Papi ed ebrei. Verità e menzogne nella storia delle relazioni tra cristiani ed ebrei

 The Weekly Standard, 29 Ottobre 2001

(le note sono del traduttore: adamantium_skeleton@yahoo.it)

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di David G. Dalin

The Popes Against the Jews
The Vatican’s Role in the Rise of Modern Anti/Semitism,
di David I. Kertzer, Knopf, pp. 355. (1)

Durante gli ultimi anni le relazioni tra cattolici ed ebrei e il ruolo dei papi nell’antisemitismo europeo a quanto pare sono stati l’argomento di innumerevoli libri. La maggior parte di queste polemiche anti-papali – da parte di Cornwell, Garry Wills, e altri – hanno focalizzato i loro attacchi sul presunto silenzio durante l’Olocausto di Pio XII, che è stato denigrato come “Papa di Hitler”. Tuttavia, nel suo “I Papi contro gli ebrei”, lo storico della Brown University David Kertzer scavalca Pio XII per attaccare l’intero papato moderno dal 1814 fino al 1939.

Che alcuni papi, tanto medievali quanto moderni, fossero antisemiti, è una verità storica. La più famigerata azione papale dei tempi moderni è stata il rapimento nel 1858 di Edgardo Mortara, un ragazzino ebreo di sei anni di Bologna nello Stato pontificio, sul quale Kertzer, uno specialista del XIX secolo della storia italiana, ha scritto un libro nel 1997. Su ordine di papa Pio IX, Edgardo fu levato a forza dalla casa dei suoi genitori, dopo che una delle domestiche cattoliche dei Mortara raccontò alle autorità di aver segretamente battezzato il ragazzino.

Guarda caso, nessuna azione papale dei tempi moderni ha prodotto una reazione pubblica tanto diffusa e indignata, perfino tra i cattolici, come nel rapimento di Mortara, un fatto che Kertzer stesso documenta nel suo precedente libro. Ma quel che più conta ai fini della questione – e contrariamente alla tesi sottostante il nuovo volume di Kertzer – l’azione di Pio IX nel caso Mortara fu tragicamente unica, piuttosto che storicamente rappresentativa del papato.

A partire dal XIV secolo, cominciò ad emergere una tradizione di sostegno papale nei confronti degli ebrei d’Europa. Kertzer e altri recenti critici dei papi hanno largamente trascurato questa tradizione “filo-semita”. Nel dipingere le relazioni tra cattolici ed ebrei come una storia dei papi contro gli ebrei, affermando che il papato ha svolto un ruolo sproporzionato nell’ascesa dell’antisemitismo moderno, Kertzer ignora il fatto che durante il periodo di intensificate persecuzioni antisemite diversi papi funsero da protettori degli ebrei – specialmente gli ebrei di Roma – sostenendo il diritto degli ebrei di celebrare liberamente nelle loro sinagoghe e difendendo pubblicamente gli ebrei contro una moltitudine di dichiarazioni antisemite.

Così, per esempio, Kertzer dedica tre capitoli all’orrenda affermazione secondo la quale durante la festa della Pasqua ebraica ebrei dediti all’omicidio rituale di bambini cristiani utilizzassero il loro sangue nella cottura del pane azzimo consumato durante il pasto della Pasqua ebraica. Tuttavia, fa poca menzione del fatto rilevante che una serie di papi a partire dal XII secolo (quando l’accusa di omicidio rituale venne mossa per la prima volta) furono eloquenti nella loro condanna di questa calunnia. Nel 1247 Papa Innocenzo IV promulgò la prima della diverse bolle papali dedicate alla confutazione della calunnia dell’omicidio rituale.

La bolla di Innocenzo pone un importante precedente che i papi successivi seguiranno durante i secoli. Come ha fatto notare lo storico Marc Saperstein, ogni volta che “accuse di omicidio rituale furono portate all’attenzione dei papi, questi regolarmente le condannarono in quanto prive di fondamento e incongruenti con l’insegnamento religioso ebraico”. Nel 1758, in risposta a un appello proveniente dalla comunità ebraica in Polonia, il papa Benedetto XIV incaricò il Cardinal Lorenzo Ganganelli (che più tardi sarebbe divenuto papa Clemente XIV) di investigare sulle accuse di omicidio rituale.

