Il femminismo e la questione di genere

femminismoIl Timone n.70 febbraio 2008

Il femminismo odierno rigetta la natura biologica, e ritiene che ogni essere umano debba poter scegliere a quale sesso appartenere. Ma rompere con la natura vuoi dire distruggere l’uomo.

di Laura Boccenti

ll movimento femminista ha conosciuto tre ondate che si sono susseguite a partire dalla fine del Settecento fino verso la fine del Novecento: quella del femminismo liberale, quella del femminismo socialista e marxista e quella del femminismo radicale.Il femminismo radicale è l’ambiente culturale in cui attecchisce e si sviluppa l’«ideologia di genere». Le «femministe del genere» costituiscono un’elite intellettuale numericamente ristretta, ma capace di esercitare una profonda influenza politica attraverso campagne di persuasione e diffusione della loro visione e attraverso l’abile manipolazione delle procedure burocratiche e istituzionali.

Di questa abilità è testimone attenta e intelligente Dale O’Leary, autrice di molti saggi sulla questione femminile; la O’Leary ricostruisce con dovizia di particolari le tattiche con cui le femministe radicali sono riuscite a far passare la propria agenda politica in incontri internazionali di alto profilo, come la IV Conferenza mondiale delle Nazioni Unite sulla donna svoltasi nel settembre del 1995 a Pechino.

Nell’Ottocento il femminismo presenta una certa unità teorica, anche come conseguenza del movimento per i diritti civili. Allo stesso modo, nel ’68, la partecipazione alla contestazione garantisce la coesione del movimento in cui convivono rivendicazione dei diritti della donna, marxismo e radicalismo libertario. È alla fine degli anni 70 che il femminismo entra in crisi come movimento organizzato; contemporaneamente le teorie e le tematiche affrontate dalle femministe, che spesso hanno raggiunto posizioni di prestigio all’interno del mondo accademico, continuano a crescere e a diversificarsi.

Ma, pur nella diversità, le correnti del femminismo assumono le tesi del femminismo radicale di genere, che quindi costituisce una sorta di minimo comune denominatore tra le diverse tendenze del femminismo internazionale. Le tesi del femminismo radicale di genere si diffondono a partire dagli anni ’70; esse manifestano l’influenza esercitata sul pensiero femminista dal radicalismo libertario, dal marxismo, dal post-strutturalismo e dall’esistenzialismo.

Per brevità mi limiterò alla considerazione delle idee del radicalismo e del marxismo che vengono assunte dal femminismo.

Il radicalismo libertario trasmette al femminismo di genere la sua concezione di libertà. Si tratta di una libertà intesa come pura possibilità di scelta. Il femminismo radicale, facendo propria l’antropologia libertaria, afferma che l’identità sessuale non è determinata dal sesso biologico, perché il corpo non deve essere un ostacolo e un limite alla libertà; al contrario, l’individuo deve poter scegliere liberamente il genere a cui appartenere, se essere cioè maschio o femmina.

Secondo questa prospettiva, il sesso biologico non è e non deve essere il punto di riferimento nella formazione dell’identità sessuale della persona, perciò è necessario intervenire sin dall’inizio del processo educativo affinchè l’uomo costruisca il proprio genere di appartenenza, libero da ogni vincolo culturale che lo orienti all’etero-sessualità come scelta normale.

Il secondo grande contributo alla formazione dell’ideologia di genere viene dal marxismo. Per il marxismo tutta la storia è una lotta di classe tra oppressi e oppressori. Le femministe radicali pensano che la rivoluzione comunista, identificando le ragioni dell’oppressione nello sfruttamento economico, abbia sbagliato obbiettivo; secondo loro la rivoluzione, per essere efficace, deve puntare a cancellare la distinzione delle «classi» sessuali, cioè eliminare le differenze tra i sessi.

Se per ottenere la liberazione dall’oppressione bisogna togliere dalle mani degli oppressori i mezzi di oppressione, la rivoluzione non deve limitarsi a togliere la proprietà dalle mani dei capitalisti, ma deve distruggere la famiglia patriarcale che sta all’origine dello sfruttamento della donna.

Siccome generare figli e crescerli rende la donna economicamente vulnerabile, e la vulnerabilità è una condizione che rende possibile lo sfruttamento, bisogna orientare la donna a lavorare a tempo pieno e consegnarle il controllo totale della riproduzione.

