Massoneria e nuove religioni (1)

Relazione presentata al Convegno

«Massoneria, cattolici e cultura: che dire,

Barza d’Ispra (Varese), 13 – 14 marzo 1999

massoneria_religione

di Andrea Menegotto

E’ ormai da vari anni che della massoneria si parla nelle cronache politiche e giudiziarie, ma non sempre è chiaro di cosa esattamente sia stia discutendo. Tuttavia, il tema è urgente ed importante da affrontare e lo dimostrano i numerosi Documenti del Magistero cattolico: a partire 1738 in totale i pronunciamenti magisteriali sulla massoneria sono 586.

Oltretutto, in questo caso, bisogna sottolineare la tempestività dell’intervento magisteriale: infatti se il primo documento – la Lettera apostolica In eminenti di papa Clemente XII – risale al 28 aprile 1738, la data di nascita della moderna massoneria è fissata dagli storici nel 1717, anno in cui le quattro logge londinesi si riuniscono nella Gran Loggia di Londra, mentre nel 1723 la massoneria riceve le sue «Costituzioni» dal pastore presbiteriano James Anderson.Il tema che mi propongo di affrontare reca in sé indubbiamente un certo grado di difficoltà.

Definire infatti le relazioni che intercorrono fra massoneria e nuove religioni richiede che si definisca preliminarmente il rapporto più generale fra massoneria e religione. E’ ciò che cercheremo di fare in prima battuta, per addentrarci – in seguito – in maniera più precisa nell’indagine relativa alle possibili e più o meno dirette relazioni storiche, sociologiche, culturali, rituali o dottrinali che intercorrono fra la massoneria e il vasto, articolato e multiforme fenomeno della nuova religiosità.

1. Massoneria e religione

Se da un lato la massoneria – sarebbe meglio dire le massonerie, giacché esistono diverse obbedienze massoniche non sempre concordi tra loro – insiste nel non voler essere considerata una religione, dall’altro, le origini «mitiche» o esoteriche della massoneria fanno riferimento ad un «nucleo segreto» che sta dietro tutte le religioni e le unifica e che sarebbe stato noto fin dal Medioevo alla leggendaria e mai esistita confraternita dei Rosacroce.

Alla ricerca di questi si mossero già dagli ultimi anni del Cinquecento, per tutto il Seicento e poi nel Settecento nobili e borghesi appassionati di esoterismo, i quali, pur non essendo né muratori né architetti riuscirono a farsi ricevere nelle logge. Costoro erano i massoni «accettati», meglio definiti dal Settecento come massoni «speculativi» per distinguerli da coloro che si introducevano nelle logge per semplici ragioni sociali o di curiosità.

La lenta trasformazione della massoneria da «operativa» a «speculativa» costituisce il passaggio chiave per la nascita della massoneria moderna, la quale – dunque – vede le sue origini strettamente legate al tema tipicamente esoterico di una «unità segreta» che si cela dietro alle diverse religioni e le unifica.

In base alle vecchie leggende relative alla nascita della corporazione dei liberi muratori, in seguito completate con temi esoterici portati nelle logge dagli «accettati» e poi elaborati all’interno delle stesse, la nascita della massoneria si potrebbe collocare ai tempi del Diluvio o della costruzione del Tempio di Salomone.

La leggenda dei Rosacroce, creata con altri dal pastore luterano tedesco Johann Valentin Andreáe (1586-1654), intendeva sostanzialmente proporre – assieme ad un programma politico di coalizione fra tutte le forze protestanti e «illuminate» europee contro la Chiesa cattolica, il Papato e gli Asburgo – il tema relativista della unità fra i nuclei segreti delle religioni nella versione esoterica [1]. Su questo punto avremo modo di tornare per fare qualche rilievo più avanti, ora è opportuno notare che questa realtà, che dal punto di vista esoterico propone un’unità sottostante a tutte le religioni, in realtà insiste sul fatto che non vuole essere considerata una religione.

