Identita’, Papa e islam

Papa in CoreaRiceviamo e volentieri pubblichiamo:

di Paola Biondi

Contro il diffondersi minaccioso dell’Islam si invocano, a buon diritto, solide politiche internazionali e nazionali, che vanno dal gestire in modo non demagogico il problema dell’immigrazione fino alla presa di posizione della comunità internazionale in zone calde di conflitto e persecuzione delle minoranze, specialmente di quella cristiana.

Su queste politiche però il nostro personale contributo è davvero assai limitato, poiché confinato al momento di dare il voto a politici coscienziosi che abbiano idee chiare in merito e agiscano di conseguenza.

Ma c’è un aspetto più profondo, in cui ciascuno di noi è singolarmente interpellato e che a mio avviso è notevolmente più importante di ogni buona strategia politica per frenare e anche sconfiggere l’avanzata dell’Islam, che risiede nel collaborare a custodire e rinforzare in Europa una chiara e forte IDENTITA’ CRISTIANA, o meglio un’ IDENTITA’ CATTOLICA.

Quello che voglio dire è che ciascuno di noi, nessuno escluso, è coinvolto in prima persona attivamente nel rinsaldare l’identità cattolica della nostra amata Europa, e questo è lo strumento più forte per contrastare efficacemente l’avanzata pericolosa dell’Islam, in tutte le sue modalità. A questo proposito, mi chiedevo stamani sorridendo quanti di noi avrebbero la fede di una santa Chiara d’Assisi, che di fronte al nemico islamico, con una fiducia infinita nella signoria di Gesù Sacramentato, espone la sua unica arma: l’Ostensorio.

Comprendere quanto ciascuno di noi è coinvolto in questa battaglia di difesa e promozione della nostra identità è fondamentale – e non solo riguardo all’Islam ma a tutti i grandi problemi che affliggono la nostra epoca, ideologia Gender inclusa – e la questione dell’identità ci richiama a ritornare all’essenziale della nostra fede che, come ci ricorda in continuazione Papa Francesco, è Gesù Cristo nostro Signore e la sua sequela nella Chiesa.

A questo punto uno potrebbe domandarsi come fa un cristiano cattolico a essere sicuro di essere veramente alla sequela di Cristo e di piacerGli in quello che fa (il che poi significa appunto custodire e promuovere la nostra identità cristiana cattolica). La Chiesa ci ricorda che l’identikit del vero cristiano si fonda su pochi criteri essenziali che devono essere tutti presenti (perché sono collegati fra loro), pena l’integrità della nostra identità:

1) L’amore a Gesù che si riceve nei sacramenti e nella Parola

2) L’amore alla Madonna, Madre di Dio e Madre nostra

3) L’amore alla Santa Chiesa di Dio

Mi soffermo in particolare sul terzo punto, cioè sull’amore alla Santa Chiesa di Dio, che si fonda sul primato di Pietro, cioè sull’unità intorno al Santo Padre e sull’adesione alle sue disposizioni magisteriali, che in materia di fede e di morale sono vincolanti per il nostro credo.. sono cioè, e mi ricollego a quanto dicevo prima sull’importanza dell’identità cattolica, indispensabili per mantenere integra e forte l’identità cattolica in Europa (e chiaramenteovunque).

Papa Francesco nel suo recente viaggio apostolico in Corea ha ricordato ai Vescovi coreani proprio questo: che non c’è dialogo senza identità, senza un’identità cristiana forte e chiara (e lo ha ricordato anche all’Angelus di ieri alludendo ai cristiani annacquati dalla mondanità spirituale che si sono allontanati da Cristo facendosi una fede su misura).

Mentre tutti qui in Europa – e lo dico senza polemica nei confronti di alcuno, ma con molta schiettezza – dai propri salotti imbellettati e dalle proprie postazioni web, si permettevano di esprimere pesanti giudizi e pregiudizi sull’operato di Papa Francesco (come se ne avessimo l’autorità, oltrechè la competenza, la completezza di giudizio e di visione, nonchè una buona dose di santa umiltà), facendo dietrologie assurde sui suoi presunti quanto inesistenti silenzi e senza considerare l’infaticabile e prezioso lavoro che ci sta dietro le quinte – operato dalla diplomazia vaticana – spesso ricordato anche dal Papa stesso… mentre appunto alcuni Kattolici in casa del Papa gli muovevano guerra dall’interno, Francesco dalla Corea del Sud, paese che fonda la sua identità cattolica sul sangue di migliaia di martiri laici cattolici (di cui 124 beatificati proprio in questo viaggio) ha ricordato al mondo, parlando ai Vescovi coreani, la centralità della nostra identità che si fonda su Cristo e sulla fecondità del sangue versato dai martiri; ha denunciato il Relativismo (paragonandolo a mortifere sabbie mobili) sia come sistema di pensiero che come abito di molti cristiani annacquati; ha chiamato i giovani asiatici all’appello dicendo loro di non essere solo il futuro ma anche il presente della nostra Chiesa e dicendo loro di attingere la loro forza dal Cristo Crocifisso per testimoniare sempre la verità del Suo amore; ha pregato di fronte al cimitero delle croci di migliaia di bambini abortiti (e l’aborto è una piaga terribile sostenuta dai regimi comunisti) e ha visitato una sede di bambini handicappati che in Corea non sono considerati persone ridando loro la luce della dignità di figli di Dio che viene loro negata.

Insomma, mentre qui in Europa eravamo tutti persi in faccende inutili se non dannose, il Papa intanto parlava al mondo, parlava alla Chiesa, al cuore di ciascuno di noi, dicendoci come fare a superare ogni crisi -spirituale, morale, politica, internazionale-, fra cui anche quella di contrastare efficacemente il delirio d’onnipotenza dell’Islam.

Tutto questo per dire che il modo migliore per indebolire la sopra citata identità cattolica, che in Europa è indispensabile per far fronte da una parte all’avanzata minacciosa dell’Islam, dall’altra al diffondersi dell’altrettanto pericolosa e devastante ideologia omosessualita, è minare l’unità intorno al Santo Padre e il rispetto della sua persona (è il Vicario di Cristo) oltrechè del suo insegnamento, screditando e deligittimando il Papa non riconoscendogli neppure il primato pietrino; seminare nei cuori di molti il dubbio e finanche la sfiducia nei confronti del Papa e della Chiesa; rasentare continuamente la divisione e lo scisma interno alla Chiesa, perché del resto chi non riconosce il Papa è fuori della Chiesa, senza tanti giri di parole.

Di fronte al bene in gioco e alle sfide che la Chiesa si trova ad affrontare, sarebbe un atto di profonda fede e intelligenza ricredersi e dare fiducia alPapa e alla nostra amata Chiesa. Parlando di meno e pregando di più. Per il Papa innanzitutto.