«20 giugno 1941. L’attacco alla Russia»

Lukas _coverIl Sole24Ore.com 11 luglio 2008

di Piero Sinatti

Sui rapporti tra Hitler e Stalin e l’inizio della guerra sovieto-tedesca la letteratura è sterminata. Nonostante questo, lo storico americano John Lukacs, specialista della Seconda Guerra Mondiale (SGM), ha creduto opportuno tornarci sopra. Non con un’ennesima ponderosa monografia, ma con un agile «libricino», da poco apparso da Corbaccio con il titolo «22 giugno 1941. L’attacco alla Russia» nella nuova collana storica diretta da Sergio Romano («i giorni che hanno cambiato il mondo»).

Quel giorno si verificò – sostiene Lukacs –  l’evento chiave, la vera svolta della SGM. Fu l’invasione hitleriana dell’Urss a dare a quel paese un ruolo più risolutivo, rispetto all’esito del conflitto e alle sue conseguenze storiche, di quello svolto dall’ «alleanza anglo-americana»

Lukacs presenta né fatti, né documenti nuovi, ma angolazioni e interpretazioni diverse da quelle correnti. Mette a fuoco la dinamica dei rapporti sovieto-tedeschi tra il 1938-1940 e la fatidica data. Il Patto di non aggressione «Hitler-Stalin» dell’agosto 1939 non sarebbe stato concepito dai due dittatori come «espediente temporaneo», ma come un’alleanza strategica.

Le «motivazioni» e gli «scopi» alla base dei loro comportamenti furono quelle di due «statisti» mossi non da imperativi ideologici, ma da interessi di stato. La guerra scatenata da Hitler contro l’Urss non fu «preventiva» , né mirava alla conquista del teorizzato «spazio vitale» per i tedeschi. Hitler, secondo Lukacs, attaccò l’Urss soprattutto per la volontà di piegare l’Inghilterra di Churchill, restata nella seconda metà del 1940 l’unico tenace ostacolo al dominio tedesco in Europa. Londra si sarebbe arresa a Berlino dopo la disfatta della Russia, prevista in 4-8 settimane dal Fuehrer e dal suo Stato Maggiore, avendo perduto l’unico potenziale alleato in Europa.

Questo sostiene Lukacs che pone alla base delle scelte compiute da Stalin tra il 1939 e il 1940, non l’internazionalismo comunista, ma la volontà di restituire alla Russia i non pochi territori perduti dopo la Prima Guerra Mondiale, ottenendo in più un’ampia sfera di influenza nei Balcani.

Lukacs evidenzia la fiducia irragionevole, oltre al rispetto personale, che Stalin nutrì fino all’immediata vigilia dell’attacco tedesco nei confronti di Hitler, cui lo accomunava l’odio per i valori e il mondo “borghesi”. Per questo, ignorò pervicacemente la messe di informazioni provenienti dalle fonti più varie e attendibili, e le inequivocabili prove materiali, che annunciavano l’attacco che Hitler preparava.

Stalin le ritenne fino all’ultimo «provocazioni» ordite da Londra per trascinare l’Urss in un conflitto che egli voleva in ogni modo evitare. Da qui, l’impreparazione e la disfatta iniziale dell’Armata Rossa e il suo precipitoso ritiro ad Est fino alla ripresa di forze e di iniziativa del tardo autunno 1941.

Nel quadro tracciato da Lukcas entrano anche i comportamenti di Londra (in cui giganteggia per coerenza e coraggio la figura di Churchill), di Washington e di Tokyo (che firma con Mosca un patto di non aggressione, che consente a Stalin di schierare a Ovest contro gli hitleriani le divisioni dislocate nell’Estremo Oriente sovietico).

Lukacs concentra nelle poche e leggibilissime pagine del «libricino» i principali temi e interrogativi che segnano quegli eventi e quella data. Basta questo per raccomandarne la lettura.

________________

J.Lukacs, «20 giugno 1941. L’attacco alla Russia», Corbaccio, Milano, 2008, pagg. 184. Euro 16,60