Chi è Ramzan Kadyrov, l’uomo di Putin che guida la Cecenia

Ramzan Kadyrov

Ramzan Kadyrov

Il Sole 24 Ore 3 marzo 2007

Un’informazione sulla Cecenia difficilmente reperibile in altri giornali; anche i maggiori e non solo italiani… Una visione senza preconcetti e pregiudizi.

di Piero Sinatti

Il 2 marzo scorso il Parlamento ceceno ha approvato la designazione, da parte di Vladimir Putin, del trentenne Ramzan Kadyrov alla presidenza della Repubblica cecena. È il figlio di Akhmat Kadyrov, ex-Gran Mufti di Cecenia e suo predecessore dal 2000 al maggio 2004, quando venne ucciso in un cruento attentato allo stadio di Groznyj. Kadyrov jr. agli occhi del Kremlino ha avuto il merito di aver “cecenizzato” con successo il conflitto russo-ceceno, dopo la decisione di Putin (2003) di affidare ai ceceni filorussi il compito di affrontare la guerriglia separatista e terrorista.

Un personaggio controverso

Nel comunicargli la sua scelta, Putin gli ha detto: «Ho preso questa decisione, dopo aver constatato che lei ha fatto molto negli ultimi anni per rimettere in piedi la Cecenia, in qualità di vice premier e premier (…). La Cecenia ha fatto notevoli e sostanziali passi in avanti (…). Tocca a lei proseguire l’opera di risanamento sociale ed economico».

Non tutti sono concordi con questo giudizio. Sono in molti a sottolineare del neo presidente l’autoritarismo (se non il dispotismo), l’intolleranza per controlli e critiche tipici, l’indole violenta. Ora Kadyrov, dopo l’uscita forzata di scena anzi tempo del presidente eletto Alu Alkhanov, uomo ligio a Mosca e (sembra) più rispettoso della legalità, concentra su di sé tutti i poteri della repubblica. Forte, tra l’altro, di una guardia personale di circa 2000 uomini. Il giovanissimo leader ha conseguito un diploma in economia e diritto all’Università di Makhachkala due anni fa. Ma è uomo cresciuto in mezzo alle armi.

Diritti umani

Sono sotto accusa i metodi con cui ha normalizzato il suo Paese. Avrebbe violato fondamentali diritti umani e civili (arresti illegali, estorsioni, sparizione di oppositori o presunti tali, tortura). Contro di lui hanno manifestato e pubblicato organizzazioni russe e internazionali di difesa dei diritti. Non per caso la Conferenza sui diritti umani organizzata a Groznyj dallo stesso Kadyrov per il primo marzo è stata disertata dalle più note associazioni russe (Memorial, Gruppo Helsinki di Mosca) e dallo stesso ombudsman federale Vladimir Lukin.

Le prime hanno giudicato la Conferenza un’operazione propagandistica. Ljudmila Alekseeva, militante dei diritti civili sin dall’epoca sovietica, ha definito Kadyrov «il maggior violatore dei diritti umani della Federazione russa». Contro Kadyrov aveva condotto un’aspra campagna la giornalista Anna Politkovskaja, assassinata a Mosca lo scorso ottobre. Molti avevano indicato nel giovane leader ceceno il probabile mandante. «Non uccido le donne», aveva replicato alle accuse.

Tuttavia, nel giudicare lui e la sua azione non si dovrebbe mai dimenticare il complesso contesto, storico e antropologico, del conflitto russo – ceceno. Putin, fondamentalmente, ha scelto l’«uomo forte», a suo giudizio l’unico in grado di “normalizzare” una regione difficilissima e fondamentale per gli equilibri dell’intera area nord caucasica.

La sconfitta dei separatisti e terroristi

Un fatto è certo. La guerriglia separatista e il terrorismo in Cecenia sono stati sconfitti. Tra il 2005 e il 2006 sono stati uccisi i leader più rappresentativi come Maskhadov, Sajdulaev e Basaev, il responsabile della strage di Beslan. Si sono arresi decine e decine di comandanti di campo e guerriglieri cui sono state applicate misure di amnistia e reintegrazione nella vita civile (specie nei ranghi delle forze armate cecene, circa 7-8 mila uomini).

La guerriglia è ridotta a poche unità di pochi combattenti cacciati nei territori di montagna del sud. Dei capi storici sopravvivono isolati (Movladi Udugov e Doku Umarov). È stato invitato a tornare in Cecenia e a riprendere la propria attività di uomo di teatro uno dei principali collaboratori di Maskhadov all’estero, Akhmad Zakaev. I sequestri di persona a scopo estorsivo – un crimine tipico della Cecenia – è stato più che dimezzato negli ultimi due anni.

Ricostruzione ed economia

Anche i critici più severi, come la famosa giornalista Julija Latynina, hanno riconosciuto a Kadyrov notevoli doti di dinamismo, capacità organizzative, di comando e di lavoro. Le ha dimostrate nell’opera, iniziata nel 2004-2005, di ricostruzione del Paese. Groznyj, un ammasso di rovine solo due anni fa, sta cambiando volto. È ripresa l’erogazione di elettricità e acqua. Ci sono nuovi edifici e strade completamente risanate.

