I Gesuiti vittime della ‘Rivoluzione italiana’ nel 1848

Francesco de Vico

Francesco de Vico

Corrispondenza romana n.922/06 del 26 novembre 2005

Un convegno tenutosi il 21 e 22 ottobre scorso all’Università di Macerata promosso, fra gli altri, dal Centro diocesano “Padre Matteo Ricci”, ricordando nel bicentenario della nascita la figura del Padre gesuita e astronomo Francesco de Vico (nato a Macerata nel 1805 e morto esule a Londra nel 1848), si è salutarmente soffermato sulla vicenda di quei tanti Gesuiti che furono messi al bando e costretti a defatiganti esili durante i moti “risorgimentali” del 1848, in seguito soprattutto ai corrosivi pamphlet del filosofo e scrittore politico torinese Vincenzo Gioberti (1801-1852), che li identificava come i peggiori nemici da abbattere per il “rinnovamento politico” dell’Italia.

La campagna contro i Gesuiti aveva avuto origine, nell’Ottocento, già al momento della ricostituzione nel 1814 della Compagnia e aveva conosciuto momenti particolarmente violenti durante le rivoluzione europee della prima metà del secolo. Padre de Vico, a causa dei fermenti rivoluzionari che avevano coinvolto la Roma del beato Pio IX e sarebbero poi sfociati nell’anti-cattolica “Repubblica romana” del 1849, fu costretto ad abbandonare frettolosamente la capitale della Cristianità.

Dopo diverse peripezie e soste, anche negli Stati Uniti, il Gesuita finì per aggravare la sua già non buona condizione di salute e morì nella casa dei Gesuiti a Londra il 13 novembre 1848. Fu sepolto nel cimitero di Chelsea.

La testimonianza di fedeltà al Papa ed al suo Ordine da parte del De Vico conferma come negli Stati della Chiesa, nonostante le infiltrazioni volterriane verificatesi in una parte della classe intellettuale, il clero ed il mondo scientifico continuassero ad essere fedeli a Pio IX: “Romana, del resto, la Rivoluzione del ’46-’49 nella capitale del Papa-re, lo fu solo nella terminologia usata dalla propaganda del tempo, trasmessa fino ad oggi dalla vulgata risorgimentale” ha affermato durante il convegno il dott. Giuseppe Brienza, corrispondente dell’Istituto Storico dell’Insorgenza e per l’Identità Nazionale, nella sua relazione su I Gesuiti e la Rivoluzione italiana nel 1848.

“Essa non fu affatto pensata né diretta dai sudditi di Pio IX e la tesi del ‘forestierismo’ della Rivoluzione di Roma, fu dimostrata ad esempio dallo storico probabilmente più documentato, nonché protagonista oculare di quegli anni, il romano Giuseppe Spada, che non parla infatti mai nelle sue opere di Rivoluzione ‘romana’, proprio perché convinto che essa sia stata essenzialmente opera di elementi non romani”.