Il ‘boat people’ o ‘popolo delle barche’ (*)

boat_peopletratto da © L’esperimento comunista, Ed. Ares, Milano 1991, pp. 157-58

di Eugenio Corti

Dopo tanta censura, finalmente se ne parla. Su Il giornale nuovo c’era ieri 3 febbraio una corrispondenza in prima pagina da New York, per segnalare il dramma tuttora in corso delle persone che giorno dopo giorno “continuano a fuggire a bordo di barchette e zattere” dai paesi dell’Indocina occupati dai comunisti, sopratutto dal Viet Nam, “per morire in buona parte nelle acque del Mar della Cina e del golfo del Siam”.

Molto spesso infatti le navi che incontrano queste barche in alto mare si rifiutano di prendere a bordo i profughi, anche se stremati, perché poi nessun paese vuoi saperne di riceverli, e avrebbero quindi enormi difficoltà a sbarcarli.Riferisce il corrispondente: “Oltre che in Thailandia e, in misura minore, il Malesia, alcuni ‘boat people’ sono approdati sulle spiagge dell’Indonesia, di Hong Kong, delle Filippine, della Nuova Guinea, e perfino dell’Australia.

La distanza di questi luoghi dalle coste indocinesi, di centinaia e perfino di migliaia di chilometri, è un indice della vastità della diaspora e dell’entità del genocidio in corso”. Il corrispondente (Mauro Lucentini) afferma che “le autorità americane non sanno quanti siano i ‘boat people’ morti finora in mare, ma a giudicare dal numero dei sopravvissuti, che pure sono una percentuale minima, debbono essere molte migliaia; tra di essi moltissimi bambini, perché normalmente sono intere famiglie quelle che fuggono”.

Il computo di tali perdite (evidentemente sfuggito a quel corrispondente) è stato però fatto in settembre dall’autorevole quotidiano The tirnes di Londra, il quale concludeva con una valutazione intorno ai centomila morti in due anni e mezzo, dal momento cioè della vittoria dei comunisti in Viet Nam (nel maggio ’75), al settembre ’77: il che dà una media di più di cento annegati al giorno, ad ogni giorno che passa. (1)

Diversi di questi profughi sono “ex simpatizzanti comunisti che combatterono contro gli americani, inclusi due membri del parlamento di Hanoi” raccolti, questi ultimi, da una nave giapponese; si tratta comunque nella quasi totalità di povera gente. É mai possibile che i cattolici non possano far niente per loro?

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(*) dai Frammenti (ne L’ordine del 5 febbraio 1978).

(*) dai (ne del 5 febbraio 1978).

(1) Ad oltre quindici anni dal loro inizio nel 1975, se pure diminuite di numero, le fughe non sono ancora cessate. Il professor Le Van Mao (originario vietnamita, e docente alla Concordia University di Montreal) responsabile del canadese ‘Programma di patronato dei rifugiati vietnamiti’, valutava nel giugno 1990 il totale dei profughi periti in mare “ad almeno trecentomila: in media un profugo su tre”) (intervista rilasciata a Luigi Amicone della rivista Trenta giorni).

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