Le prime critiche alla lettera dei 138 musulmani

Papa_IslamSettimo cielo, 15 Ottobre 2007

 di Sandro Magister

Per bocca del cardinale Jean-Louis Tauran, la Santa Sede ha salutato con favore la lettera che 138 personalità musulmane hanno scritto a Benedetto XVI e ad altri capi delle Chiese cristiane, lettera di cui ha dato conto www.chiesa nel servizio del 12 ottobre: “Un anno dopo Ratisbona, 138 musulmani scrivono una nuova lettera al papa“.

Questo però non esime da una discussione critica di ciò che vi è scritto.

Dagli Stati Uniti, Louis Palme ha inviato a www.chiesa un commento che trovi per intero in questa pagina: “Una parola comune tra noi e voi – Non sulla vostra vita!“.

Egli mette in evidenza che i due comandamenti dell’amore di Dio e del prossimo non dicono la stessa cosa nell’islam e nel cristianesimo. C’è una distanza abissale tra il Dio unico dell’islam e il Dio trinitario della fede cristiana. Quanto all’amore del prossimo, l’idea di prossimo nel cristianesimo abbraccia tutti, senza distinzioni di religione o di razza. Mentre nell’islam il concetto di prossimo è più ristretto e a questo proposito gli autori della lettera non hanno trovato nessun passo citabile del Corano ma hanno dovuto ricorrere a un non chiarissimo detto extracoranico.

In conclusione, Palme scrive che i musulmani, se non vogliono limitarsi alle sole parole, dovrebbero condannare esplicitamente gli atti di terrorismo; mettere in questione quei passi del Corano che predicano l’inimicizia verso gli ebrei e i cristiani; assicurare nei loro paesi ai non musulmani le libertà religiose che sono garantite ai musulmani nei paesi cristiani; sottoscrivere e applicare a tutti i popoli, senza distinzioni di razza o religione, la dichiarazione universale dei diritti dell’uomo.

Anche Sylvain Gouguenheim, professore di storia medievale a Lione, ci ha scritto per sottolineare la lontananza fortissima che intercorre tra islam e cristianesimo circa le idee di Dio e del prossimo. La lettera dei 138 è un gesto apprezzabile, scrive, ma “rivela l’incomprensione di fondo tra le due religioni”.

Non meno polemici i commenti di Melanie Phillips sul quotidiano inglese “Daily Mail” e di John F. Cullinam sulla “National Review” di New York: entrambi segnalatici da Maureen Mullarkey.

Sia Melanie Phillips che Cullinam criticano soprattutto questo passaggio della lettera del 138: “Come musulmani, diciamo ai cristiani che né noi né l’islam sono contro di loro, almeno fino a quando essi non muovono guerra ai musulmani a motivo della loro religione, li opprimono e cacciano dalle loro case”.

Secondo Phillips e Cullinam, la lettera carica la responsabilità del conflitto sui soli cristiani, come se l’11 settembre non ci sia mai stato. A queste condizioni, la pace auspicata diventa “sinonimo di un mondo cristiano che si arrende all’islam”.

Melanie Phillips critica l’arcivescovo anglicano di Canterbury e il vescovo di Londra che “si sono messi in ginocchio a ringraziare gli autori della lettera”, mentre apprezza le riserve formulate del vescovo di Rochester, Michael Nazir-Ali, “uno che capisce qual è la minaccia dell’islam”.

Cullinam – che è membro del Center for Religious Freedom dell’Hudson Institute – fa inoltre notare che, tra i destinatari della lettera, al patriarca di Costantinopoli Bartolomeo I è stata negata la qualifica di “ecumenico”, in ossequio a una recente delibera ostile delle autorità turche, e che tra i 138 firmatari figura il direttore generale dei Fratelli Musulmani in Giordania, Salim Falahat, capo di un’organizzazione che approva il terrorismo suicida.

Sulla questione del terrorismo, in effetti, la lettera dei 138 non contiene più quelle parole di netta condanna che erano invece presenti nella precedente lettera indirizzata a Benedetto XVI nell’ottobre del 2006 da 38 personalità musulmane.

E questo silenzio ha fatto sì che nella rosa dei 138 firmatari della seconda lettera trovi posto – oltre al sopra citato capo dei Fratelli Musulmani – anche Ahmad Muhammad al-Tayeb, già gran mufti d’Egitto e attuale preside, al Cairo, dell’università di al-Azhar, la più autorevole e influente università del mondo islamico sunnita, con 400.000 iscritti di 92 paesi.

Nel settembre del 2004, partecipando a Milano al meeting interreligioso organizzato ogni anno dalla Comunità di Sant’Egidio, al-Tayeb approvò pubblicamente gli atti terroristici compiuti contro i civili in Iraq e in Terra Santa. Ed è tra gli invitati alla prossima edizione del meeting, in agenda a Napoli dal 21 al 23 ottobre, con Benedetto XVI presente nella giornata inaugurale.

(A.C. Valdera)