Te lo do io il comunismo

simboli PCIArticolo pubblicato su Il Foglio

Fissatevi le date, e vedrete che la Cosa c’è (e anche il trucco)

di Duccio Trombadori

Te lo do io il comunismo. Fissatevi la data. 1964: a quattro mesi dalla morte di Togliatti, Giorgio Amendola propone per primo di riunificare Pci e Psi, e di superare il fallimento delle rivoluzioni comuniste con l’ipotesi di una moderna socialdemocrazia. I “comunisti” però gli sparano addosso: il primo ad accusare il “revisionista” è l’ingraiano Romano Ledda, che fa su Rinascita un peana del leninismo. La Fgci di Achille Occhetto gongola e produce saggetti “neo marxisti” in polemica con la destra amendoliana. E’ solo l’inizio.

All’XI Congresso – fissatevi la data, 1966 – il vero sconfitto non è Ingrao, ma il destro Giorgione, che si era illuso puntando sul riformismo di Krusciov (ma quello, nel frattempo, era stato fatto fuori da Breznev). Il monolitismo dell’Urss rimaneva in piedi, e in Italia cominciava l’era dei Longo-Breznev e dei Berlinguer, con il supporto culturale e ideologico dei “finti rinnovatori” che poi daranno vita – fissatevi la data: 1969 – al gruppo del Manifesto, con forti addentellati nel partito.

E così, invece di andare verso i socialisti – come si sarebbe dovuto fare almeno dopo il 1956 – ecco una fiammata di “neo comunismo”, che dice di interpretare il verbo di Marx e Lenin nel senso giusto, non come in Urss, e più invece come Mao (guarda un po’), Castro, o una certa Al Fatah palestinese, e quando va bene si limita a sognare i “soviet” come faceva Gramsci mentre in Italia – fissatevi la data: tra il1920 e il 1921 – ci si stava giocando l’avvenire del Parlamento e dello Stato liberale.

Anni Settanta. Berlinguer fa la sua politica, con un chiodo fisso, però: evitare la “socialdemocratizzazione” del Pci. Fissatevi la data: Walter Veltroni entusiasta, si iscrive al partito (con lui ci sono Mussi, D’Alema, naturalmente Occhetto, e tutti gli altri) e pure oggi afferma di essere sempre stato un anticomunista. Poi succedono tante cose. Tra queste l’ennesima giubilazione di Giorgio Amendola ormai prossimo alla fine (fissate la data: è il 1979) per avere criticato la violenza in fabbrica e l’estremismo sindacale. Berlinguer lo accusa di non conoscere”l’abc del marxismo”.

I giovanotti berlinguerian-ingraiani gongolano(due sole famiglie lo difendono pubblicamente: i Ferrara e i Trombadori). Intanto il”socialismo reale”(cioè il sistema mondiale del socialismo comunista) va da solo (con la buona spallata degli Usa) finalmente a farsi benedire. Berlinguer non fa a tempo a vederlo. I suoi ragazzi invece sì, ma non si sentono orfani. Dicono (guarda, guarda) che “comunisti” erano gli altri, quelli della vecchia guardia: perfino Amendola, ma loro no.

Tanto è vero che cambiano nome e cognome, bruciano i vecchi documenti, e cercano di impadronirsi di quelli degli altri, vuoi liberali, vuoi socialisti, vuoi democratici di sinistra (ma “socialdemocratici”, mai). A inquinare le prove della loro identità ce la mettono tutta. A partire dalla cruenta liquidazione del compagno Nicolae Ceausescu, che il Tg3 di Sandro Curzi (allora in quota Pci, fissate la data: 1989) preferirà tacciare di “dittatore fascista”, occultandone il profilo di capo comunista romeno nonché combattente decorato nella resistenza antitedesca.

Spacciatori

Lo spaccio della menzogna (valore essenziale della cosiddetta “doppiezza”) è un principio costitutivo della identità politica comunista poi che essa pretende sempre (fissate la data: sempre) di mutare la natura dell’uomo, e della donna, necessariamente a loro insaputa. Questa identità fondamentale, concimata in terra d’Italia, ha fornito una congerie variopinta di Pinocchi smemorati, purtroppo non tutti innocui, pronti a giurare sul cuore di cartapesta che mostrano in giro.

Dicono che non sono comunisti, che non lo sono mai stati, eccetera eccetera: ma non permettono a nessuno di “rivedere” il loro album di famiglia, fosse anche quello più recente, magari per mettere in chiaro di chi sono figli. Preferiscono lanciare sibili con sonagli dall’Argentina, come l’ex presidente D’Alema; o squittire fervorini cultural-terzomondisti, come il sindaco Veltroni. Conviene sempre parlare d’altro. Ma il comunismo sta come un macigno. E finché posso te lo do io.