”Shalamov, dal gulag una lezione di etica”

Varlam Tichonovic Shalamov

Varlam Tichonovic Shalamov

pubblicato su Il Giornale

06 dicembre 2003

di Irina Sirotinskaja

Varlam Tichonovic Shalamov è una di quelle rare persone – ancora più rare tra gli scrittori – nelle quali le virtù della responsabilità e moralità non hanno carattere declaratorio ma attivo. Egli riteneva che la responsabilità dello scrittore consistesse precisamente nella verità artistica della propria opera. Diceva spesso: «Lo scrittore è giudice del tempo». Un giudice però che non pronunciava la propria parola da una tribuna (come si sono deprezzate, oggi giorno, le parole!). Lo scrittore fa passare il vissuto per la propria anima, il cuore, l’intelletto, attraverso tutto se stesso – la memoria dell’anima e la memoria del corpo, come in un crogiolo dal quale, nel fuoco del talento, scaturisce una parola di verità. Parole di verità-memoria, verità-realtà, verità-giustizia.Adesso mi occupo dei testi di Shalamov, ma prima c’è stata la nostra conoscenza, e amicizia, che è durata 16 anni.

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Noi confessiamo. Firmato, gli aguzzini dei Gulag

Nkvd-documentCorriere della Sera 23 maggio 2005

Le ammissioni strappate con la tortura, le esecuzioni senza processo, i trasferimenti che portavano solo alla morte. Ecco i rapporti ufficiali e segreti degli agenti sovietici

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L’idealista che cadde sul pianeta Gulag

Rossi_coverArticolo pubblicato sul Corriere della Sera del 17 Agosto 2003

Prendiamo un uomo giovane, intelligente, colto e attratto dalle grandi utopie. Facciamone un comunista convinto, anzi di più, un agente segreto del Komintern, un inviato speciale in tutto il mondo del potere sovietico. Diamogli un nome: Jacques Rossi, francese di nascita, poi emigrato con la madre a Varsavia e più tardi iscritto al partito polacco.

Fissiamo una data, il 1937, quella delle grandi purghe staliniane, e spediamo in quell’anno il nostro eroe, dopo un processo sommario istruito sulla base di false accuse, a fare la conoscenza dei gulag, i campi di concentramento sovietici. Lasciamolo a marcire là per vent’anni (più altri quattro di residenza coatta) in modo che sperimenti gelo e percosse, fame e minacce, torture e celle d’isolamento. E adesso consentiamogli, per un caso fortunato, di uscire vivo dall’inferno: ovvio che si presenterà a noi un personaggio del tutto diverso dall’inizio, fisicamente ridotto a una larva però mentalmente una specie di eroe.

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“Gulag l’inferno del comunismo”

olga-adamova-sliozberg-coverIl Domenicale 6 dicembre 2003

Di Angelo Crespi

Olga ha un bel profilo. I capelli lisci raccolti sulla nuca in uno chignon le incorniciano il viso. La fronte spaziosa, il naso ben disegnato, le labbra carnose serrate. Gli occhi guardano in lontananza. Olga Adamova-Sliozberg così appare in una fotografia degli anni Trenta. È una bella donna: una famiglia agiata, un marito, due piccoli figli, un lavoro appagante. Insomma, un futuro di gioia. Nessuna incertezza, nessun dubbio deturpa quel ritratto. Ancora non presagisce che presto dovrà iniziare il suo cammino. Anzi, Moj put’, il mio cammino, una parola, put’, che in russo spesso è associata a un’idea di “strada segnata” di “destino”.

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‘Noi donne schiave nel girone Kolyma’

donne_gulagIl Giornale 6 novembre 2003

di Olga Adamova Sliozberg

Il nostro atteggiamento verso il lavoro era sempre oggetto di discussione, specialmente da parte degli uomini che ci deridevano perché cercavamo di svolgere bene il nostro compito. – Credete che se lavorate onestamente questo vi aprirà le porte del lager? – ci prendevano in giro. Va da sé che il lavoro non portava nessun vantaggio, che ci imbrogliavano, che i capireparto segnavano quello che avevamo fatto noi alle loro amichette, che il salario per le prigioniere politiche era stato abolito, e che una giornata di lavoro di un delinquente comune valeva una volta e mezzo le nostre, se non due.

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“Il diario di Olga, da moglie e madre a vittima delle purghe staliniane”

Adamova-Sliozberg_coverAvvenire 3 dicembre 2003

di Daniela Pizzagalli

Se può esistere una classifica degli orrori, verrebbe da pensare che la prigionia nei campi d’internamento staliniani abbia comportato sofferenze ancora più terribili di quelle dei lager nazisti, perché le vittime, in larga maggioranza comunisti convinti, essendo incapaci di considerare ingusti i tribunali rivoluzionari, aggiungevano al tormento della pena l’angoscia di chi sa quali equivoci o addirittura proprie colpe involontarie come causa delle loro condanne.

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“Gulag: a ovest qualcuno sapeva”

gulag-UrssAvvenire 10 dicembre 2003

di Elena Dundovich

Fu nella seconda metà degli anni ’30 che comparvero in Occidente le prime testimonianze di sopravvissuti ai campi staliniani. In Francia videro la luce prima il libro di Ante Ciliga Au pays du grand mensonge del 1936. Poi, tre anni più tardi, quello di Victor Serge S’il est minuti dans le siècle.

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Balordi o satanisti?

satanistiFamiglia Cristiana. anno LXXIV, n.40,
3 ottobre 2004

di Massimo Introvigne

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Andrea Gallerani

“cercate ogni giorno il volto dei santi e traete conforto dai loro discorsi”

[Didaché IV, 2; CN ed., Roma 1978, pag. 32].

Andrea Gallerani

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Anatalone

“cercate ogni giorno il volto dei santi e traete conforto dai loro discorsi”

[Didaché IV, 2; CN ed., Roma 1978, pag. 32].

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