1. Già le Costituzioni di James Anderson (pubblicate nel 1723) escludono dagli argomenti di cui si può parlare in loggia le «discussioni di religione, di nazione o di politica», mentre mantengono come unici riferimenti precisi quelli alla «legge morale» e alla «religione su cui tutti gli uomini sono d’accordo». Al contempo, però, escludono che il massone sia un «ateo stupido» o un «libertino irreligioso».

2. Nelle Costituzioni della Gran Loggia Unita (1815) il deismo di Anderson diventa un teismo personale, infatti si parla del dovere di credere in un «glorioso architetto del cielo e della terra… qualunque sia la religione di un uomo e il suo modo di adorare».

3. Più recentemente, in un articolo dal titolo «Massoneria e religioni», apparso sul sito Internet della Gran Loggia d’Italia [2] leggiamo: «Possiamo affermare in modo netto che la Massoneria NON è una religione… Infatti la Massoneria, per lo spirito di libertà che la anima, rifiuta il dogma come fondamento, che sia o meno rivelato, e di conseguenza l’indottrinamento e l’imposizione del culto, sotto qualsiasi forma, che da esso derivi; in sostanza l’aspetto confessionale delle dottrine religiose. Ma, sempre in rispetto della libertà altrui, lascia che i suoi membri pratichino la religione che essi preferiscono, o che non ne seguano alcuna, se questo è loro desiderio. Tuttavia i Liberi Muratori si riuniscono in nome del Grande Architetto dell’Universo che non è una divinità specifica ma un simbolo nel quale ciascuno ravvisa un significato sacro o un valore diversi ma dal quale comunque deriva un’Idea di perfezione e di armonia a cui essi tendono unitariamente».

Il testo poi, affermando che la massoneria è una «Istituzione» prosegue: «… ancorchè ricca di tradizioni esoteriche e spirituali, non può entrare nel campo della Fede religiosa, che è propria della singola persona» e, infine, ponendo l’accento sulla componente razionalistica, conclude: «… parlare di religione, anche se materialista, è pur sempre una limitante: il termine stesso di “religione” significa qualcosa che lega stabilmente. Invece ogni forma di limitazione del pensiero, anche minima, è contraria alla Libera Muratoria la cui universalità riposa nella totale ed assoluta libertà dei suoi membri, libertà limitata solo dalla libertà altrui».

4. L’ex-Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia [3]. Armando Corona, ha invece dichiarato che «.. il fondamentale principio massonico» è quello secondo cui «non esiste una religione per arrivare alla Salvezza», mentre «la Chiesa cattolica ha i dogmi e considera la propria l’unica vera religione» [4].

5. Infine – ma sarebbero molte altre le citazioni possibili -, un dirigente del Grande Oriente di Francia che aveva partecipato a un dialogo con i cattolici – Alain Gérar – afferma che «la massoneria del Grande Oriente di Francia non è né una religione né una filosofia, ma soltanto un metodo»[5].

Dunque, la massoneria – come emerge dai suoi documenti di fondazione anglosassoni e in seguito dalla sua storia – non è una dottrina, ma piuttosto un metodo di tipo relativista, il quale consiste nell’affrontare i problemi con la discussione comune e nel risolverli secondo quanto sembra giusto alla maggioranza dei «fratelli». Tutto può essere messo in discussione, tranne il metodo stesso. Se qualche massone proponesse l’unicità di una verità, di una religione o di una via si porrebbe automaticamente fuori dal metodo massonico.

Il massone può avere delle idee proprie e delle convinzioni personali, ma deve essere disposto a metterle in discussione, accettando il verdetto che emergerà dalla stessa. Se non può essere messa in discussione l’esistenza di Dio [6] è pur vero che Dio può essere concepito in una molteplice varietà di modi, anche lontani da come Lo concepiscono le religioni tradizionali.

