Embrione, feto e nuovi rischi

Siena, 9 Ottobre 2004 – Aula Magna Policlinico Le Scotte

 Carlo Valerio Bellieni, Angela Plantulli, Olinda Gasparre

Dipartimento Materno-Infantile, AOU Senese

feto

Intervento tenuto al Corso di aggiornamento dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Senese:

La Risorsa Down – Disabilità e operatore sanitario: risorse e limiti

Negli ultimi anni il dibattito sulla fecondazione in vitro (FIV) si è sviluppato su due versanti: il diritto della coppia di avere un figlio e il diritto degli embrioni a vivere. Nel primo caso si è fatto prevalere il principio di autonomia (la coppia può gestire la propria sessualità e la propria potenzialità riproduttiva); nel secondo si fa prevalere il principio di non maleficenza (l’embrione è considerato una persona). Sulla base di queste posizioni il dibattito si è bloccato: purtroppo sono due posizioni non conciliabili.

Interessante è notare che mai nel dibattito su questo tema, si è considerato un terzo punto di vista nel problema FIV, che ora esamineremo* e che, partendo da un punto anteriore, può gettare luce sui due precedenti. I diritti della coppia hanno i loro sostenitori, così come i diritti dell’embrione. Tuttavia, queste due posizioni danno per scontato che le metodiche FIV, siano metodiche assodate e sicure, su cui sia da dibattere unicamente sul piano morale. Il discorso rischia di bloccarsi in un vortice moralistico (pro vita/pro scelta) se non considera tutti i fattori, e se non considera, prima di considerare se sia morale o immorale, se sia fattibile (senza effetti collaterali inaccettabili) o non fattibile (effetti collaterali gravi).

Il terzo punto di vista cui accennavo è dunque il seguente: gli effetti della FIV sui bambini che sono generati da queste tecniche: un argomento troppo spesso tenuto fuori dei dibattiti e delle considerazioni pubbliche e private.

Tre studi su larghe popolazioni di bambini concepiti in vitro sono stati pubblicati nel 2002 su prestigiose riviste scientifiche internazionali. Ecco le loro conclusioni: “Bambini che hanno basso peso alla nascita sono a rischio per disabilità e morte. L’uso di FIV porta un aumento di bambini con basso peso alla nascita in USA perché è associato ad un alto tasso di gemellarità. Fino al 1997 la FIV era causa del 40% dei parti trigemini. Inoltre studi dimostrano che ci sono più bambini con basso peso alla nascita per via della FIV che nelle gravidanze normali.” (1)

“Il nostro studio suggerisce che I bambini nati da fiv hanno un aumentato rischio di sviluppare problemi cerebrali, in particolare paralisi cerebrale.” (2)

“I bambini concepiti con l’uso di Intracytoplasmic sperm injection (ICSI) o di FIV, hanno il doppio di rischio di avere un difetto maggiore alla nascita, rispetto alla popolazione generale.” (3)

Questi studi erano stati ripresi da altre riviste pediatriche che così sottolineavano: “Nel febbraio 2002 un gruppo da Uppsala, Svezia, ha riportato un lavoro retrospettivo su 5680 bambini nati da FIV e 11350 controlli: ha mostrato che in genere, i bambini nati da FIV hanno più frequentemente bisogno dei servizi dei centri di riabilitazione rispetto alla popolazione normale e il rischio (OR) di paralisi cerebrale è di 3.7. In uno studio australiano l’8.6% dei bambini nati da ICSI e l’8,6% di quelli concepiti da FIV aveva difetti maggiori alla nascita” (4) Considerando tutti i dati si nota che “il rischio di avere un figlio con handicap è circa l’11% dopo FIV, rispetto al 5% dopo concepimento normale.” (5)

Ora, queste osservazioni sembrano ovvie al neonatologo: la plurigemellarità e la prematurità, seppur banalizzate dalla stampa (chi non ricorda quante esultanze per gli annunci al TG delle nascite di 4-5 gemelli?), sono un grosso rischio per la salute del bambino (e della mamma). “La grande multiparità è uno dei rischi della FIV e può provocare nascita prematura.” (6) E’ dunque un problema non nuovo per i neonatologi, sempre più spesso di fronte a gravidanze gemellari e prematurità.

Ma il fatto nuovo è questo: anche nel caso di concepimento di un figlio unico, il tasso di rischio per la sua salute, se nato da fecondazione in vitro, è maggiore che per la popolazione normale: una recente analisi di 25 studi scientifici pubblicata sul British Medical Journal, così conclude: “Le gravidanze singole generate da FIV hanno un esito perinatale significativamente peggiore rispetto alle normali”, pur aggiungendo che “la mortalità perinatale è circa il 40% più bassa nelle gemellari insorte da FIV rispetto alle normali”. (7).

E anche altri rischi di patologie genetiche sono sollevati: “L’iniezione intracitoplasmatica di spermatozoi può aumentare il rischio di deficit dell’imprinting”. (8).