Dopo aver investigato per più di un anno, il Cardinal Ganganelli produsse un rapporto che esonerava gli ebrei – un documento che Cecil Roth, un preminente studioso della storia dell’ebraismo italiano, ha chiamato “uno dei documenti più notevoli, di più larghe vedute e più umani nella storia della Chiesa Cattolica”. Lo storico rapporto fu citato più tardi da Papa Pio X, che ripudiò l’ “infame fanatismo” dell’accusa di omicidio rituale. Infatti, nonostante le insinuazioni di Kertzer, l’accusa di omicidio rituale non fu appoggiata da Papa Pio X, che denunciò pubblicamente l’accusa nel più famoso caso di omicidio rituale dei tempi moderni, il processo nel 1913 dell’ebreo russo Mendel Beilis.

Sebbene Kertzer sia corretto nel sostenere che alcuni preti e giornali cattolici prestarono il loro sostegno alla calunnia, il papato vi si oppose persistentemente. E’ questa specie di uso selettivo delle prove l’aspetto più irritante de “I Papi contro gli ebrei”. Molte volte ancora, Kertzer omette di citare o di discutere dichiarazioni e azioni che rivelano una opposizione pubblica dei papi nei confronti dell’antisemitismo o una difesa del popolo ebraico. Così, per esempio, non menziona mai che Leone XIII parlò chiaramente in difesa del capitano Alfred Dreyfus, l’ufficiale ebreo francese accusato di tradimento nel 1894, e condannò pubblicamente la campagna antisemita contro di lui – un fatto rilevato dallo storico inglese Owen Chadwick nel suo decisivo “A History of the Popes, 1830-1914” (2) (un volume mai citato da Kertzer). E sebbene Kertzer ammetta che nel 1892 – due anni prima che iniziasse l’Affare Dreyfus – Leone XIII difese fortemente gli ebrei in un’intervista giornalistica ampiamente circolata, lo nasconde in una nota in calce e tenta di minimizzarne il significato.

Kertzer in maniera simile si abbandona ad una discussione unilaterale e incompleta di Benedetto XV, che fu più favorevolmente disposto verso gli ebrei di molti suoi predecessori nel XIX secolo. Lungi dal sancire l’antisemitismo, Benedetto XV lo condannò vigorosamente in una dichiarazione del 1916, pubblicata in risposta a una petizione dell’American Jewish Comitee, che domandò al papa di protestare per la persecuzione degli ebrei polacchi durante la prima guerra mondiale.

Il capo d’accusa di Kertzer nei confronti di Pio XII è ugualmente compromesso dalle citazioni selettive delle prove disponibili, come pure dai suoi seri errori fattuali. Monsignor Achille Ratti, il futuro Pio XI, ebbe cordiali relazioni con i responsabili ebrei italiani durante gli anni iniziali del suo sacerdozio. E durante la sua carica di nunzio apostolico in Polonia dopo la prima guerra mondiale, in mezzo alla più grande popolazione ebraica in Europa, affrontò per la prima volta la persecuzione sperimentata dagli ebrei d’Europa.

L’esperienza di prima mano condusse il futuro papa – contrariamente a ciò che sostiene Kertzer – a condannare l’antisemitismo polacco. Il disgusto di Ratti verso l’antisemitismo polacco è ampiamente documentato nella biografia di Sir William Clonmore, “Pope Pius XI and World Peace” (3) (ancora un altro volume che Kertzer non cita mai). “Ratti mise perfettamente in chiaro” nota Clonmore, “che ogni esplosione di antisemitismo sarebbe stata severamente condannata dalla Santa Sede”. Ratti aiutò le vittime dell’antisemitismo polacco in un modo anche più tangibile: ricevuto ordine da Papa Benedetto XV di dirigere la distribuzione dei soccorsi cattolici nella Polonia del dopoguerra, fornì considerevoli fondi non solo ai cattolici ma anche agli ebrei impoveriti, che avevano perduto le loro abitazioni e i loro affari nei pogrom.

Da questo cattivo inizio, Kertzer muove verso una peggiore conclusione quando si volge al regno di Ratti come Pio XI. Non viene menzionato il fatto che fin dall’inizio del novembre 1931 il rabbino capo di Milano, in una visita personale al Vaticano, ringraziò il papa per i suoi appelli contro l’antisemitismo e il suo continuo sostegno agli ebrei italiani. “I Papi contro gli ebrei” dedica sorprendentemente poca attenzione alla famosa enciclica antinazista di Pio XI, la “Mit Brennender Sorge” (“Con ardente trepidazione”), pubblicata nel marzo 1937, che produsse una furiosa risposta da parte dei gerarchi nazisti a Berlino, che la videro (correttamente) come un documento a favore degli ebrei.

