Caso

corriere_serail Giornale del 21 dicembre 2006

di Michele Brambilla

Con un editoriale apparso ieri sul Corriere della Sera, Ernesto Galli della Loggia ha detto una cosa che a molti pare evidente, ma che i grandi giornali laici non avevano mai avuto l’ardire di riconoscere: e cioè che nei media italiani i cattolici non contano nulla. La loro voce è silenziata, oppure ridotta al rango di presenza un po’ naïf: bizzarra, goffa, residuo di un mondo sorpassato.

È un’affermazione che sorprenderà chi, al contrario, sostiene che in Italia la presenza della Chiesa è invece invadente. Ma Galli della Loggia argomenta benissimo ciò che vuol dire: è vero – spiega – che sui grandi temi i pareri della Cei o del Papa vengono puntualmente registrati; ma mancano gli interventi dei «militanti» cattolici, cioè dei giornalisti, degli intellettuali, degli uomini di cultura e soprattutto della gente comune.

I giornali danno dunque l’immagine di una Chiesa che è solo gerarchia, senza popolo. Ancor meglio l’editorialista specifica: “È nell’insieme, nella miriade di righe con cui sono confezionate le notizie, nel modo di presentarle che per la posizione cattolica e in genere religiosa c’è uno scarsissimo peso”. Insomma: Galli della Loggia ha certificato (certe cose, se non sono stampate sul Corriere, non sono certificate) che in Italia l’informazione è dominata da un atteggiamento, più che laico, laicista.

Tuttavia, nel suo editoriale manca qualcosa di non secondario. Qualcosa che i cattolici chiamano “esame di coscienza”, e i laici “autocritica”. Magari un paio di righe per dire: noi del Corriere siamo tra coloro che hanno contribuito a questa “fortissima disparità” (parole di Galli della Loggia) “tra la presenza dei cattolici e quella dei laici”.

Eppure sono passati solo pochi mesi dalla martellante campagna a favore dei quattro sì al referendum sulla procreazione assistita. Paolo Mieli annunciò che il giornale avrebbe appoggiato il sì (e ci mancherebbe che non ne avesse il diritto di farlo) ma aggiunse che il giornale avrebbe dato pari spazio a tutte le posizioni. Come andò?

A noi pare di ricordare questo: che si facevano parlare i laici a favore del sì e i cattolici – andati a cercare con il lanternino – in dissenso con Ruini, e quindi anch’essi a favore del sì. Tanto per trovarne uno, il giorno del voto si andò a pescare uno sconosciuto curato di campagna che a una messa all’aperto con i ragazzi dell’oratorio aveva invitato, appunto, a votare sì.

Sembra incredibile, ma quell’omelia finì in prima pagina. L’unico vero e forte intervento a favore dell’astensione lo scrisse, sul Corriere, un’atea dichiarata come Oriana Fallaci: e chi è del mestiere sa bene che fu lei a proporlo, anzi ad imporlo. Ma se nella prima parte dell’editoriale di ieri manca un’autocritica, nella seconda appare un’argomentazione davvero sorprendente.

Galli della Loggia scrive che i cattolici sono assenti dai giornali perché sono loro che non vogliono parlare. Si nascondono, dice. Attori, scienziati e letterati laici manifestano il proprio punto di vista “ad ogni pie’ sospinto”, ma non altrettanto fanno i cattolici. Intendiamoci: in parte è vero. Ma siamo sicuri che tanto pudore non derivi dal timore, anzi dalla certezza, di venire prima ridicolizzati e poi emarginati?

Provate a pensare al caso di Susanna Tamaro. Era coccolatissima dalle pagine culturali dei grandi giornaloni: è stata retrocessa al rango di novella Carolina Invernizio quando ha rivelato urbi et orbi di essere cattolica. La verità è che per avere spazio su certi giornali i credenti debbono arruolarsi nelle file di quel cosiddetto “cattolicesimo adulto”, che coincide poi con il cattolicesimo di sinistra, e che consiste alla fine nel dare sempre ragione ai laici e sempre torto alla Chiesa.

Anche Galli della Loggia osserva che quel cattolicesimo finisce immancabilmente con “una sostanziale adesione al punto di vista laico”. Lo aveva già notato Del Noce: “I cattolici progressisti sono più vicini ai progressisti non cattolici che ai cattolici non progressisti”. Se ci sono dei cattolici che si vergognano nel dirsi tali, quindi, sono proprio quelli che sui mass media lo spazio lo trovano, eccome se lo trovano.

L’editoriale del Corriere di ieri era titolato “Una società senza cattolici”. Occhiello: “La Chiesa c’è, ma le mancano i militanti”. Questo è l’errore di fondo: parlare di un mondo che non si conosce. Chi vive chiuso in una biblioteca o in una redazione non si accorge che, ad esempio, ci sono due milioni di persone che ogni giorno ascoltano Radio Maria, e altri milioni che fanno parte di movimenti o gruppi di preghiera.

Non è che non ci sono, i cattolici militanti: ci sono, ma in certi ambienti fanno tenerezza oppure ribrezzo. Ed è in quegli ambienti che si confezionano i giornali; ambienti in cui si pensa di conoscere il Paese reale e poi si resta di stucco se al referendum sponsorizzato da media, premi Nobel e show-girl va solo il venti per cento o poco più