L’applicazione della Sharia

sharia_InghilterraCorrispondenza Romana  n.1107
del 5 settembre 2009

In Gran Bretagna i tribunali islamici che prendono decisioni secondo la sharia sono circa 85. Siti principalmente nelle moschee, regolano controversie finanziarie e familiari secondo i principi religiosi.

Assumono decisioni che possono essere pienamente eseguibili se ratificate dalle corti di giustizia nazionali. I commentatori che si occupano dell’influenza della sharia in Gran Bretagna contano generalmente solo i cinque tribunali di Londra, Manchester, Bradford, Birmingham e Nuneaton, gestiti dal Tribunale di arbitraggio musulmano, un organismo le cui decisioni sono eseguite dall’intermediario dei tribunali in virtù della Legge sull’arbitraggio del 1996.

Le corti islamiche sono classificate come tribunali di arbitraggio. Le decisioni sono legalmente vincolanti poiché entrambe le parti sono d’accordo a conferire loro il potere di giudicare le questioni che le riguardano.

Da allora sono nate altre corti con una rapidità tale che si è perso il controllo.

La controversia riguardante la propagazione della sharia è cresciuta da quando la sua applicazione è stata sostenuta l’anno scorso dall’arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams, e da lord Phillips, il capo della magistratura che si è dimesso lo scorso ottobre.

Williams ha riconosciuto che il ruolo della sharia sembrava “inevitabile” e lord Phillips ha dichiarato che non vi era nessun motivo perché le decisioni basate sui principi della sharia non fossero riconosciute dai tribunali nazionali.

I tribunali islamici non applicano la Common Law britannica e agiscono al riparo dallo sguardo di osservatori indipendenti. Le loro decisioni, talvolta fondate sull’intimidazione, sono suscettibili di essere discriminatorie per le donne. I ricorsi sono quindi impossibili. Secondo M. MacEoin «troviamo decisioni che consigliano azioni illegali ed altre che vanno incontro alle norme in materia di diritti umani applicate dai tribunali britannici». Per esempio un tribunale ha stabilito che nessuna donna musulmana può sposare un non-musulmano, a meno che questi non si converta all’islam e i figli da lui avuti vengano cresciuti nella religione musulmana. Altre decisioni ammettono i matrimoni poligami.

«Il fatto che molte decisioni – aggiunge McEoin – in virtù della sharia in Gran Bretagna riguardino questioni di divorzio e di custodia dei bambini è particolarmente preoccupante, poiché la sharia non attribuisce uguali diritti alla donna e non prevede l’obbligo specifico di tenere conto dell’interesse superiore del bambino, fondamentale nel diritto della famiglia del Regno Unito».

David Green, direttore del comitato di esperti Civitas, ha affermato: «La realtà è che per molti musulmani i tribunali della sharia si iscrivono in un’atmosfera di intimidazione istituzionalizzata appoggiata dalla sanzione ultima di una minaccia di morte».

Questi propositi sono stati immediatamente condannati dal Consiglio musulmano della Gran Bretagna come «incitazione all’odio».

Il portavoce ha affermato: «I consigli della sharia sono perfettamente legittimi. Non è provato che sono intimidatori o discriminatori nei confronti delle donne. Il sistema è puramente volontario e se alla gente non piace se ne può andare altrove».

Philip Davies, deputato conservatore di Shipley, ha dichiarato: «Tutti dovrebbero essere profondamente preoccupati per il numero di questi tribunali. Dividono la società e non favoriscono per nulla l’integrazione e la coesione sociale. Portano a una società segregazionista. Ci dovrebbe essere solo una legge, quella britannica. Non è ammissibile una situazione in cui la gente ha il diritto di scegliere il sistema giuridico da applicare».