Lo sforzo quasi monomaniacale di Kertzer di volgere ogni cosa contro i papi risulterà insopportabile perfino per i lettori che hanno poca simpatia per la Chiesa cattolica. Che ci fossero cattolici antisemiti in Europa tra il 1814 e il 1939, nessuno lo nega. Che il loro antisemitismo abbia fornito uno dei canali attraverso i quali il male dei nazisti ha trovato un passaggio, anche questo è innegabile, un fatto orrendo che l’attuale papa, Giovanni Paolo II, e la moderna Chiesa cattolica hanno iniziato almeno a cercare di comprendere. Ma che cosa, esattamente, si ottiene con i tentativi di Kertzer di deformare la storia secondo il suo assoluto anti-papismo? Quale nuova comprensione otteniamo, denunciando come antisemiti alcuni dei personaggi meno antisemiti del loro tempo?

Benedetto XV a Pio XI erano conosciuti dai loro contemporanei come oppositori dell’antisemitismo e amici nei confronti degli ebrei. Così, per esempio, il 6 settembre 1938, Pio XI ricordò a un gruppo di pellegrini belgi che l’antisemitismo è “un movimento odioso, un movimento al quale, come cristiani, non possiamo prendere parte alcuna”. E, con le lacrime agli occhi come pensasse alla situazione critica degli ebrei, concluse in maniera celebre: “L’antisemitismo è inaccettabile. Spiritualmente siamo tutti semiti”. Questo non venne detto nel 1998, quando sarebbe stato di poca importanza. Venne detto nel 1938, quando la più potente nazione in Europa aveva un governo ufficialmente antisemita e stava protesa solo poche centinaia di miglia a nord di Roma. Chi può non capire cosa significasse questo in quel momento?

I contemporanei di Pio XI lo capirono. Dopo la pubblicazione della “Mit brennender Sorge” i nazisti lanciarono un contrattacco al vetriolo verso il “Dio ebreo e il Suo vicario a Roma”, mentre nel numero del febbraio 1939 del mensile ebraico nazionale del B’nai B’rith, il papa figurava sulla copertina. “Nonostante le sue personali credenze religiose”, scrivevano i redattori, “gli uomini e le donne di ogni luogo che credono nella democrazia e nei diritti dell’uomo, hanno salutato la resistenza ferma e senza compromessi del Papa Pio XI contro la brutalità fascista, il paganesimo e le teorie della razza.

Nel suo messaggio annuale di Natale al Collegio cardinalizio, il grande Pontefice denunciò vigorosamente il Fascismo tanto nella variante italiana quanto in quella tedesca … e descrisse la svastica nazista come ‘una croce ostile alla croce di Cristo’ … La prima voce internazionale nel mondo che si sia levata a severa condanna dell’orrenda ingiustizia perpetrata verso il popolo ebraico da tiranni brutali, fu Papa Pio XI”.

Nel suo sforzo di denigrare il moderno papato – e di ritenere ciascuno e ogni pontefice responsabile per tutto l’antisemitismo da Napoleone a Hitler – Kertzer deve scartare o ignorare i molti esempi di sostegno papale agli ebrei e il lascito di quei papi moderni che erano conosciuti per le loro politiche e pronunciamenti decisamente filo-semiti. Peggio, deve scartare o ignorare la testimonianza di coloro che furono realmente lì in quel periodo. “I Papi contro gli ebrei” di Kertzer è tanto falso quanto poco convincente.

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(1) Trad. it., D. Kertzer, I Papi contro gli ebrei. Il ruolo del vaticano nell’ascesa dell’antisemitismo moderno, Rizzoli, Milano 2002, pp. 368.
(2) Cfr. Owen Chadwick, A History of the Popes, 1830-1914 [Una storia dei Papi, 1830-1914], Clarendon Press, Oxford 1981.
(3) Cfr. William Clonmore, Pope Pius XI and World Peace [Papa Pio XI e la pace nel mondo], The Catholic Book Club 1938.
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Sul news group cultura.cattolica.it, il commento del prof. Matteo Luigi Napolitano, docente di Storia dei rapporti fra Stato e Chiesa presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Urbino e autore del volume Pio XII tra guerra e pace, Città Nuova, Roma 2002:

Questo doppio aspetto dell’uso selettivo delle fonti e di un uso “ancillare” delle stesse, ossia al servizio di una tesi precostituita, è ricorrente in Kertzer.

