Il silenzio dell’Ordine psicologi USA sul business della surrogacy

American Psychological AssociationLa Croce quotidiano 26 luglio 2016

Le caselle della “finestra di Overton” si dischiudono una dopo l’altra: la pedofilia diventa “tendenza”

di Giuseppe Brienza

Il ruolo manipolatorio dei professionisti della psiche che sta emergendo dal business statunitense dell’utero in affitto, tollerato dall’American psychological Association (APA), ha già imposto di rivolgere, in chiave “preventiva”, un paio di domande all’Ordine degli Psicologi italiano. In particolare, senza ricevere finora risposta, il direttore di questo giornale ha domandato: «come descrivereste il comportamento degli psicologi americani che a pagamento accompagnano una donna che ha affittato l’utero cercando quotidianamente di convincerla che il suo rapporto con il bambino è solo il rapporto che si deve avere con una merce che deve essere prodotta e consegnata agli acquirenti? Più in generale, quale posizione ha l’Ordine degli Psicologi rispetto alla pratica disumana ed illegale in Italia dell’utero in affitto?» (Mario Adinolfi, Psicologi, due domande all’Ordine, in “La Croce quotidiano”, 22 luglio 2016, p. 1).

L’abominevole pratica di compravendita di bambini “su carta” documentata nel filmato allucinante pubblicato la scorsa settimana sul sito del Corriere della Sera, a cura dell’ottima Monica Ricci Sargentini, suscita qualche domanda anche a proposito dell’associazione di categoria, non a caso con sede a Washington, che rappresenta gli psicologi negli Stati Uniti, l’American Psychological Association. L’APA, con circa 150.000 soci e un bilancio annuale di 70 milioni di dollari, è a conoscenza di questo utilizzo “innovativo degli psichiatri? È conforme allo statuto dell’associazione, eppoi che ne penserebbe di un tale anomalo esercizio della professione il fondatore Stanley Hall (1844-1924)?

Lo psicologo e pedagogista americano cui si deve la nascita, nel 1892, dell’APA, infatti, ha dedicato tutta la sua attività scientifica e clinica alla psicologia dello sviluppo, dimostrando con scritti e conferenze il rapporto fra patologie e rapporto con i genitori nei primi anni di vita. Non a caso l’opera più nota del prof. Hall è dedicata proprio alla dinamica psicologica dell’età adolescenziale (cfr. il testo, in due volumi, che s’intitola “Adolescence, its psychology”, del 1904), le cui origini rinviene appunto negli anni della più tenera età dei bambini (vedi in particolare i suoi libri: “The contents of children’s minds on entering school”, del 1883; “Educational problems”, in 2 voll., pubblicato nel 1911 e, soprattutto, “Aspects of child life”, 1921).

Si è occupata l’APA del problema delle conseguenze psicologiche sui bambini nati attraverso il ricorso all’utero in affitto? Come no! Addirittura, ad agosto, ha organizzato un seminario di formazione apposta, a pagamento, intitolato “Gli effetti del ricorso alle tecnologie della fecondazione artificiale” (il titolo originale è “Effects of Assisted Reproductive Technology. When Making a Baby the Old-Fashioned Way Doesn’t Work”, curato dai ricercatori Janet Jaffe, Karen I. Hall, e Hilary Hanafin, nell’ambito del “Continuing Education Program”, August 2016 – www.apa.org).

Da scientisti come sono i promotori e i vertici dell’associazione, tutto il problema è impostato su basi tecnologiche e biologiche, disancorando dall’umano la questione e bypassando completamente le dinamiche psicologiche e sociali conseguenti alla deprivazione ad un bambino della modalità naturale di concepimento e dei propri genitori. Si legge infatti nell’abstract del corso: «Questo workshop di livello intermedio intende illustrare le opzioni a disposizione degli utenti della fecondazione artificiale [“fertility clients”], con una attenzione speciale dedicata ai terzi-donatori di ovuli, sperma o embrioni, e/o di utero in affitto [“surrogacy”]» (ibidem). Roba da far girare nella tomba Stanley Hall che, alla fine della sua vita, ha dedicato peraltro un intero libro al tema del rapporto fra Gesù Cristo e la psicologia (cfr. “Jesus, the Christ in the light of psychology”, 1917).