Insieme al dibattito sui difetti alla nascita, ora si passa ai rari disordini che colpiscono l’imprinting genomico. Feinberg e DeBaun del John Hopkins University sono stati colpiti dal fatto che il 4.6% dei loro pazienti con Sindrome di Wideman-Beckwitt erano stati concepiti con FIV. (La malattia è presente in 1 nato su 15.000). Più di recente cinque bambini Olandesi concepiti con FIV hanno presentato retinoblastoma, un cancro infantile della retina che compare in 1 nato su 17.000. (9)

Per finire, un recente libro pubblicato da un famoso psichiatra francese, fa riflettere sui rischi a lungo termine sulla serenità dei bambini nati da fecondazione in vitro: parla di “sindrome del sopravvissuto” per numerosi bambini nati da FIV: questa patologia, riscontrata per primi ai sopravvissuti dai campi di concentramento, si manifesta con senso di colpa (“altri sono morti per farmi vivere”) e senso di onnipotenza (“Io ce l’ho fatta perché sono indistruttibile”): “I suoi genitori l’hanno desiderato al punto di sacrificare altri bambini per la sua venuta. Se lui è restato in vita, se lui è scelto, non è il segno che vale più degli altri, cioè di quelli che non sono sopravvissuti? Il bambino sottomesso al desiderio altrui è un bambino onnipotente cui è forse difficile fissare dei limiti. I suoi genitori hanno prima o dopo di lui, soppresso uno o più “bambini” , in fin dei conti per desiderio di lui, perché lui potesse vivere. Quanto vale dunque, lui per il quale un tale sacrificio è stato consumato?” (10)

La fecondazione in vitro è una tecnica in fieri. Va ad usare spermatozoi spesso alterati, talora introducendoli nel citoplasma della cellula uovo integralmente (ICSI), cosa che non succede in natura. Inoltre, usando spermatozoi inefficaci, non li condanniamo a dover ricercare anche essi una procreazione artificiale, nel caso non improbabile che ereditassero la stessa alterazione degli spermatozoi paterni?

Da quanto abbiamo esposto, sembra paradossalmente che, se da una parte aumentano le possibilità per la madre o la coppia, d’altra parte si riducono le garanzie per il figli. E’ un fenomeno particolare: l’accettazione per procura di un rischio.

Questo è chiaro anche considerando il quadro dei rischi della diagnosi prenatale invasiva.** Siamo di fronte ad un nuovo paradosso: l’accettazione by proxy, per procura, di rischi, ma non di fronte ad uno scenario terapeutico, ma ad uno scenario di compimento di un bisogno. Il problema è che il bisogno è il bisogno dell’adulto e il rischio è il rischio del bambino.

Tutto questo si accetta perché al momento della decisione di intraprendere una FIV non siamo di fronte ad un bambino, e neanche ad un embrione. Nessuno metterebbe coscientemente a repentaglio la vita di un bambino per soddisfare un proprio bisogno. In questo caso il problema è complesso: il bambino non c’è ancora (o non è visibile in caso di diagnosi prenatale invasiva) ma il rischio inerente al comportamento FIV riversa le sue conseguenze proprio sul bambino (e poi sull’adulto quando questi sarà cresciuto).

Non dimentichiamo che le conseguenze di queste pratiche possono poi essere tali da compromettere un normale sviluppo della vita sociale della coppia (11).

La fretta con cui si ricorre a queste pratiche innovative è sanzionata in vari lavori che sottolineano la necessità di un migliore studio di esse su modelli animali: “alcuni ricercatori temono che aumentare la durata dell’incubazione possa compromettere lo sviluppo, come hanno fatto vedere studi sui topi. “Stiamo usando gli umani come cavie” suggerisce Kelly Moley, che studia embrioni di topo pre-impianto all’Università Washington a St Louis.” (12)

Altri studiosi sottolineano che in molti casi il ricorso [a pratiche di fecondazione in vitro] non è necessario (scarsi accertamenti di effettiva sterilità in caso di FIV o età così giovane da non essere un fattore di rischio per la sindrome Down, in caso di amniocentesi).  Allora, alcune riflessioni si impongono, osservando che “un recente reportage riporta che il numero delle FIV è salito del 37% tra il 1995 e il 1998. Una seria preoccupazione è che il marketing di questi servizi porti al loro uso da parte di coppie che in anni precedenti, avrebbero aspettato per chiedere aiuto. E che avrebbero concepito senza FIV.” (13)

Credo dunque che si debba creare una seria riflessione tra chi agisce in questo campo: JP Relier segnala che il 19% dei ricoveri nella rianimazione neonatale da lui diretta (Ospedale di Port Royal, Parigi) sono dovuti a FIV (14).

Dunque, forse prima di affrontare il problema dal punto di vista morale, si dovrebbe affrontare dal punto di vista clinico. Prima di domandarsi se “è bene”, sarebbe opportuno domandarsi se è eseguito correttamente sia come passi di ricerca che come applicazione scevra da rischi.