La massoneria, dunque, facendo perno sul suo metodo, sul concetto di derivazione esoterica di un’unità sottostante tutte le religioni e sul razionalismo, sottolineando gli aspetti di libera ricerca razionale della verità e di discussione democratica in loggia, svincola se stessa dall’essere una religione e si afferma invece, per le sue peculiari caratteristiche, come una categoria a parte. Una categoria che ci permette appunto di definire la massoneria come un’organizzazione priva di una specifica dottrina, ma caratterizzata da un metodo di tipo relativista.

2. Dalla modernità alla post-modernità: pluralismo dottrinale e relativismo

Non essendo la massoneria una religione è lecito chiedersi perché la stessa sia spesso – come d’altra parte avviene in questo contributo – fatta oggetto di studio e indagine da parte di chi si occupa in generale di scienze religiose ed in maniera specifica del fenomeni della nuova religiosità. A tale questione si può dare una risposta adeguata orientandosi verso la comprensione della massoneria e del suo metodo letti in relazione alle esigenze storiche, sociologiche e culturali che ne hanno in qualche modo favorito la nascita.

Ma da subito si può notare – dovendo comunque riservare un discorso a parte per le «massonerie di frangia» di ispirazione occultista – che l’esperienza proposta dalle varie obbedienze massoniche si rivolge comunque alla sfera spirituale e morale dell’uomo e dunque ha in sé, seppur latu sensu, un’accezione in qualche modo «religiosa».

Dal punto di vista storico, sociologico e culturale, la massoneria si presenta come una risposta al pluralismo ideologico moderno, che propone come chiave di comprensione dello stesso il relativismo, cioè l’idea per cui non esiste alcuna verità religiosa o essa è soltanto relativa e in fondo tutte le religioni sono uguali. Il relativismo è una prospettiva largamente maggioritaria in un Occidente secolarizzato dove il beliving without belonging (il «credere senza appartenere») o il «credo, a modo mio» sono ampiamente caratterizzanti la religiosità del cosiddetto «uomo della strada».

A titolo esemplificativo, per limitarci all’Italia, ricordiamo che se nel nostro paese un terzo degli italiani sono cattolici praticanti, ben il 60% ha ormai adottato il relativismo come sua «religione»; dunque, non a torto, si può parlare del relativismo come della «nuova religione degli italiani». La relazione fra la massoneria e il relativismo è una relazione diretta, infatti – come abbiamo già accennato – il metodo massonico è espressamente relativistico, ma anche perché la massoneria appare dal punto di vista storico e culturale come uno degli esiti e delle risposte al processo di frammentazione dottrinale che caratterizza il mondo moderno.

Se infatti consideriamo il processo storico che ha condotto dal Medioevo all’epoca moderna e poi post-moderna, notiamo che dall’unità iniziale, passando per l’Umanesimo e poi la Riforma protestante, in seguito per l’illuminismo e – più recentemente – per le varie «ideologie», subentra nell’orizzonte culturale europeo un processo di frammentazione delle credenze che è felicemente descritto da un autore russo contemporaneo, Aleksàndr Isaevic’ Solz’enicyn, con l’espressione «mondo in frantumi» [7].

Questa espressione è davvero ricca di significato, in quanto non fa semplicemente riferimento al risultato di un processo storico, ma allude ad una originaria omogeneità e unità che storicamente è individuabile nella Societas christiana» medioevale che ha la sua epifania nel Sacro Romano Impero, sorto dalle ceneri dell’Impero romano, dalla convergenza dell’elemento barbarico e dall’opera di coesione e di cristianizzazione attuata dalla Chiesa [8] (grazie soprattutto all’apporto del monachesimo).

L’unità perduta è dunque rappresentata dall’Occidente cristiano medioevale, dove la Chiesa Romana era la guida della vita sociale, culturale, politica e – ovviamente – religiosa e dove gli elementi «altri», e cioè le comunità ebraiche, musulmane e i vari gruppi ereticali, erano considerati estranei e non parti integranti della società.

