La controversa Madre della Spagna e delle Americhe

Isabella di Castigliapubblicato su “Il Popolo” settimanale della diocesi di Tortona
del 8 dicembre 2004

500 anni fa moriva Isabella di Castiglia, la Regina “Cattolica” che volle il viaggio di Colombo

don Maurizio Ceriani

Il 26 novembre scorso cadeva il 500° anniversario della morte, avvenuta nel castello de La Mota di Medina del Campo nei pressi di Valladolid, di Isabella di Castiglia, la regina che ancora vivente, era stata insignita dal Papa, insieme al marito Alfonso di Aragona, del titolo di “Cattolica”, per i grandi meriti acquisiti in favore della fede.

Isabella fu la protagonista della definitiva cacciata degli Arabi dalla penisola iberica, della riunificazione spagnola e della scoperta dell’America, ma fu anche una donna profondamente animata da spirito religioso e apostolico. La sua figura, grandiosa per la storia dell’Europa e della Chiesa, è tuttora al centro di un controverso dibattito – ideologico più che storico – che divide l’opinione pubblica. Ancora recentemente alcuni esponenti islamici ed ebraici l’hanno definita un “demonio” e un “simbolo d’intolleranza”.

Su di essa, poi, una certa pubblicistica ha costruito nel corso di tutti questi anni una sorta di “leggenda nera”, collegata a quella della colonizzazione dell’America Latina, che ultimamente, grazie anche a documentatissime pubblicazioni, sembra mostrare evidenti segni di cedimento a favore di un ristabilimento della verità. Sul versante opposto c’è addirittura in corso un processo di beatificazione, che vede tra i più fervidi sostenitori della causa l’arcivescovo di Madrid, cardinal Antonio Rouco Varela, e il presidente del Pontificio consiglio per la famiglia, cardinal Alfonso Lòpez Trujillo, insieme a alla maggior parte dei vescovi latino americani.

Iniziato nel 1958, con l’apertura della fase preliminare nella diocesi di Valladolid, il processo di canonizzazione ha dovuto subire una sospensione nel 1991, quando la Congregazione per le Cause dei Santi (che nel frattempo aveva anche documentato i due miracoli principali avvenuti per intercessione della regina: la guarigione di un cittadino statunitense con un cancro al pancreas e di un sacerdote spagnolo colpito da emorragia cerebrale) si vide praticamente costretta a bloccare il processo di beatificazione a causa delle violente polemiche scatenatesi in occasione del quinto centenario della scoperta ed evangelizzazione dell’America; a queste si era accompagnata, inoltre, una violenta campagna di denigrazione da parte di quanti ritenevano che la beatificazione della regina avesse potuto nuocere allo spirito ecumenico e che l’istituzione del tribunale dell’Inquisizione e la “conquista” dell’America siano ostacoli insormontabili per il riconoscimento della santità di Isabella.

In quell’occasione ci fu anche la singolare uscita del Presidente Cossiga che affermava di essere disposto a “dare le dimissioni da cattolico” se la Regina di Castiglia fosse salita all’onore degli altari. Posizioni che danno bene il quadro del pregiudizio, che Giovanni Paolo II non esitò a definire “Leggenda nera”, sulla colonizzazione spagnola dell’America.

Ecco come si esprimeva il Papa in occasione del cinquecentenario della spedizione di Cristoforo Colombo (che non dimentichiamo fu finanziata da Isabella impegnando i gioielli della corona, unica risorsa rimasta alle dissanguate casse del Regno dopo la campagna di Granata): “una certa ‘leggenda nera’ che per un certo tempo orientò non pochi studi storiografici, concentrava prevalentemente l’attenzione su aspetti di violenza e di sfruttamento che si verificarono nella società civile durante la fase successiva alla scoperta.

Pregiudizi politici, ideologici e anche religiosi, hanno voluto presentare solo negativamente la Storia della chiesa in questo continente dove però ci sono più luci che ombre se pensiamo ai frutti duraturi di fede e di vita cristiana”. Proprio in previsione dell’anniversario dei 500 anni della morte della Regina Cattolica, nello scorso autunno, uscì in libreria finalmente tradotto il libro “La regina diffamata” di Jean Dumont, per i tipi della Sei. Jean Dumont (1923-2001) è uno storico francese cattolico poco conosciuto in Italia dove in effetti, solo da qualche anno, cominciano ad essere tradotte le sue opere, alcune delle quali di autentico valore: “L’église au risque de l’histoire”, “Les prodiges du sacrilège”, “Lepante: l’histoire étouffée”.

