Qualcosa di sinistra

veritàIl Giornale 28 dicembre 2005

L’estrema sinistra ha capito che questo Papa è un avversario ideale della sinistra nella sua essenza, e comprende che ciò è avvenuto proprio con il gioco sulla parola «verità». Essa ha riportato nell’essenza della Chiesa il linguaggio della Chiesa, e ha ottenuto per questo una comunicazione più profonda sia con coloro che accettano la sua parola comprendendola, sia con coloro che non l’accettano e pure anch’essi la comprendono. Benedetto ha innalzato il livello della comunicazione e obbligato i no global a cimentarsi con la verità, ad adottare il suo linguaggio. E’ questo il miglior successo che il Papa potesse avere. Cari amici della Margherita, prima o poi vi sarà difficile seguire due padroni

Gianni Baget Bozzo

Davanti alla Cattedrale di Genova, in una loro parziale «Notte bianca» organizzata dal Comune, i no global hanno scritto: «La verità non esiste». Ho sempre pensato che i no global fossero l’ala pensante della sinistra, quella che conduceva il pensiero fino alle sue conclusioni, che esprimeva, in parole dirette, quella verità che la sinistra «di governo» nasconde senza riuscire però a celarla. Dire «la verità non esiste» è rivolgersi direttamente a Benedetto XVI, che ha fatto del termine «verità» il suo cavallo di battaglia: non parla di pace ma di «verità della pace», non parla di libertà ma di «verità della libertà».

Sono stati i no global a rendersi per primi conto che un radicale cambiamento è avvenuto nel linguaggio vaticano, i primi a capire che si tratta di affrontare il Papa come avversario ideale, non come alleato occasionale. I tempi del pacifismo sono finiti in Vaticano, Assisi non è più Assisi; tutto ciò per l’introduzione di questa paroletta, «verità», che ha cambiato l’essenza delle parole, le ha ricondotte dal loro livello immanente al loro fondamento trascendente.

Che cosa è, difatti, la sinistra dopo la fine sia del comunismo che della socialdemocrazia – le sue versioni legittime che avevano permesso, in forma diversa, un rapporto culturale con la politica, una «ideologia»? Di fronte alla sinistra sta soltanto la realtà, e questa realtà non è pensabile come il volto spurio di una società futura, come ciò che nasconde, sotto un presente insoddisfacente – sia esso capitalista o stalinista -, i giorni rigogliosi dell’umanità compiuta, della rivoluzione trionfante, di una umanità esistente oltre la sua essenza.

La sinistra ha perso le ragioni che hanno fatto la sua forza: quelle di pensarsi come la chiave segreta della storia, l’azione che operava nel presente, certa però di rappresentare il volto del futuro o almeno l’eguaglianza e la giustizia. In chiave comunista o in chiave socialdemocratica, ciò fondava sempre una differenza etica dalla società esistente. La potenza della sinistra, anche oggi, è quella di pensarsi diversa, di sentirsi come la portatrice di un progetto più alto di umanità esistente, anche se non è più formulabile ideologicamente ed esprimibile razionalmente.

Deve essere incorporato nella realtà esistenziale di chi è di sinistra, che si sente per questo portatore di una differenza, di qualcosa di diverso e di migliore di chi non è di sinistra. Essere di sinistra, oggi, vuol dire almeno questo: sentirsi giusto. E’ questa la differenza fondamentale tra chi è di sinistra e chi non lo è: sentirsi giustificato anche se ci si sa peccatore. Tuttavia, l’apparenza deve essere salvata, e per questo D’Alema è delegittimato: perché appare come peccatore: e questo non deve accadere nella sinistra. Se non è salvata la differenza etica, perlomeno la sua apparenza deve essere preservata.

Ma man mano che si passa verso le zone della sinistra che attingono le ragioni dell’ideale e mantengono l’identità utopica come definizione del loro senso politico, allora l’essenza della sinistra si fa manifesta, mentre per contrario la sinistra di governo usa come propria – ironia della sorte – l’autodefinizione del craxismo e si definisce «riformista». La sinistra di governo muore di simpatie per il cattolicesimo, Fassino ritrova la fede insegnata dai padri gesuiti del Sociale di Torino, Bertinotti è sfiorato dall’ombra del divino.

Eppure anche la sinistra è in imbarazzo, perché sa che Papa Benedetto XVI non è più Papa Wojtyla, che non è possibile scavare nella comunicazione del pontefice una parola che non sia essenziale e possa risuonare conforme all’esistenza etica della sinistra di governo. Benedetto XVI non parla per slogan, parla per essenze, è superbamente platonico.

L’estrema sinistra ha capito che questo Papa è un avversario ideale della sinistra nella sua essenza, e comprende che ciò è avvenuto proprio con il gioco sulla parola «verità». Essa ha riportato nell’essenza della Chiesa il linguaggio della Chiesa, e ha ottenuto per questo una comunicazione più profonda sia con coloro che accettano la sua parola comprendendola, sia con coloro che non l’accettano e pure anch’essi la comprendono.

Benedetto ha innalzato il livello della comunicazione e obbligato i no global a cimentarsi con la verità, ad adottare il suo linguaggio. E’ questo il miglior successo che il Papa potesse avere. Cari amici della Margherita, prima o poi vi sarà difficile seguire due padroni.