Ma, sappiamo bene, l’APA è oggi all’avanguardia del relativismo materialista e laicista in psicologia. Per fare solo un esempio della sua deriva degli ultimi vent’anni, basti pensare a come subito dopo la sentenza del 1997 della Suprema corte che ha legalizzato ulteriormente l’eutanasia passiva e/o attiva ne ha suonato la gran cassa indottrinando adeguatamente i suoi iscritti (cfr. “Report of the APA Working Group on Assisted Suicide and End-of-Life Decisions”, Report, May 2000), quindi ha elaborato delle corpose “Linee guida” per trattare nel modo migliore a livello psicoanalitico i pazienti LGBT, confermandoli naturalmente nel loro “orientamento sessuale” (cfr. “Guidelines for Psychological Practice with Lesbian, Gay and Bisexual Clients, Guidelines, February 2011) e, da ultimo, dalla sua 123ma Convention annuale ha partorito un’improponibile comunicato stampa spiegando che i “figli” di coppie omosessuali crescono normalmente come quelli educati da una mamma e un papà (cfr. “Children of Same-Sex Parents Face Challenges, but Will Be OK”, Press Release, July 2015).

E non è un caso che di “psicologia umana” (e, direi, umanistica”) dentro e all’intorno dell’APA non è rimasto quasi più niente, tanto che dalle statistiche del suo sito risulta addirittura che le uniche (o quasi) interrogazioni di utenti e psicologi iscritti è sui temi della sessuologia (fra i link più condivisi e consultati, infatti, i c.d. “Most Popular – Most Viewed”, risulta al secondo posto la tematica “Sex & Sexual Functioning”).

Continuando a propagandare tesi ideologiche e funzionali al business come quella che lo sviluppo di ogni bambino «prescinde dal tipo di famiglia in cui viene cresciuto» (l’American Psychological Association, supportata dall’American Medical Association, da anni si è schierata politicamente a favore delle “adozioni omogenitoriali”), non potevamo non attenderci da parte dell’associazione degli psichiatri americani anche un altro endorsement che era nell’aria.

Parliamo dell’inconfessabile, quando praticato da sacerdoti e religiosi, delitto di pedofilia, che invece “scelto” come espressione di libertà ed auto-determinazione da ricchi gay e pederasti occidentali diventa un semplice “disturbo dell’orientamento sessuale”. Qualcuno già ne sta parlando negli ambienti “conservatives” degli Stati Uniti, è in arrivo forse un nuovo “mainstreaming”, quello diretto ad una prossima “destigmatizzazione della pedofilia”.

Pare infatti che l’APA, nella prossima imminente edizione del suo manuale (per la versione corrente cfr. APA, Manual of the American Psychological Association, 6th edition, Washington 2011), stia ridefinendo la pedofilia non più come un “disordine” bensì come “orientamento sessuale”. In sostanza, le “attenzioni” degli adulti nei confronti dei bambini non saranno più considerate un “disturbo”, come fatto nel “Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali”, noto anche con la sigla DSM (dalle iniziali del titolo “Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders”).

Pubblicato tre anni fa, questo testo declassava infatti la pedofilia da “malattia” a “disordine”. In questi manuale diagnostico, ancora in vigore (il DSM-V), si considera “disordine mentale” quello di un molestatore di bambini se la sua azione «causa sofferenze clinicamente significative o disagi nelle aree sociali, occupazionali o in altri importanti campi». In caso contrario (tutto da dimostrare!), si sta ora cercando di far passare l’adescamento o la violenza morale/psicologica nei confronti di minori come un semplice «orientamento sessuale o dichiarazione di preferenza sessuale senza consumazione».

Quindi se il pederasta non riesce ad abusare dell’innocente, le consulenze psichiatriche ai tribunali forniranno con tutta probabilità pareri per una discolpa o non punizione dell’imputato. Una ulteriore tappa dell’anti-lingua (e dell’anti-morale) incombe! Forse potrà impattare sulla pratica degli psichiatri americani, al fine di «fornire alla comunità psichiatrica internazionale un linguaggio comune sui disturbi mentali basato sull’evidenza scientifica».

A causa dell’APA, quindi, la pedofilia potrebbe essere a breve derubricata come “amore intergenerazionale”. Non ci resta allora che sperare in Trump?