Secondo lo storico tedesco R. Stadelmann la cerniera fra l’età medioevale e quella moderna è rappresentata dalla figura di Martin Lutero, il quale aveva soprattutto l’intenzione di reagire contro l’Umanesimo di Erasmo da Rotterdam (1466 o 1469-1536). Il Medioevo, dunque, si concluderebbe con la Riforma protestante all’inizio del XVI secolo [9].

Se dal punto di vista storiografico la tesi di Stadelmann – rispetto ad altre teorie di storici che hanno considerato il periodo medioevale da prospettive differenti – pare retrodatare la fine del Medioevo, e pur considerando il fatto che l’ideale di un impero sacro e romano cade già nel ’300 – periodo in cui nasce l’idea e l’organizzazione degli «Stati moderni» -, è interessante – almeno simbolicamente – la coincidenza fra la fine del Medioevo pensata dallo storico tedesco e l’inizio del processo di secolarizzazione e frammentazione che prende il via dalla spinta prima dell’Umanesimo e poi della Riforma, che di fatto conduce alla perdita dell’unità e nell’omogeneità realizzatesi nella «Societas christiana» medioevale [10], fino a condurre all’attuale «mondo in frantumi».

Effettivamente, a ben guardare, lo stesso padre della «Riforma storica» o «classica» [11] ha favorito il proliferare di un grandissimo numero di denominazioni e, grazie alla sua forte critica al principio di autorità nella Chiesa, aprendo ad una pluralità di interpretazioni soggettive dell’unico messaggio cristiano, ha dato il via alla presenza in Europa e poi nel Nuovo Continente di gruppi religiosi diversi, latori di idee fra loro inconciliabili.

Dalla Riforma in poi, questa situazione di pluralismo si è accresciuta: i protestanti si sono frammentati sempre più in gruppi rivali (nell’anno 1700, negli Stati Uniti e in Inghilterra erano presenti circa mille denominazioni cristiane), ma anche le scoperte geografiche hanno reso evidente al pubblico colto l’esistenza di religioni diverse. Con l’illuminismo, poi, diventano significativi anche il razionalismo e la miscredenza e, grazie soprattutto al movimento orientalista sorto all’epoca della Rivoluzione francese, si è incominciato a guardare anche alle religioni non cristiane.

Il mondo rivoluzionario, giacobino e anti-cattolico, è dunque il luogo in cui si nota l’affermazione di una pluralità di proposte alternative comprendente i culti razionalisti, le correnti di carattere profetico-avventista, lo spiritismo – che si afferma in questo periodo in particolare con Franz Anton Mesmer (1734-1815), il fondatore della teoria del «magnetismo animale» -, il già ricordato movimento orientalista, l’occultismo e la magia.

In questo contesto, non bisogna poi dimenticare il fatto che la massoneria esercitò una influenza sulla stessa Rivoluzione, soprattutto ponendo l’accento sul deismo, cioè sulla credenza tipica di una religione razionale che nega la validità della Rivelazione storica, ma che ammette l’esistenza di Dio come garante dell’ordine naturale.

Oggi, nell’epoca post-moderna – che segue il crollo delle grandi ideologie che avevano caratterizzato l’epoca moderna -, la disomogeneità culturale frutto del pluralismo dottrinale (i cui presupposti si trovano in quel processo a cui abbiamo accennato), è tuttora presente e si esprime in interiore homini, cioè nel cuore dell’uomo disorientato da una pluralità di proposte rivali, contraddittorie e concorrenti.

Se – come accennato – nel 1700 erano presenti negli Stati Uniti circa mille denominazioni cristiane, oggi si contano addirittura 10.000 denominazioni religiose. Nel mondo si calcolano circa 20.000 nuove religioni a cui possono essere sommate circa 30.000 confessioni che si dichiarano cristiane. In Italia si può parlare invece di 800 nuove religioni.

