«Il fanatismo cresce, altri cristiani cadranno»

padre Andrea Santoro

padre Andrea Santoro

 MA E’ MEGLIO IL CORAGGIO DEL FALSO DIALOGO

Corriere Della Sera 7 febbraio 2006

Padre Salim Kalil Samir: non si può convivere con la bugia. Il collegamento tra l’uccisione di padre Santoro e le vignette

di Paolo Conti

ROMA— «Spesso i cristiani mancano di coraggio nel nome di qualunque cosa; paura, falsa comprensione del concetto di tolleranza. Un errore che conduce alla perdita della propria identità». Parole di padre Salim Kalil Samir, gesuita di sangue egiziano, docente al Pontificio istituto orientale di Roma e all’università di San Giuseppe a Beirut, animatore del Cedrac. centro di documentazione e ricerca arabo-cristiane.

Partiamo dall’assassinio di padre Santoro. Esiste, a suo avviso, un nesso con le vignette pubblicate in Europa?

«Naturalmente. Poco importa che gli autori delle vignette siano probabilmente lontanissimi dalla cristianità. Per una minoranza di musulmani più intransigenti l’occidente significa cristianità perché si pensa il mondo in termini di confronto tra religioni Difficile spiegare che molte leggi occidentali, dall’aborto al divorzio, siano secolari. E col pieno diritto di esserlo»

Padre Santoro lavorava per il dialogo.

«Un dato purtroppo inutile. Quella minoranza, perché un altro errore molto grave è generalizzare su tutti i musulmani, non fa distinzioni: ecco perché a Beirut sono andati distrutti, durante le manifestazioni, i beni di tanti cittadini libanesi cristiani. Ed erano libanesi come gli altri… »

Quelle vignette sono state un errore?

«Non la prima pubblicazione. Non si può vivere di autocensure. L’errore è stata la ripetizione a catena. Ha creato un clima esasperato, un senso di attacco».

Ma la Santa Sede ha preso una posizione, diciamo, comprensiva verso chi si è sentito offeso da quelle vignette.

«Un giusto richiamo all’etica dei mass-media. La libertà di stampa è un valore fondamentale della democrazia. Purtroppo nel mondo arabo-musulmano i giornali scrivono in gran parte ciò che i governi desiderano, lo spazio per la libertà è destinato a cose secondarie. Ma la reazione sproporzionata del mondo islamico alle vignette forse può aiutare l’occidente a capire che esistono valori etici, e religiosi in particolare, da salvaguardare: e ciò vale per i musulmani come per gli ebrei, i cristiani e cosi via. L’unico limite alla libertà è il rispetto dell’altro, di ciò che ritiene prezioso. L’occidente non vede più la dimensione religiosa come fondamento dell’uomo. Non è un passo avanti ma indietro».

Le vignette vengono contestate molto anche dai musulmani che vivono nei Paesi occidentali, cosa pensa di questo?

«Come non ammetto che una legge egiziana venga valutata col metro europeo, cosi non posso ammettere una critica a una legge occidentale compiuta con una mentalità musulmana. È una inadeguatezza: si può capire ma non giustificare».

Una parte del mondo cattolico condanna l’eccesso di arrendevolezza nei confronti dell’islam. Altri premono per la prosecuzione di un dialogo a tutti i costi. Lei?

«Spesso i cristiani mancano di coraggio, riguardo alla propria fede, nel nome di qualunque cosa; paura, oppure falsa comprensione del concetto di tolleranza. Tutto questo è un errore e conduce alla perdita della propria identità. Quindi mai aggredire nelle parole né con i fatti. Ma ricercare la verità e indicare sempre, comunque l’errore. Dire solo la metà del mio pensiero per non dispiacere l’altro è una menzogna, un silenzio complice. Non si può convivere con la bugia, l’intolleranza, l’ingiustizia»

Cosi il dialogo diventa un’utopia?

«No. È sempre possibile Ma non un’arte alla portata di chiunque. Occorre franchezza e, insieme, delicatezza».

Accadranno altri episodi come quello di padre Santoro?

«È sempre accaduto e accadrà di nuovo. Viviamo in un momento in cui il fanatismo e l’intolleranza stanno aumentando. Ed esistono le colpe. Per esempio l’atteggiamento degli Usa, spesso troppo arrogante nei confronti dell’universo musulmano».

Dove è più difficile essere cristiani?

«In Cina. In Arabia Saudita, dove la semplice riunione di cristiani è pericolosa. In Libia. In Sudan, dove c’è l’islamizzazione forzata. In India esistono casi di riconversioni obbligatorie all’induismo.