Da dove vengono le vocazioni

seminaristiRubrica «Armagheddo» Mondo e Missione dicembre 2005  n°10

Molti oggi si chiedono come mai ci sono pochi preti, con conseguenze tristi per tutti. In Italia, ci sono poche vocazioni semplicemente perché è diminuita la fede nel nostro popolo, nelle nostre famiglie e non riesce ad orientare la vita.

Piero Gheddo

Nelle conferenze che faccio in questi mesi sulla crisi della famiglia e gli esempi dei miei genitori «servi di Dio», spesso racconto che la mia vocazione sacerdotale viene, dopo che da Dio, da mamma Rosetta e da papà Giovanni, che nel giorno del loro matrimonio hanno offerto a Dio il loro amore e hanno chiesto la grazia che almeno uno dei loro figli diventasse sacerdote o suora.

Questa notizia me l’ha rivelata il vecchio parroco di Tronzano Vercellese, nel giorno della mia prima Messa (29 giugno 1953), dicendomi pubblicamente: «Oggi il Signore esaudisce la grazia richiesta da tua mamma e tuo papà quando si sono sposati».

I parenti lo sapevano, ma non me l’avevano mai detto per lasciarmi libero. Mi dicevano che dall’età di 7-8 anni a chi mi chiedeva cosa avrei fatto da grande, rispondevo deciso: «Il prete». Alle parole del parroco, il mio cuore è stato inondato di gioia, nello scoprire che la radice della mia felicità di aver raggiunto una meta tanto desiderata erano mamma e papà, ormai già morti da parecchi anni; in seguito ho sempre ringraziato i genitori, pregandoli per la fedeltà alla chiamata di Dio.

Una signora venuta a sentirmi mi scrive a nome anche di suo marito: «Mi sono commossa al ricordo dei suoi genitori e voglio dirle che noi abbiamo due figli e una figlia, ancora in età scolastica. Con mio marito preghiamo perché il Signore scelga uno di loro o anche tutti e due se vuole, per diventare sacerdote.

Con tutte le miserie che ci sono oggi nella nostra società, pensiamo che il modo migliore per aiutare è di offrire a Dio i nostri figli per chiamarli al suo servizio. Preghi anche lei per questo nostro desiderio e offerta». Ho ringraziato di questa lettera toccante, che dimostra come nelle nostre famiglie giovani c’è ancora fede e generosità col Signore. Quando i coniugi sono ben formati, pregano assieme e si vogliono veramente bene, accettano volentieri quei figli che il Signore manda loro e sono generosi nell’offrirli a Dio.

Molti oggi si chiedono come mai ci sono pochi preti, con conseguenze tristi per tutti: le parrocchie vengono accorpate, non ci sono coadiutori per gli oratori, i parroci non hanno mai tempo per ascoltare i singoli fedeli… Alcuni dicono a noi missionari: «Perché andate in Paesi lontani a predicare Gesù Cristo, quando qui in Italia abbiamo bisogno di preti come non mai?»,

Quando mi fanno questa richiesta in pubblico, rispondo ragionando: noi missionari andiamo dove ci ha chiamato il Signore Gesù e ci manda la Chiesa; guai se non partissimo più per andare ai popoli non cristiani che, duemila anni dopo la Pasqua di Risurrezione, attendono ancora Cristo! La Chiesa non sarebbe più missionaria e universale, come l’ha voluta il Signore. In Italia, ci sono poche vocazioni semplicemente perché è diminuita la fede nel nostro popolo, nelle nostre famiglie e non riesce ad orientare la vita. Allora è inevitabile seguire la corrente del «fanno tutti così».

Ma noi preti conosciamo famiglie giovani e credenti con tre, quattro, cinque figli. In un paese vicino a Milano, conosco due giovani sposi che hanno sette figli; gente comune, che ha occupazioni normali. Chiedo come fanno a tirare avanti e mi dicono: «Padre, ci siamo sempre fidati del Signore e ce ne ha mandati tanti. Abbiamo attraversato momenti difficili, ma man mano che i figli crescevano di numero, aumentava l’aiuto della gente, parenti, amici e vicini di casa. Certo, ci abituiamo ad una vita più austera del comune, ma in casa nostra c’è un’atmosfera di amore, gioia e speranza, che aiuta moltissimo nell’educazione».

Mi chiedo se oggi i giovani che si sposano in chiesa e sono preparati al matrimonio, chiedono a Dio che almeno uno dei loro figli o figlie si consacrino al Signore e al servizio del prossimo. Quando parlo in pubblico del problema delle vocazioni sacerdotali e religiose, dico sempre: «Mamme e papà che mi ascoltate non pregate mai assieme perché il Signore vi conceda la grazia di un figlio prete o di una figlia suora? Ricordatevi che il dono più bello che potete fare a Dio è l’offerta sincera di qualcuno della vostra famiglia».

A volte mi chiedo se noi sacerdoti sentiamo la responsabilità di esortare i coniugi a pregare per la vocazione di almeno uno dei loro figli? Oppure di queste cose non parliamo mai? Troppo facile pregare in genere per le vocazioni alla vita consacrata, senza dire a Dio di essere disponibili alle sue scelte anche nella nostra famiglia!