Ma le nuove religioni, fatta eccezione per il New Age che è una realtà del tutto particolare tanto da non poter neppure essere definita come movimento, rappresentano ancora un fenomeno contenuto dal punto di vista dell’appartenenza: infatti per quanto riguarda i nuovi movimenti religiosi [12] statistiche attendibili parlano di una percentuale massima dell’1% di aderenti nei Paesi europei – Italia compresa -, mentre per i nuovi movimenti magici [13] si può parlare dello 0,5%.

Impressiona invece notevolmente la grande diffusione delle nuove credenze, che costituiscono l’ambito della nuova religiosità propriamente detta. Essa, oltre al relativismo, comprende credenze come la reincarnazione, l’efficacia delle pratiche occulte, dei maghi a pagamento, lo spiritismo e una grande serie di altri atteggiamenti, spesso tratti dalle tradizioni filosofiche e religiose orientali, che si riscontrano in persone che non hanno la minima intenzione di aderire ai nuovi movimenti religiosi o magici.

Queste spesso sono cattolici anche praticanti, i quali abbracciano idee estranee, contrarie o incompatibili con la Fede della Chiesa, le quali spesso – come «cavalli di Troia» che sotto un’apparenza pacifica celano pericoli nascosti – si insinuano negli ambienti ecclesiali grazie anche all’influenza di alcuni gruppi. Le nuove credenze quantitativamente rappresentano un fenomeno decisamente significativo, in quanto coinvolgono da un quinto a un quarto della popolazione italiana.

3. Le risposte al pluralismo dottrinale moderno e post-moderno

Per l’uomo post-moderno nostro contemporaneo, dunque, la realtà non è altro che «un fascio di infinite, possibili interpretazioni» [14]. Questo odierno relativismo è spesso presentato come una novità assoluta, ma in realtà esso rappresenta – come abbiamo avuto modo di mettere in luce – una versione aggiornata e più estrema di quello già di fatto introdotto dalla modernità.

La «società complessa» propone messaggi fra loro contraddittori non su punti secondari, ma su valori fondamentali, seppur singolarmente caratterizzati da pretese di autorevolezza. Una tale società, disomogenea nella sua complessità, indubbiamente ha creato in epoca moderna, e crea tuttora, situazioni di forte disagio sociale all’uomo bersagliato da una enorme pluralità di messaggi discordi. Nella storia religiosa dell’Occidente moderno e poi post-moderno (fino a giungere ad oggi) si notano tre tipi diversi di risposte al problema del pluralismo dottrinale.

1. La prima risposta che possiamo considerare è quella della Riforma Cattolica (detta impropriamente «Controriforma»). La Chiesa cattolica, intuendo che si era imboccata la via verso un itinerario di degrado, tentò di riconquistare l’omogeneità perduta attraverso la restaurazione del principio di riferimento alla Chiesa cattolica, alla sua dottrina e gerarchia [15]. In seguito, anche il movimento ecumenico sorto dai principi enunciati dal Concilio Vaticano II (1962-65) [16] può essere inteso come uno degli sforzi della Chiesa cattolica allo scopo di restaurare l’unità perduta.

2. Un’altra è quella di chi tenta una fuga dal pluralismo rifugiandosi in «isole protette» dove il pluralismo viene negato, in quanto la pluralità dei messaggi contraddittori viene ricondotta all’ascolto selettivo di un’unica «verità». Gli individui sono separati fisicamente o almeno psicologicamente dalla società e vengono ridotti i contatti (almeno intellettuali) con il mondo esterno.

E’ questo il caso, ad esempio, dei Testimoni di Geova, per cui la «separatezza» viene acquisita come atteggiamento psicologico attraverso un’opera di educazione. Essi rimangono all’interno della società, ma si considerano individui «separati», il loro tempo libero è interamente dedicato al gruppo ed alla attività di proselitismo che mirano a «separare» altri individui dalla società, per condurli alla salvezza [17].

