Europa: deluso il combattente dell’89

Giovanni Paolo IIPubblicato su Avvenire il 22 giugno 2004

di Marina Corradi

Quello che nelle reazioni uffi­ciali era un «rammarico», al­l’angelus di domenica si è fatto parola vibrante, oltre le regolari ri­ghe dei protocolli formali. Parola quasi brusca, e in lingua polacca giacché ciò che viene dal cuore spesso prende la via dell’idioma materno: «Non si tagliano le radi­ci dalle quali si è nati!», ha escla­mato il Papa.

E, in un dibattito su una Costituzione cui la gente co­mune poco s’era appassionata, e poco aveva capito, questo moni­to invece l’han compreso tutti. Han capito che non c’è, nel so­lenne preambolo alla nuova Car­ta, alcun riferimento all’origine cristiana d’Europa; e che questo tacere adira il Papa, oltre il diplo­matico cruccio.

Lo addolora tan­to da dirlo ai fedeli dal balcone dell’Angelus, con fiero sdegno di eterno combattente. «Non si tagliano le radici da cui si è nati!», è cosa che anche la gente più semplice capisce benissimo. E quella Carta tanto dottamente dibattuta, quanto la si è ignorata a livello popolare — roba astratta, farraginosa, incomprensibile — d’improvviso presenta almeno u­na connotazione non così estra­nea: il Papa ha detto che la Carta dimentica le radici cristiane d’Eu­ropa, e quelli, e sono in tanti, che di lui si fidano sulla parola, po­trebbero sulla questione solleva­re un’attenzione che prima non c’era.

Perché se ne parla da tanto, di queste radici cristiane: ma, se lo dice il Papa, e fremente, e in po­lacco, come lasciando andare al­fine qualcosa di a lungo trattenu­to, la gente ci fa caso. E l’uscita del vecchio Pontefice potrebbe esse­re, assieme, efficace strategia co­municativa. In molti Paesi un re­ferendum per l’accettazione del­la Costituzione è possibile. In non pochi Paesi il riferimento della Co­stituzione a un culto religioso è e­splicito.

La scelta “giacobina” è stata, come minimo, presa sopra la testa degli europei. Nessuno li ha interpellati. Forse, potrebbe anche darsi, sa­rebbero stati consenzienti su quel silenzio circa le radici. Come ha osservato il cardinale Ratzinger, «l’Occidente della propria storia vede oramai soltanto ciò che è de­precabile e distruttivo, mentre non è più in grado di percepire ciò che è grande e puro».

Come rosi da un’oscura vergogna, preferia­mo dirci gente venuta dal niente. Eppure un sociologo musulmano come Khaled Fouad Allam, auto­re de L’Islam globale, scrive che «il cristianesimo è il punto focale at­torno a cui l’Europa si è definita», ethos fondativo ineliminabile. Radice, dunque. Tagliate le radici, nulla vive.

Rimane, per qualche tempo, per forza di inerzia, un mondo che invecchia senza rin­novarsi e senza rinascere. Intento dunque a spartirsi ricchezze, o a litigare — un po’ come questa Eu­ropa, i cui elettori sono così disaf­fezionati che mai, dal ‘79 ad oggi, avevano tanto disertato le urne. Per crederci di nuovo vorrebbero forse uno spirito nuovo — fiducia nella famiglia, nei figli che nasce­ranno, nel lavoro.

L’Europa in cui si sperava cin­quant’anni fa, quando nacque: la guerra mondiale ancora fresca nella memoria con le sue lacera­zioni, ma insieme infinite spe­ranze. E una più grande di tutte, come nel cuore di un giovane po­lacco che già aveva visto ogni or­rore. Un’Europa diversa — inne­stata su antiche, profonde radici cristiane. (Ma, forse, noi oggi non abbiamo visto abbastanza, non ri­cordiamo abbastanza).