L’indifferenza di fronte al gender. Una grave omissione

Tony AnatrellaLa Roccia n.3 maggio-Giugno 2015

Lo incontriamo a Milano, dove è venuto per presentare il suo ultimo libro tradotto nella nostra lingua (Il Regno di Narciso. Una società a rischio di fronte alla differenza sessuale negata, San Paolo, 2014), in un incontro organizzato da Alleanza Cattolica e da Obiettivo-Chaire nella sala del Centro Culturale di Milano. Tony Anatrella è sacerdote e psicanalista e vive a Parigi, dove insegna alla Libera Facoltà di filosofia e al Collège des Bernardins. Consultore del Pontificio consiglio per la famiglia e del Pontificio consiglio per la salute, ha scritto diverse opere tradotte in molte lingue, in particolare dedicate al gender e alle conseguenze provocate sulla società dalla diffusione di questa ideologia.

a cura di Roberta Romanello

Monsignor Anatrella, il suo ultimo libro pubblicato in Francia si chiama Matrimonio di tutti i generi, cronaca di una regressione culturale annunciata. Che cosa racconta in questo libro?

«È la storia del movimento sviluppatosi in Francia tra il 2012 e il 2013 per contrastare la legge sui matrimoni tra persone dello stesso sesso, dove la famiglia viene ridefinita a partire dall’orientamento sessuale privilegiando l’omosessualità. Analizzo poi la preparazione mediática della legge sul cosiddetto “matrimonio per tutti”: qui denuncio la manipolazione del linguaggio, la sofisticazione delle parole attuata per attribuire alle relazioni omosessuali ciò che appartiene esclusivamente alla relazione uomo-donna. È un abuso linguistico parlare di “coppia omosessuale” o di “famiglia omosessuale”, che – di fatto – non possono esistere. Si può dire tutto con le parole tradendo la realtà. Questo linguaggio manipolato è lo strumento della grande campagna mediática di disinformazione, della militanza egualitaria e della propaganda sessuale nella scuola».

Qual è la situazione attuale in Francia?

«Le persone si mobilitano oggi in difesa della famiglia ma soprattutto dei bambini perché lo Stato, come accade in tutti i Paesi totalitari, cerca di impedire che i genitori interferiscano con l’educazione statale, mentre a scuola, sulla base dell’ideologia di genere, si insegna sin dall’asilo che esistono tanti tipi di coppia e di famiglia e che si può liberamente scegliere se essere maschi o femmine.

L’attuale progetto prevede che gli insegnanti individuino, con l’ausilio dei moduli pedagogici forniti, quei bambini che hanno tendenze omosessuali o transessuali. Tutto questo è gravissimo, perché di fatto i bambini e gli adolescenti incontrano, nel loro percorso di crescita, esitazioni identitarie o rifiuto del proprio corpo sessuato; questi processi psichici sono ben conosciuti e sono sempre esistiti, e nel migliore dei casi portano i bambini a incamminarsi verso l’alterità sessuale.

Ciò che è inquietante oggi è che si vogliano organizzare socialmente i “fantasmi”, cioè quegli scenari immaginari nei quali il soggetto si proietta, per una serie di ragioni psi­cologiche; l’esperienza però aiuta il bambino a paragonare i fantasmi alla realtà, che viene progressivamente interiorizzata insieme al suo corpo sessuato. Ora invece si cerca di dare corpo a questi fantasmi come se fossero la verità sul soggetto e, sotto le pressioni delle lobby, si pretende di trovare confermata la teoria di genere».

Lei parla spesso dell’azione delle lobby omosessuali e transessuali: come queste lobby influenzano i vari aspetti della società?