Kertzer non ha visto materiale archivistico materiale archivistico su Pio XII; e infatti il suo libro si ferma praticamente al 1938 (“Antichamber of the Holocaust”). Ho poi avuto modo di dire, in una recente conferenza tenuta al Serra International Club di Livorno, che quello dell’accesso ai documenti della Santa Sede è un falso problema. La Santa Sede ha infatti una vita di relazione con altri paesi e la sua attività è pertanto documentata anche sulla base degli archivi stranieri.

Ora, Kertzer è americano, ma non ha consultato i National Archives. Sarebbe bastato recarsi a College Park, nel Maryland, a due passi da Washington D.C.. Se l’ho fatto io muovendomi dall’Italia, poteva farlo anche lui muovendosi dalla Brown University.

Kertzer si è recato in Archivio Segreto Vaticano per scrivere il suo libro ed esso è stato pubblicato in italiano da Rizzoli. Di Kertzer si sono anche occupate di recente le cronache italiane per indicare l’esempio da non seguire quando si fa ricerca storica.

“Alcuni degli studiosi che sono stati ammessi nel nostro Archivio – ha dichiarato il prefetto dell’Archivio Segreto Vaticano, padre Sergio Pagano – già in passato hanno scelto soltanto le carte favorevoli alla loro tesi, ignorando altri documenti positivi per la Santa Sede che si trovavano nella stessa busta e nella stessa cartella! […] In un recente libro sul rapporto tra i Papi e gli ebrei, si cita il famoso processo Beilis, celebrato a Kiev nel 1913 contro un ebreo accusato di omicidio, ma si riporta soltanto un documento con le accuse rivolte contro Pio X, che in quella occasione difese gli ebrei. Nella stessa cartella, che in quel momento l’autore stava consultando, c’erano anche diverse lettere con i ringraziamenti di personalità ebraiche rivolte a papa Sarto [ovvero Pio X], che sono state sistematicamente ignorate e delle quali non si trova traccia nel libro. E’ questa la maniera di fare storia?” (Il Giornale, 26 febbraio 2003, p. 33).

Padre Pagano è stato troppo buono da tacere il nome della persona cui si riferiva. Io lo sono di meno. La persona cui egli si riferiva è appunto David I. Kertzer, autore del libro “The Popes against the Jews. The Vatican’s Role in the Rise of Modern Anti-semitism”.

Kertzer in un certo punto del libro parla del caso Beilis (sarebbe interessante vedere come, dato che le sue argomentazioni in tralice suggeriscono in questo caso un giudizio positivo su Pio X; ma per ora sorvoliamo). Nel 1913, il governo zarista organizza un processo-farsa contro l’ebreo M. Beilis, accusato di aver compiuto un “omicidio religioso”, uccidendo un russo ortodosso. Dopo tre anni, l’inchiesta-farsa si arena sull’onda della protesta generale in tutta Europa. Poco dopo l’imputato è scarcerato. Kertzer sostiene che in questo caso la Chiesa Cattolica si mostrò antisemita, ossia “colpevolista” (pp. 227-228 e 230-232 dell’edizione inglese). Il fascicolo dell’Archivio Segreto Vaticano da lui citato “pro domo sua” (ossia riportando a pezzi e a bocconi non più di sei documenti sul caso Beilis, solo uno dei quali è rappresentativo della posizione della Santa Sede: la lettera del cardinale Merry del Val a Lord Leopold Rotschild, del 18 ottobre 1913) è il seguente: SV, EM, SS, a. 1913, r. 66, fascicolo unico.

Le pagine che Kertzer ha estratto da questo fascicolo sono dieci in tutto: di un fascicolo che, per il caso di specie, ne contiene oltre cinquanta. Fermo restando che quelle che cita Kertzer non costituiscono una prova d’accusa contro la Santa Sede per il caso Beilis, che cosa dicono le altre pagine di questo fascicolo, visibile da chiunque all’Archivio Segreto Vaticano? Dimostrano davvero quello che Kertzer vuole dimostrare? No.

L’esatto contrario delle tesi di Kerzer dimostra anche un interessantissimo documento interno al Vaticano, da me trovato nell’Archivio Segreto, circa il rapporto tra “croce e svastica”; si tratta di un memorandum che smonta clamorosamente alcune critiche ben temperate di chi talvolta avverte l’esigenza di sfoggiare cultura anticlericale o banale mangiapretismo.

Matteo Luigi Napolitano