Già da anni, egli si era infatti venuto dedicando ad una seria opera di difesa della storia della Chiesa dalle accuse accumulate contro di essa da una secolare propaganda protestante poi illuminista ed, infine, liberale e marxista. Nel corso della sua attività di storico, esaminando gli archivi, egli si era accorto, per esempio, che i pregiudizi anti-spagnoli ed anti-cattolici diffusisi nei secoli in Europa ed arrivati fino nei libri di scuola, derivavano tutti, più o meno direttamente, da abili costruzioni propagandistiche orchestrate fin dal ‘600/’700 nelle stamperie e librerie di Amsterdam, di Londra.

Da quelle “terre protestanti”, infatti, provengono, ad esempio, le raffigurazioni miranti a mostrare presunte efferatezze delle torture dell’Inquisizione e i pamphlets anti-gesuitici. Tutto ciò costituiva niente altro che il versante culturale del grande attacco plurisecolare sferrato dai paesi protestanti contro quel che restava della Cristianità medievale. Esso si è in effetti protratto fino ai giorni nostri in quella sorta di complesso di inferiorità dei popoli cattolici dell’Europa mediterranea (Italia, Spagna e Portogallo) bollati come retrogradi, bigotti ed individualisti nei confronti dell’Europa del nord, proposta invece quale autentico faro di civiltà alle cui conquiste occorre inevitabilmente adeguarsi.

Forte di decenni spesi a confutare la leggenda nera costituita intorno alla Chiesa cattolica, Jean Dumont si sentì dunque in dovere di prendere le difese della Regina Isabella di Castiglia esponente di spicco di quella Monarchia spagnola che, della Chiesa, era stata per secoli il bastione politico e che forse proprio per questo motivo era stata tanto bistrattata dagli storici. Contro Isabella si sono stratificate nella storia accuse e polemiche, la più grave delle quali riguarderebbe le modalità con cui operò l’Inquisizione. A essa si aggiungerebbero l’espulsione degli Ebrei, la violazione dei diritti umani degli Indios, la guerra contro Granada, la cacciata dei “Moriscos”, discendenti dei Musulmani che avevano attaccato la Spagna.

Contro questi e altri luoghi comuni, ripetuti all’infinito senza un fondamento storico provato, Dumont muove una serrata e precisa critica, documenti alla mano, smontandoli uno ad uno e mostrando come su queste affermazioni si siano  sedimentate le finalità l’ideologiche dei secoli successivi. Egli mostra, per esempio che la riconquista di Granada, tra il 1481 e il 1491, non fu voluta da Ferdinando e Isabella per interessi dinastici, ma riguardò in ugual modo i feudatari spagnoli, che in altre circostanze erano assai disuniti, il popolo ispanico e combattenti tedeschi, svizzeri, francesi, borgognoni e inglesi.

Fu insomma l’ultima crociata dell’Occidente europeo, che viveva nell’angoscia della morsa ottomana, in seguito alla caduta di Costantinopoli del 1453 e all’infiltrazione dei Turchi in Algeria. Dopo la liberazione della Spagna dal dominio islamico, gli ex occupanti stranieri furono trattati con onore e rispetto. Caso emblematico fu quello di Boabdil, ultimo emiro di Granada, per tre volte catturato e poi liberato da Ferdinando, che infine gli permise di dettare le condizioni di resa e gli assegnò un principato. In un primo momento, Isabella concesse agli invasori sconfitti di restare in Spagna e di mantenere la propria fede. Solo più tardi, tra il 1501 e il 1504, costrinse i Musulmani a scegliere di convertirsi al Cristianesimo o abbandonare il Paese.

Molti optarono per una conversione formale, ma continuarono a costituire un pericolo, suscitando frequenti e sanguinose rivolte, le cui vittime furono spesso Cristiani disarmati e preti. Ma furono così pochi i Moriscos espulsi da Isabella che i musulmani continuarono ad essere un serio problema di stabilità interna della Spagna ancora per oltre un secolo. Infatti, nel 1526 Carlo V emanò un primo decreto di espulsione dei moriscos non convertiti, la cui attuazione sarà tuttavia rinviata a quarant’anni dopo!