Se volessimo curare una malattia con l’uso di una sostanza poco piacevole come l’urina, sarebbe corretto dire “a priori” che ci rifiutiamo di usarla perché è un materiale non degno dell’uomo, oppure che dobbiamo usarla perché pur di curare è lecito il ricorso ad ogni rimedio? Chiunque risponderà che sarebbe più corretto prima andare a verificare se davvero cura oppure dà effetti inaccettabili.

Di fronte a malattie come l’encefalite spongiforme, si è bloccato quasi totalmente il consumo delle carni a rischio. Di fronte al rischio ipotetico di danni da parte di OGM, c’è un sano atteggiamento cautelativo: prima studiare, poi dare al pubblico. Nel caso della FIV, questo non succede.

Come non domandarsi allora se il percorso verso questa forma alternativa di procreazione poteva essere più controllato? (15) Come non sentire una responsabilità di fronte ad un crescente numero di danni cerebrali, che non si sarebbero presentati se queste tecniche non fossero state eseguite? E’ vero, controbilancia questo problema la soddisfazione di tante coppie. Eppure resta il timore che la possibilità di scelta (materna) possa soppiantare la scelta della salute (del figlio). E il dubbio del modo in cui si sta correndo: tutta questa fretta fa sorgere in molti qualche domanda.

*Volutamente ci asteniamo in questo manoscritto dal prendere posizione riguardo ai due punti succitati. Crediamo che questo possa aiutare nella serenità dell’apporto di questo lavoro al giudizio etico in merito alla FIV.

** Finora si era ricorso alle nuove tecniche diagnostiche prenatali al fine di ricercare anomalie fetali, giungendo ad impedire la nascita del bambino, in un quadro fondamentalmente centrato sulla paura dei genitori per il “domani”, e, in una equazione tra “normalità” e “felicità”, si arrivava ad abortire il figlio, sostenendo che “non sarebbe stato felice”.

Ora il quadro è cambiato: anche questa preoccupazione sul “domani” del figlio sembra in declino: si glissa infatti sulle conseguenze che gli scenari summenzionati possono far ricadere sui figli e che resteranno indelebili dopo la nascita.

Alcune donne vogliono un test prenatale precoce indipendentemente dall’aumento del rischio legato alla procedura o alla relazione del rischio con la possibilità di un’anomalia fetale” (16).

Conosciamo infatti le conseguenze dell’amniocentesi (17) sul feto: una gravidanza su cento è destinata a finire drammaticamente in seguito a questa tecnica: è un tasso alto, considerato che significa che circa 2000-3000 gravidanze volute, con feti assolutamente normali non giungono a termine ogni anno in Italia, come effetto collaterale di diagnosi prenatali invasive. Questo senza contare i rischi ben noti di alterazioni fisiche sul feto o di problemi respiratori alla nascita sempre secondari all’amniocentesi o al prelievo di villi coriali.

BIBLIOGRAFIA:

(1) Schieve LA et al: Low and very low birth weight  in infants conceived with use of assisted reproductive technology N Engl J Med2002

(2) Stromberg B et al: Neurological sequelae in children born after in-vitro fertilisation: a population-based study. Lancet 2002;359:461-5
(3) Hansen M et al: The risk of major birth defects after intracytoplasmic sperm injection and in vitro fertilisation. N Engl J Med 2002;346(10):725-30
(4) Koren G: Adverse effects of assisted reproductive technology and pregnancy outcome. Ped Res 2002
(5) NN: Neurological sequelae and major birth defects in children born after in-vitro fertilization or intracytoplasmic sperm injection. Eur J Pediatr 2003;162:64
(6) Greisen G: Multifoetal pregnancy and prematurity: the costs of assisted reproduction. Acta Paediatr 2002;91:1449-50
(7)  Frans M Helmerhorst et al: Perinatal outcome of singletons and twins after assisted conception: a systematic review of controlled studies. BMJ  2004;328:261
(8) Cox GF et al: Intracytoplasmic sperm injection may increase the risk of imprinting defects. Am J Hum Gen 2002;71:162-4
(9) Powell K: Seeds of doubt. Nature 2003;422:656-9.
(10) Bayle: L’embryon sur le divan. Psychopatologie de la conception humaine. Masson, Paris 2003
(11) Fanny-Cohen B: Un bébé mais à tout prix. Ed J’ai lu, Paris, 2004
(12) Powell K: op. cit.
(13) Mitchell AA: Infertility treatment- More risks and challenger. N Engl J Med 2002;346:769-10
(14) Relier JP: Adrien, ou la colère des bébés. 2003
(15) Thompson JG, Kind KL, Roberts CT, Robertson SA, Robinson JS. Epigenetic risks related to assisted reproductive technologies: short- and long-term consequences for the health of children conceived through assisted reproduction technology: more reason for caution? Hum Reprod. 2002 Nov;17(11):2783-6
(16)  Stranc LC, Evans JA, Hamerton JL: Chorionic villus sampling and amniocentesis for prenatal diagnosis. Lancet 1997;349:711-14
(17) Alfirevich Z: Early amniocentesis versus transabdominal chorion villus sampling for prenatal diagnosis. Cochrane Database Syst Rev 200