Franco da Assergi

“cercate ogni giorno il volto dei santi e traete conforto dai loro discorsi”

[Didaché IV, 2; CN ed., Roma 1978, pag. 32].

Franco da Assergi

di Rino Cammilleri

Franco non è solo il diminutivo di Francesco ma anche un nome a sé stante. Infatti, la Chiesa ne annovera tra i suoi santi e beati ben sette (oltre a due Francone). Il Franco di oggi nacque a Roio, ora in provincia de L’Aquila, al tempo del papa Adriano IV (dunque, tra il 1154 e il 1159). I suoi erano contadini benestanti e lo fecero studiare. All’età giusta, si fece benedettino a Lucoli. Rimase monaco una ventina d’anni, poi andò a fare l’eremita nei boschi viciniori, vivendo di erbe e bacche. Da lì si spostò sui monti: prima nell’Appennino abruzzese, poi nel Gran Sasso e infine sulle montagne di Assergi.

Alla quota di milleottocento metri su Vasto si costruì una capanna all’uso dei pastori e fece sgorgare una sorgente dalla roccia: ancora oggi i pellegrini si lavano con “l’acqua di s. Franco” per guarire dalle malattie della pelle. Ben presto i troppi visitatori costrinsero l’eremita a togliersi da lì per andare sui monti Sabini. Dalle parti di Assergi un’orsa e i suoi tre cuccioli lo guidarono a una grotta, nella quale il santo si installò con la sola compagnia di quelle bestie.

Ne usciva solo nelle feste principali per andare a fare la comunione nella chiesa di Santa Maria in Silice. Un giorno che era là, un lupo entrò in una casa e rapì un neonato, ma si imbattè nel santo che gli ordinò di restituirlo incolume. Una notte le campane della chiesa cominciarono a suonare da sole e i galli tennero loro dietro con un coro fuori orario. La gente uscì in strada e vide una luce intensa provenire dalla grotta dell’eremita. Andarono e trovarono che, braccia in croce, era morto.

Il Giornale 5 giugno 2005