Generazioni sopravvissute

giovaniTempi num.44 del 16 novembre 2006

Flaccidi, insicuri, un po’ narcisi. Sono figli della scelta, ma campano come sopravvissuti

di Claudio Risè

Perché molti giovani in Occidente sembrano inadatti a ogni sforzo, riluttanti a entrare nella vita e nelle sue sfide, in bilico tra un’euforia ansiosa di piacere da una parte, e la stanchezza e la depressione dall’altra? La grande spiegazione è, naturalmente, il modello culturale relativista, col suo impedirti di mettere a fuoco degli obiettivi, fondati su convinzioni ed entusiasmi. Se non puoi vivere la grande passione che coinvolge la tua verità e il tuo destino, non ne avrai altre. E rivestirai questo vuoto con l’euforia, a coprire la depressione.

Nell’osservazione psicologica e sociologica, però, si fa strada anche un’altra spiegazione di queste fragilità, che integra la precedente. L’esperienza clinica mostra, infatti, che queste stesse caratteristiche presenti in molti nostri giovani (abulia, mancanza d’autostima, scarsa spinta vitale) sono presenti anche in coloro che la psicologia chiama i “survivors”, persone cioè che sono sopravvissute a situazioni che hanno messo in forte pericolo le loro vite: gravi abusi, situazioni di dipendenza e limitazione della libertà particolarmente feroci, rischio per la propria vita.

I figli dell’Occidente si comportano, questo è sempre più evidente, come qualcuno che è scampato a un pericolo mortale. Dei “survivors”, i sopravvissuti, posseggono appunto l’insicurezza, l’oscuro senso di colpa (misto ad avversione) per i propri persecutori, il continuo bisogno di rassicurazione.

A cosa dunque sentono, inconsciamente, di essere sopravvissuti, i giovani figli dell’Occidente? Dagli ultimi 30 anni del Novecento in poi, in tutto l’Occidente, sono state legalizzate le interruzioni di gravidanza. Milioni di bambini sono stati “legalmente” uccisi: quelli che ci sono, i nostri figli e nipoti, sono appunto i sopravvissuti a questa enorme strage degli innocenti.

Non è necessario che qualcuno glielo abbia spiegato (anche se spesso lo sanno bene, anche consapevolmente): basta l’inconscio collettivo per metterli al corrente della situazione, quello che fa sì che gli appartenenti a una generazione di guerra siano tutti segnati dalle stesse emozioni, anche senza parteciparvi direttamente.

I figli dell’Occidente, però, non sono sopravvissuti solo all’aborto: sono anche quei bambini la cui vita si è affermata passando attraverso le strategie del controllo delle nascite, dell’accurata programmazione della vita tra promozioni di carriera, aumenti di stipendio, abbandoni e incontri di nuovi compagni/e di vita.

Non sono i “figli della fortuna”, come si diceva una volta, i bambini mandati da Dio, ma i “figli della scelta” quelli selezionati dagli uomini tra tante altre possibili opportunità. Anche da questo punto di vista, dei sopravvissuti. Da qui la loro insicurezza e, secondo alcuni, la diffusione sempre maggiore delle patologie narcisistiche, con la loro continua, ansiosa richiesta di conferma affettiva. Sono stati voluti, certo, ma avrebbero potuto non esserlo, come tanti altri.

La calcolata scelta umana genera più insicurezza della generosa “fortuna” divina.