3. Infine, l’ultimo atteggiamento è quello di chi, di fronte al disagio della società complessa, anziché rifiutare, accetta acriticamente e in blocco tale società e le sue proposte varie e contraddittorie – che sarebbero tutte, anche se solo relativamente, «vere» – , incarnando una forte tendenza di carattere sincretista e relativista. Si sviluppano in tal modo alcuni gruppi unificazionisti, come la Chiesa dell’Unificazione fondata dal coreano reverendo Sun Myung Moon [18] o realtà e movimenti che – come il New Age – , risvegliando il sincretismo come categoria culturale e spirituale, lo applicano a tutti gli ambiti del reale: rapporto con il sacro, spiritualità, religioni, cultura e scienza.

Le realtà che accettano e promuovono il sincretismo e il relativismo affermano che la contraddizione insita nei messaggi che caratterizzano la società complessa è solo apparente e dovuta ad equivoci, che possono e devono essere superati. Dal momento che il piano logico non permette di superare tali contraddizioni – ad esempio, l’idea di reincarnazione e quella cristiana di risurrezione, non possono in ogni caso essere conciliate -, si ricorre ad un piano diverso.

Non si persegue lo sforzo di realizzare «unità» nella contraddizione attorno ad un dottrina, ma piuttosto ad un insieme di simboli oppure ad un maestro o guru, ritenuto in grado di fare unità non tanto con il suo discorso, ma con la sua persona che riassume e supera in sé le contraddizioni. Significativa in tal senso è la figura del guru indiano Sai Baba [19]. Dalle forme di semplice sincretismo si distingue la tesi che afferma l’esistenza di due livelli della realtà: le contraddizioni tipiche della società complessa appaiono reali solo al primo livello esterno e superficiale, mentre chi riesce ad approdare al secondo livello scopre un mondo non più contraddittorio.

Questa tesi rappresenta una riproposta dello stile di pensiero esoterico classico – o, meglio, di una caratteristica che gli studiosi [20] ci dicono essere presente come elemento secondario in alcune forme di esoterismo – e propone, ovviamente secondo innumerevoli varianti, l’idea per cui l’«iniziato» è capace di passare da un livello «esterno» (essoterico) in cui vivono tutti gli uomini ad un livello più profondo (esoterico), a cui giunge solo chi detiene un sapere occulto riservato a pochi. Le singole tradizioni religiose – secondo questa tesi – vengono presentate solamente nel loro aspetto essoterico, ma l’«iniziato» potrà coglierne il «nucleo esoterico» e segreto che sarebbe presente in tutte le religioni e che garantirebbe un’omogeneità che superi le contraddizioni evidenti.

4. La risposta massonica

Fra i tentativi di rispondere al pluralismo della società complessa vi è anche la risposta massonica, che mirava alla instaurazione di una norma di comportamento che vietava di trattare in loggia questioni di religione e politica e perciò scansava i problemi su cui si poteva divergere. Al contempo, in maniera più parallela che alternativa, proponeva una diversa riconquista dell’omogeneità, ottenuta per via iniziatica, secondo il concetto che passerà nel ventesimo secolo come l’idea di una «unità trascendente delle religioni» [21].

Quando la massoneria moderna nasce sotto due spinte contrastanti, da una parte l’auspicio del razionalismo, dall’altra l’anelito preromantico al mistero che affonda le sue radici nella tradizione esoterica, essa raggruppa tanti protestanti che la pensano diversamente; così dal suo sorgere si presenta come un potente motore di relativismo, che ha una grande espressione nello stesso metodo massonico.

L’itinerario che abbiamo compiuto e che ci ha aiutato a comprendere le cause storiche, sociologiche e culturali che hanno dato vita alla massoneria, ha già permesso di mettere in luce il rapporto più importante relativo al tema che ci siamo proposti: il relativismo è infatti il terreno da cui traggono origine i vari fenomeni della nuova religiosità ed è il concime che li alimenta. Abbiamo notato che il relativismo e il pluralismo dottrinale non solo stanno a fondamento della massoneria, ma – in particolare nel suo metodo – la stessa si presenta ormai da secoli come un potente organizzatore sociale per milioni di persone nel mondo anglosassone e per élites sociologicamente significative nel mondo latino.

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