Sono stati aperti una settantina di esercizi commerciali. È stato ricostruito il tessuto scolastico e riaperta l’università (in epoca sovietica centro degli studi minerario-petroliferi). Hanno ripreso a funzionare ambulatori e ospedale. È stato inaugurato l’ottobre scorso, il nuovo aeroporto, costruito in tempi record. Sono stati ripristinati i collegamenti ferroviari. È in atto la ricostruzione degli altri maggiori centri ceceni (come Gudermes e Argun) semidistrutti dalla guerra). Questi mutamenti sono stati riconosciuti anche da rappresentanti di organizzazioni internazionali.

Tuttavia, non mancano contrasti tra Groznyj e Mosca, sul terreno economico. Kadyrov ha lamentato più volte l’inadeguatezza dei finanziamenti, pur alti, che Mosca destina alla Cecenia. Essi formano per l’80% (dato del 2006) il budget ceceno. I ceceni ne reclamano sei volte tanti. Sostengono che per mantenere e rafforzare la pace occorre creare nuovi posti di lavoro, dal momento la disoccupazione grava sul 50% degli oltre 600 mila cittadini in età lavorativa.

Per questo devono essere create nuove attività economiche, oltre a quelle già ristabilite, per lo più del settore costruzioni ed edilizia: sono state messe in piedi industrie di mattoni e cementifici (persino con investimenti cinesi). In una recentissima Tavola Rotonda sull’economia Kadyrov ha affermato che la Cecenia ha bisogno di «una nuova strategia economica» che la trasformi in paese «avanzato e fiorente».

Oltre a dotarsi di una nuova rete idroelettrica, grazie ai suoi bacini montani, dovrebbe passare a produzioni industriali nuove, tecnologicamente avanzate, come l’elettronica. Creare grandi strutture per il turismo montano e sciistico. Modernizzare agricoltura e allevamento, specie nelle aree montane, le più povere. Lodevole wishful thinking, che deve fare i conti con l’arretratezza culturale del paese, in cui tra l’altro per poco meno di tre lustri non hanno funzionato scuole e università. Dove, allora, trovare i tecnici, i quadri, oltre agli investitori e agli investimenti?

Petrolio

La Cecenia in epoca sovietica produceva greggio di grande qualità (4,2 milioni di tonnellate nel 1991) e lo raffinava. Formava ingegneri e tecnici del settore a livello sovietico. Vi passava il grande oleodotto che collegava Baku con grandi centri petroliferi del Paese. Queste attività sono state distrutta dal crollo dell’Urss, dal malgoverno dei separatisti e dalle guerre. Tuttavia, anche in questo settore, i segni di ripresa sono visibili.

Negli ultimi cinque anni, da quando sono stati riattivati e posti sotto controllo i pozzi, sono stati estratte oltre 9 milioni di tonnellate di greggio “leggero” con costanti incrementi annui. Nell’ottobre scorso è stato inaugurato un nuovo giacimento, con discrete riserve. Si vogliono riportare in vita le raffinerie.

La produzione del greggio è affidato alla compagnia Grozneftegaz (Gng): in Cecenia esistono buone riserve anche di oro azzurro. Il primo grande edificio della ricostruzione di Groznyj – inaugurato nel maggio 2005 – è stata proprio la sede di Gng. Il 49% del pacchetto azionario appartiene al governo ceceno, il 51% alla compagnia statale russa “Rosneft’”, che ne controlla e gestisce le attività e i proventi, che Kadyrov vorrebbe destinare interamente alla Cecenia, mentre in misura del 60-70% prendono la via di Mosca.

Da qui un contenzioso a volte aspro. Groznyj rivendica il pieno controllo di Gng e dei relativi profitti (come avviene per il greggio e le raffinerie di Bashkorstostan e Tatarstan). Kadyrov chiede da tempo che alla Cecenia venga assegnato lo status di “libera zona economica”, con diritto di trattare direttamente con gli investitori e di concedere licenze per attività imprenditoriali e banche, senza mediazioni e controlli di Mosca.

Mosca non cede a queste richieste, per ora. Le trova a rischio di malversazioni, riciclaggio e altri illeciti. Ma soprattutto vuole mantenere il controllo sia sul petrolio ceceno, sia sui flussi dei finanziamenti centrali destinati alla Cecenia. Il contenzioso potrebbe aggravarsi. E in questo aspetto, unito all’ambizione di Kadyrov, alcuni politologi russi pessimisti intravedono il rischio di nuove spinte centrifughe.

In sintesi

La stabilizzazione in Cecenia è di per sé un fatto positivo. In una regione ad alta instabilità, etnicamente complessa e affetta da gravi problemi sociali come il Nord Caucaso, viene meno il più pericoloso focolaio di destabilizzazione permanente. Tale è stata per lunghi anni la Cecenia post sovietica. Inoltre, si toglie al terrorismo internazionale salafita un campo d’azione, di proselitismo, addestramento e possibile propagazione di instabilità all’intera area caspica.

Infine, la stabilità può restituire alla Cecenia un’industria petrolifera con interessanti possibilità di crescita e quel ruolo di importante paese di transito del petrolio caspico verso la Russia e i mercati europei, che grazie alla guerra era passato al Dagestan, dove ancora sopravvivono nuclei di guerriglia e terrorismo.