Vasil’ Hopko

“cercate ogni giorno il volto dei santi e traete conforto dai loro discorsi”

[Didaché IV, 2; CN ed., Roma 1978, pag. 32].

Vasil' Hopko

di Rino Cammilleri

Nacque nel 1904 a Hrabske, in Slovacchia. La sua era una famiglia cattolica di rito bizantino. Entrato nel seminario di Prešov, fu poi inviato dal suo vescovo a Roma per gli studi teologici. Ma scoppiò la Grande Guerra e dovette interrompere per prestare servizio militare come assistente cappellano. Potè essere ordinato sacerdote solo nel 1929.

Lo mandarono a Praga, a costituire una nuova parrocchia. In seguito ebbe incarichi a Prešov e riuscì a conseguire una laurea all’università di Bratislava Nel 1947 fu fatto vescovo titolare di Midili e ausiliare di Prešov. Frattanto la sua patria era diventata Cecoslovacchia, con uno di quegli accorpamenti artificiali che, in omaggio all’“autodeterminazione dei popoli”, avevano il solo scopo di cancellare l’impero asburgico (infatti, cechi e slovacchi si sono separati alla prima occasione).

Ci si mise anche il regime comunista, che soppresse la chiesa greco-cattolica e incarcerò il vescovo. L’Hopko fu posto di fronte all’alternativa: passare alla chiesa ortodossa o in galera. Scelse la galera, nel 1950, e le pesanti torture a cui lo sottoposero.

Il tribunale di Bratislava lo condannò a quindici anni per “attività sovversiva” (cioè, “avere intrattenuto contatti con uno Stato estero”; lo Stato estero era, ovviamente, il Vaticano). Solo con la famosa “primavera di Praga” del 1968 potè essere liberato.

Cercò allora di rimettere insieme i cocci della chiesa greco-cattolica, ma i “muri” erano ancora in piedi. Morì nel 1973 e gli atti della sua causa di beatificazione dovettero spostarsi a Pittsburg, dove stava il metropolita di rito bizantino.

il Giornale 23 luglio 2005