«Negli anni Ottanta la tragedia mondiale dell’AIDS ha mietuto le sue prime vittime tra gli omosessuali, diffondendosi il virus innanzitutto a causa della moltiplicazione dei partner. Per evitare la stigmatizzazione degli omosessuali li si è fatti passare per vittime; divenuti i primi testimonial della lotta contro l’AIDS, sono stati assunti nei grandi organismi internazionali e da qui sono partite le progressive rivendicazioni in politica, nei media, nei romanzi, nei film, tutte legate alla questione della loro integrazione nella società, come se gli omosessuali non fossero già parte integrante della società. Sono state fatte loro una concessione dopo l’altra, garantendo loro diritti “speciali”, arrivando fino alla legittimazione del matrimonio e alle adozioni.

C’è stata una vera e propria azione vandalica sul simbolismo del matrimonio. Il matrimonio è sempre stato concepito in termini di differenza e di alterità sessuale, che non esistono nell’omosessualità, e comunque mai come mezzo di integrazione per persone che hanno tendenze sessuali particolari. È inoltre una forma di eresia an­tropologica, per non dire una patologia sociale, far credere che i bambini possano realizzare la propria identità imprigionandoli in una relazione narcisistica. Gli studi dimostrano che i bambini cresciuti in un ambito relazionale di tipo omosessuale mancano totalmente di fiducia in se stessi, sono più passivi e faticano a costruire relazioni integrate».

In Francia prima della legittimazione del matrimonio per tutti è stata votatauna legge contro l’omofobia. Che cosa significa questo termine e perché in tutti i Paesi dove si vuole introdurre il matrimonio tra persone dello stesso sesso lo si fa precedere da una legge contro l’omofobia?

«La nozione di “omofobia” è stata inventata dalle associazioni omosessuali e ha un carattere repressivo. Serve per intimidire e per impedire di parlare e di interrogarsi sulle numerose questioni poste dall’omosessualità. Molti Stati in Europa producono leggi contro l’omofobia, e questo è scandaloso. È ciò che si chiama polizia delle idee».

Il Regno di Narciso il titolo del suo ultimo libro pubblicato in Italia: perché questo titolo? Di che cosa parla il libro?

«Freud aveva analizzato l’omosessualità attraverso il mito di Narciso, che guarda la sua immagine riflessa nell’acqua, e non vede che se stesso. Il Regno di Narciso descrive la nostra società che vuole ridefinire la coppia, il matrimonio e la famiglia a partire dall’omosessualità, cioè dal bisogno di guardare se stessi attraverso uno specchio che riflette l’immagine di uno identico a me; una società che perde sempre più il senso dell’altro e dell’alterità sessuale: si valorizza l’omosessualità mentre nulla, nella cultura contemporanea, insegna ai giovani a fare coppia.

Questo è un libro dove approfondisco le ragioni che fondano l’omosessualità, che sono essenzialmente legate a processi psicologici e non hanno assolutamente basi genetiche o neurologiche o traumatiche».

In tutto questo assistiamo a una divisione della società in tre gruppi: da una parte le lobby omosessualiste che vogliono imporre questa ideologia, dall’altra parte chi cerca di contrastarne l’avanzata, e una parte che non prende posizione, indifferente a ciò che sta succedendo, e silenziosa. Che cosa rappresenta questa “ideologia dell’indifferen­za”?

«Stiamo entrando in una nuova forma di dittatura, che è la dittatura dei costumi, e precisamente dei costumi omosessuali. Come la storia insegna, nella maggior parte dei casi la gente non si avvede inizialmente dell’imposizione di una dittatura. Alcuni intellettuali sono coscienti del pericolo e lanciano dei segnali, ma sono spesso derisi e criticati, si impedisce loro di parlare o di pubblicare articoli o libri. Negli anni Trenta molti intellettuali hanno messo in guardia contro l’avanzata del nazismo e del mar­xismo, ma abbiamo dovuto attendere settantanni per dare loro ragione.

Purtroppo la storia dimostra che gli stessi meccanismi si ripetono e può essere che ci vorranno decenni per smontare questa ideologia, che si serve di una eccezionale potenza mediática. È però necessario che chi è più cosciente si esprima lanciando dei segnali di allarme; bisogna essere coraggiosi e responsabilizzare i politici, che molto frequentemente diventano demagoghi davanti a queste questioni».