell’omosessualità come connessi tra loro).

Se tutto questo è vero, cosa incrina questo rapporto?

Gli storici conoscono bene la successione dei fatti: una volta giunto al potere il nazismo, tra Hitler e le SA che lo hanno accompagnato sin lì, si crea una forte rivalità. Ernst Röhm, l’uomo più forte del partito dopo Hitler, aspira ad un duumvirato, e vuole imporre la sua visione, meno cauta di quella dell’amico Adolf, sui rapporti con l’esercito regolare, l’economia, la borghesia tedesca… A questo punto, siamo nel 1934, Hitler decide di anticipare eventuali mosse dell’amico, utilizzando, per screditarlo, l’accusa infamante, che ha sino ad allora coperto. Dichiara: “Röhm e i capi delle SA sono omosessuali e pedofili”. Quello che tutti nel partito sanno, viene ora denunciato da chi dalle SA ha ricevuto benefici, potere e l’aiuto per raggiungere il potere.

Come scrive Wikipedia, alla voce “Storia degli omosessuali nella Germania nazista e durante l’olocausto”, “l’omosessualità di Röhm, che non aveva costituito un ostacolo alla sua carriera fino a quando egli era stato in sintonia con le gerarchie naziste, divenne così all’improvviso un utile pretesto per giustificarne l’eliminazione fisica e la necessità della “purga” del suo “corrotto” entourage”. Il quotidiano francese Le Temps, il 3 luglio 1934, annota: “Il boia (Hitler) diventa pudico. Non solo uccide: predica. Ha tollerato lo stupro e l’orgia e, quando ritiene di dover difendere se stesso, colpisce in nome della virtù…”.

Nella celeberrima “notte dei lunghi coltelli”, regolamento di conti all’interno del partito nazista, molti capi delle SA vengono uccisi mentre, godendo di alcuni giorni di vacanza concessa dal capo Röhm, si stanno divertendo con alcuni commilitoni o con alcuni giovani ragazzi. Lo storico francese Max Gallo, ne La notte dei lunghi coltelli, (Mondadori, Milano, 1999), descrive una notte tipica di Röhm e degli altri capi delle SA, “scelti in base a criteri sessuali”: dopo abbondanti bevute, “per tutta la notte ha partecipato all’orgia con i suoi Lustknaben, i suoi amati giovinetti”.

Hitler, che è, dal canto suo, un perverso maniaco sessuale che ha spinto la cugina sino al suicidio, può dunque costruire, da questo momento, una nuova accusa, del tutto strumentale, per i suoi antichi amici, divenuti avversari: “omossessuali e pedofili!” L’accusa diventerà micidiale tra le mani di Himmler, che è stato un subalterno di Röhm, che ha una visione politica diversa dalla sua, che ha un rapporto irrisolto con la sua stessa sessualità, e che ritiene l’omosessualità dannosa perchè porta all’estinzione della razza. Così, ricorda il Mosse, la storia stessa delle SA verrà poi riscritta e il nazismo, nonostante i suoi gerarchi siano spesso accaniti frequentatori di bordello, spregiatori della famiglia e della donna, comincia a tessere l’elogio della famiglia, e, con il tempo, a contemplare l’idea di incentivare le relazioni extramatrimoniali, il libertinaggio sessuale degli uomini, e la prostituzione, per permettere la nascita di un maggior numero di tedeschi, di futuri soldati.

La persecuzione degli omosessuali, sino a qui ben rappresentati nel partito, si afferma soprattutto con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, per due motivi: la presenza di omosessuali tra le file del partito e dell’esercito è ora sentita come una minaccia per la forza numerica della nazione e perchè crea lobbies e legami sotterranei che possono sfuggire al partito (non così il lesbismo, che non viene perseguito); l’accusa di omosessualità e di pedofilia diventa anche la più comoda per eliminare gli oppositori, senza tanti processi. Così, sotto l’accusa di omosessualità, cadono anche avversari politici e sacerdoti cattolici, da screditare anche agli occhi dei loro fedeli, perchè rei di essersi opposti al regime, e che quindi finiranno nei campi di concentramento, con un loro triangolo rosa cucito addosso, pur non essendo affatto omosessuali (Mosse, p. 188-189).