L’obbiettivo immediato del femminismo di genere è creare un’opinione che consideri l’eguaglianza non come pari dignità, ma come partecipazione statisticamente uguale alla conquista del potere. Il femminismo di genere parte da due presupposti astratti e irreali: il primo consiste nell’idea che l’uomo non abbia una natura o che essa sia ininfluente, il secondo nell’idea che il rapporto tra uomo e donna sia espressione di un conflitto per il potere. Entrambi i presupposti portano alla confusione tra identità sessuale e preferenza sessuale.

Infatti, diversamente da ciò che afferma l’ideologia di genere, l’identità sessuale è sempre determinata da una natura umana che si esprime attraverso un sesso biologico-genetico e somatico, psicologico e sociologico. Il sesso psicologico è la coscienza che ciascuno ha di appartenere a un determinato sesso; il sesso sociologico è quello che viene assegnato alla persona nel momento della nascita: esso esprime la percezione che il mondo ha di lei e perciò si riferisce alla funzione e ai ruoli che la società le riconosce.

A questo proposito va detto che, se da una parte i ruoli sociali non devono essere considerati come vincolati in modo irreversibile alla biologia, d’altra parte la cultura non deve essere di ostacolo alla natura; rompere con la natura, agire al di fuori dei limiti e delle opportunità scritte in essa, distrugge l’uomo.

La situazione normale, cioè la situazione conforme alla norma costituita dalla natura, consiste nello sviluppo armonioso dell’identità sessuale genetica e somatica nella dimensione psicologica e sociale della persona, di modo che l’identità sessuale e l’orientamento (cioè le preferenze sessuali) non siano in conflitto tra loro, ma esprimano entrambe la tendenza dell’uomo verso la donna e viceversa, tendenza che rende entrambi coscienti di essere chiamati alla comunione interpersonale.

Uomo e donna hanno bisogno l’uno dell’altra per sviluppare la propria umanità, è nella mutua relazione che entrambi diventano coscienti che la pienezza può essere raggiunta solo facendo dono di sé all’altro. In questa prospettiva il sesso non si presenta come privilegio o come discriminazione, ma come opportunità di realizzare la propria umanità. L’ideologia di genere identifica nella famiglia il maggior impedimento alla costruzione di un mondo nuovo totalmente libero, perché è nella famiglia che secondo le femministe avviene il condizionamento sociale dei bambini.

Coerentemente, il femminismo radicale ritiene necessario avviare un cambiamento culturale che deve iniziare dalla decostruzione dei ruoli all’interno della famiglia (marito/moglie, madre/padre); la fine della famiglia viene vista come la fine dell’istituzione che determina la costruzione sociale della differenza uomo-donna e, quindi, la condizione che rende possibile ritorno alla sessualità polimorfa originaria in cui non si potrà neppure più parlare di etero-sessualità, omosessualità o lesbismo, categorie che saranno abbandonate grazie appunto alla disponibilità verso qualsiasi forma di rapporto sessuale.

La pericolosità sociale di queste teorie e la loro capacità di penetrazione è dimostrata dalla volontà d’introdurre, nell’ordinamento giuridico italiano, il cosiddetto provvedimento anti-omofobia, secondo cui sarebbe reato sostenere che essere maschi o femmine è un fatto naturale e non una scelta culturale.

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«Natura […] è precisamente quell’aspetto peri cui noi non ci facciamo, ma nasciamo cosi (natura da nascor); quell’aspetto del nostro essere che non è a nostra disposizione». (Emanuele Samek Lodovici, Metamorfosi della gnosi. Quadri della dissoluzione contemporanea, Ares, 1979,19912, p. 167).

Bibliografia

Roberto Marchesini, L’identità di genere, Quaderni del Timone, Edizioni Art, 2007.

AA.VV., Identità e genere, I Quaderni di Scienza e Vita, n. 2,2007.

Dale O’Leary, Maschi o femmine? La guerra del genere, Rubettino, 2006.

Laura Boccenti, Essere donna: tra femminismo e realismo, in Il Timone, n. 42,2005.

Jutta Burggraf, voce Genere, in Pontificio Consiglio per la Famiglia, Lexicon, EDB, 2003, pp. 503-1511.

Oscar Alzamora Revoredo, Ideologia di genere: pericoli e portata, ibidem, pp. 545-560.

Emanuele Samek Lodovici, Metamorfosi della Ignosi. Quadri della dissoluzione contemporanea, Ares, 1979 (19912),pp. 158-171.

Congregazione per la Dottrina della Fede, Lettera ai vescovi della Chiesa Cattolica sulla collabo-razione dell’uomo e della donna nella Chiesa e nel mondo, 31 maggio 2004.