La crisi del matrimonio segna il declino di un paese

crisi_coppiaAvvenire, 11 febbraio 2008

Lieve flessione del numero medio di figli per donna, dall’1,35 del 2006 all’1,34 dello scorso anno Un po’ meglio rispetto all’1,19 del ’95, ma ancora lontano dal minimo demografico del 2,1%

di Pier Luigi Fornari

In calo il numero dei matrimoni in Italia nel 2007 secondo le stime anticipatorie elaborate dall’Istat per tutto quell’anno. Sarebbero stati 242mila contro i 270mila di cinque anni prima. Il tasso di nuzialità scende così dal 4,6 per mille al 4,1.

In un periodo che ha registrato un incremento della fecondità (0,1 punti percentuali) aumenta anche il numero dei figli nati fuori del matrimonio, che secondo il dato 2006 rappresentano 18,6% del totale rispetto al 12,3% del 2002. Nel medesimo periodo le nascite ‘legittime’ scendono dall’87,7% all’81,4%.

Da questi dati l’Istat desume un aumen­to delle convivenze.

Le dimensioni del fenomeno delle nascite fuori dal matrimonio, però, sono ancora molto contenute rispetto ad altri Paesi europei (in Francia e Svezia, ad esempio, superano il 50%, nel Regno Unito il 44%).

L’andamento dei matrimoni, poi, è molto diversificato passando dal Nord al Mezzogiorno, dove la nuzialità è più alta e la percentuale di nascite fuori del matrimonio è nettamente inferiore. Delle regioni del Centro-nord, solo nel Lazio la nuzialità (4,2) è un gradino sopra la media, mentre i valori minimi si rilevano nel Nordest. Al Sud, in sostanza, il matrimonio è ancora un vincolo importante per avere dei figli.

L’apertura alla vita resta praticamente immutata nel 2007. Il numero medio di figli per donna è stimato a 1,34 contro 1,35 del 2006. Un livello ben lontano da quello che garantisce la stabilità della popolazione (2,1 figli), ma comunque superiore all’1,19 del 1995, anno di minimo storico italiano.

Comunque siamo sempre agli ultimi posti in Europa, sotto la media Ue (1,51 figli), e soprattutto molto lontano da Francia (1,98), Irlanda (1,93) e Svezia (1,85). La fecondità italiana è, invece, più o meno uguale a quella tedesca (1,34), spagnola (1,36) e portoghese (1,36). Tra le meno feconde le piccole regioni del Mezzogiorno, Molise e Basilicata (1,12 entrambe), e la Sardegna (1,06).

La popolazione continua ad invecchiare in quanto si è ancora allungata la stima della speranza di vita alla nascita pari a 78,6 anni per gli uomini, e a 84,1 per le donne. Ma l’effetto combinato con la bassa fecondità porta l’Italia ad essere uno dei Paesi più vecchi in Europa. Possiede infatti, insieme alla Germania (20% contro il 17% della media Ue), il primato di ultrasessantaquattrenni sul totale e quello, in negativo (14% contro il 16% della media Ue), di bambini fino a 14 anni, insieme a Germania e Grecia. Anche il peso degli over 65 sulla popolazione in età attiva è da record, pari al 30% (24% nel 1997) contro una media europea del 25%.

Nonostante la bassa fecondità, il consistente flusso di immigrati produce quasi da solo una crescita totale della popolazione residente sul territorio nazionale che supera i 59 milioni e mezzo di abitanti, con un incremento di 395mila unità, pari a 6,7 per mille abitanti. Questo totale risulta dal 6,6 per mille del saldo mi­gratorio e dallo 0,1 di quello naturale.

Anche nel 2007 è infatti molto sostenuta la dinamica migratoria, sfiorando quota 390mila, per un tasso migratorio pari a 6,6 per mille. Ma dall’apporto delle tre voci che la compongono emerge ancora una volta la preponderanza dell’afflusso degli stranieri nel nostro Paese.

Il tasso migratorio con l’estero infatti è del 6,6 per mille, il tasso migratorio per altri motivi dello 0,1, e quello interno del -0,1. Nello scorso anno il tasso migratorio con l’estero è risultato il più elevato negli ultimi quattro anni (rispettivamente 6,5, 4,4 e 3,7 per mille nel trien­nio 2004-2006). Questo risultato si determina considerando che a una stima di 64 mila cancellazioni per l’estero se ne contrappone una di ben 454 mila iscrizioni.

La portata considerevole delle iscrizioni è dovuta, presumibilmente, all’effetto dei due decreti 2006 (Dpcm 15 febbraio e 25 ottobre), che prevedevano 470 mila nuovi ingressi di lavoratori extracomunitari non stagionali, e dell’allargamento dell’Unione Europea a Romania e Bulgaria a partire dal 1° gennaio 2007. Ma anche la dinamica naturale (la differenza tra le nascite e i decessi) sulla base delle stime per il 2007 registrerebbe un attivo di circa 6mila 500 cittadini.

Se la stima sarà confermata definitivamente, il 2007 costituirebbe il secondo anno consecutivo di crescita naturale (+2.118 nel 2006) dopo un periodo piuttosto prolungato, avviatosi dal 1992, durante il quale, tranne la parentesi eccezionale del 2004 i decessi avevano superato le nascite. Il dato provvisorio per le nascite si aggira intorno a 563mila, oltre 3 mila in più rispetto al 2006, con un tasso di natalità pari a 9,5 per mille. I decessi, invece, sarebbero stati circa 557mila, un migliaio in meno rispetto al 2006, con un tasso di mortalità del 9,4 per mille.

Crescono le nascite «naturali» Erano il 12,3% nel 2002 Sono diventate il 18,6 nell’ultima rilevazione In Francia e Svezia si arriva al 50%.

(A.C. Valdera)