Nel 1567 Filippo II, impegnato nella grande offensiva contro l’Impero Ottomano che terminerà con la vittoria di Lepanto, dovette affrontare la sanguinosa rivolta nelle Alpujarras (1568-70), fomentata dal Sultano di Istambul per aprire un fronte interno contro la Spagna; la rivolta fu repressa da don Giovanni d’Austria con una vera e propria campagna militare durata due anni. Seguì il decreto di deportazione e internamento, in gruppi dispersi, nei villaggi della Castiglia. Ma anche questo ebbe scarsa applicazione poiché nel 1588, analoghe sollevazioni si ebbero in Aragona.

Una seconda campagna di cristianizzazione promossa dal beato Juan de Ribera fallì in parte cosicché nel  settembre 1609 Filippo III dovette decretare l’espulsione definitiva dalla Spagna dei musulmani non convertiti. Ecco i numeri di quanti emigrarono nel Maghreb: 150.000 dalla regione di Granata, 90.000 dall’Andalusia, 64.000 dall’Aragona, 50.000 dalla Catalogna, oltre 100.000 dalla Castiglia, con lo spopolamento (ancora attuale) di interi territori iberici.

Davanti a questi dati di un secolo dopo, è assai difficile accusare Isabella di aver operato espulsioni di massa nei confronti dei Moriscos! Va ugualmente sfatata la “leggenda” della colonizzazione americana, dal momento che i Re Cattolici, ancora prima della scoperta, stabilirono che l’obiettivo principale della spedizione di Colombo dovesse essere la diffusione del messaggio di Cristo.

L’evangelizzazione, amava ripetere la regina Isabella, era il fine principale della conquista. Ecco perché il governatore Ovando il 16 settembre 1501 affermava: “vogliamo che gli indios si convertano alla nostra Santa fede Cattolica e che le loro anime si salvino, essendo questo il maggior bene che possiamo desiderare per loro, per cui debbono essere informati sui contenuti della nostra fede affinché la conoscano, e si abbia perciò molta cura affinché, senza esercitare su di loro, alcuna forza, i religiosi che sono là li informino e ammoniscono con molto amore, in modo che al più presto possibile si convertano”.

La preoccupazione per la fede dei sudditi si estende anche alla riforma del clero, realizzata quasi un secolo prima che il Concilio di Trento la estendesse a tutta la Chiesa. Isabella favorì la formazione di un episcopato molto preparato e all’altezza del servizio universale cui la Chiesa spagnola fu presto chiamata. Per promuovere gli studi ecclesiastici Isabella fondò numerose università, anzitutto quella di Alcalá de Henares, che diventò il più importante centro di studi biblici e teologici del regno. Istituì anche collegi e accademie per laici di ambo i sessi, che diedero alla Spagna un grande numero di dotti in tutti i rami del sapere e una classe dirigente ben preparata.

Altro merito di Isabella è la riforma degli ordini religiosi, maschili e femminili, i cui membri crebbero notevolmente di numero e fornirono alla Chiesa non soltanto una legione di santi e di missionari – che si prodigarono specialmente nell’evangelizzazione delle Canarie, dell’emirato musulmano di Granada, delle Americhe e delle Filippine – ma anche una schiera di uomini di vasta cultura e di profonda religiosità, che negli anni seguenti diedero importanti contributi alla Riforma cattolica e al Concilio tridentino.

In questa impresa, alla quale contribuisce soprattutto il francescano Gonzalo Jiménez de Cisneros, confessore della regina e poi arcivescovo di Toledo, Isabella è sostenuta da Papa Alessandro VI, che le concede ampi poteri. Non si può comprendere la storia politica e religiosa degli ultimi cinque secoli senza tenere nella giusta considerazione la Spagna, né la storia di Spagna senza tener conto in modo adeguato di Isabella la Cattolica, che costituisce il primo anello di una catena di personalità e di eventi di portata storica universale. Fin dall’inizio del suo regno convocò tutta la nazione ad assemblee generali per l’elaborazione del programma di governo.

Più volte riunì le Cortes di Castiglia, formate dai rappresentanti della nobiltà e del clero e dai delegati delle città, alle quali chiede “auxilium et consilium” prima di prendere le decisioni più importanti. La riorganizzazione del regno ebbe inizio con la riunione delle Cortes di Madrigal, nel 1476, prosegì e fu portata a termine con le Cortes di Toledo, che si chiusero il 28 maggio 1480: gli atti di queste due grandi assemblee possono essere considerati come una vera Costituzione della Spagna. Grazie al coinvolgimento della nazione nell’attività riformatrice, Isabella godette di un largo consenso, che le permse di giungere in breve tempo alla pacificazione del regno e di fare di un aggregato di stati regionali e feudi personali la prima potenza mondiale dei due secoli successivi.

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