Annibale, il vino scozzese e il protocollo di Kyoto

annibaleTratto da L’Occidentale il 26 marzo 2007

218 a.C., Idi di Marzo. Cinquantamila uomini guidati da Annibale, attraversano le Alpi assieme a molti elefanti. Il traforo del Monte Bianco non c’è ancora, e ovviamente neanche la TAV. Basso Medioevo. I Cavalieri della Tavola Rotonda bevono del buon vino non certo importato dalla Borgogna o dal Chiantishire, ma prodotto nelle valli della Scozia. Ma non c’era neve sulle Alpi? o quanto mite era il clima in Scozia?

Come la maggior parte dei fenomeni fisici soggetti a milioni di parametri, la temperatura del globo terrestre ha un andamento ciclico. In sostanza non c’è nessun riscaldamento anomalo, nè tantomeno foriero di catastrofi. Siamo semplicemente in una fase con temperature più alte della media, alla quale subentrerà un altro periodo con temperature medie più basse, e così via da milioni di anni.

Qualcuno potrà obiettare che nella fase attuale il riscaldamento appare repentino, ma non dobbiamo dimenticare che la capacità di misurazione dei fenomeni fisici oggi, non è proprio la stessa dei Cartaginesi o di Re Artù. Inoltre, la climatologia, più di ogni altra scienza ha come fondamento matematico una dimensione priva di struttura analitica e considerare solo alcuni parametri, sottopesarne o sopravvalutarne altri, porta a conclusioni totalmente diverse. In questo senso, è bene chiarire una volta per tutte che la CO2 rappresenta solo il 2% del totale dei gas serra, e di questo solo il 4% è prodotto dalle attività umane, il resto proviene da fenomeni naturali.

L’impatto della CO2 derivante dalle attività umane, è infatti insignificante rispetto a quello delle emissioni vulcaniche, o all’influenza delle radiazioni solari o dei raggi cosmici o ancora all’effetto della termodinamica degli oceani. Insomma, in questo groviglio di equazioni, una cosa è certa, la CO2 prodotta dall’uomo, non c’entra niente (o molto, molto poco). Di conseguenza, le condizioni dettate dal Protocollo di Kyoto sulla riduzione delle emissioni di CO2 sono pressochè ininfluenti sul sistema globale e sulle variazioni climatiche. Di Kyoto insomma se ne può fare benissimo a meno.

E fin qui niente di male; viviamo in un mondo pieno di cose superflue. Ma in questo caso il problema è un altro. Anche il solo parziale soddisfacimento dei parametri dettati dal Protocollo non è solo inutile, è spaventosamente costoso. Di questo sembra non accorgersi l’Unione Europea che nella sua solita smaniosa rincorsa al politicamente corretto, ha appena sottoscritto un accordo tra gli stati membri che prevede l’impegno, entro il 2020, di ridurre del 20% le emissioni di CO2.

Inoltre, entro la stessa scadenza bisogna elevare alla stessa percentuale l’energia generata da fonti rinnovabili per usi termici ed elettrici. Entrambi gli obiettivi, ed ancor più la loro combinazione, appaiono non solo, come detto, ininfluenti sullo stato di salute del pianeta ma difficili, costosissimi e devianti rispetto ad una seria e sostenibile politica energetica. Devianti perché l’unico modo realistico per raggiungere l’obiettivo di riduzione posto dalle UE non è nè il solare, nè l’eolico, ma il nucleare.

Di più, tutto ciò diventa tremendamente ancora più complicato per il nostro Paese, date le caratteristiche del nostro portafolio energetico, pressochè totalmente costituito da combustibili fossili e gas e privo di nucleare. Tenendo presente questo, le alternative per essere in linea con l’Europa, in termini di riduzione dei livelli di CO2, sono:

a) investire 20 miliardi ed installare 6 reattori da 1600 megawatt di terza generazione (come quelli attualmente in costruzione in Francia e Finlandia);

b) spendere 50 miliardi ed installare 50.000 (!) turbine da 1 megawatt (provate a mettere 50.000 turbine una a fianco all’altra);

c) spendere 500 miliardi ed installare un’infinità quantità (!!) di pannelli solari.

Naturalmente per le ultime due alternative bisognerebbe aumentare ancor più l’investimento, perché a volte, purtroppo, non soffia il vento e non splende il sole.

La verità è che l’eolico e il fotovoltaico sono nicchie energeticamente infinitesimali, oltrechè essere enormemente costose, destinate ad utilizzi particolari e specifici (energia domestica per esempio), ma assolutamente non determinanti alla soluzione del problema generale. Cosa accadrà? L’Italia non rispetterà gli impegni appena sottoscritti in sede europea, dovrà pagare multe salatissime, continueremo ad importare petrolio, i comitati di condominio e la bocciofila locale continueranno ad avere l’ultima parola sull’installazione dei rigassificatori e naturalmente pagheremo, ancor più di oggi, bollette salatissime.

Il tutto benedetto dagli Al Gore di casa nostra.