Sant’Agostino

AgostinoLa vita, le opere, il pensiero e un articolo tratto da: Il Timone
n. 5 Gennaio/Febbraio 2000

Agostino il santo della Grazia

di Maurizio Schoepflin

Vita

Nato a Tagaste (oggi Souk-Ahras) nel 354/430 è segnato dalla inquieta, appassionata ricerca della verità. Di madre cristiana, Monica, e di padre pagano, Agostino abbandonò, già adolescente, la fede materna e passò attraverso molteplici esperienze prima di riapprodarvi di nuovo, più consapevole. Centrale nella sua odissea esistenziale-intellettuale fu il problema del male, che egli affrontò legando inscidibilmente riflessione filosofica ed esperienza di vita. A tale problema sperimentò la risposta inadeguata del manicheismo, e poi quella, comunque insufficiente, del neoplatonismo, per giungere alla convinzione che solo il Cristianesimo è adeguato a rispondervi; nella sua conversione parte notevole ebbe S.Ambrogio, che Agostino conobbe a Milano (384/387). Convertitosi, divenne vescovo di Ippona, e come tale condusse una fecondissima attività di scrittore e polemista, in difesa della verità finalmente incontrata.

Opere

Confessiones

Contra academicos
Contra Faustum manichaeum
De civitate Dei (413/26)
De doctrina christiana (397)
De gratia et libero arbitrio (388/95)
De libero arbitrio
De magistro
De natura et gratia
De spiritu et littera
De vera religione
De vita beata

pensiero

Lo spirito di Agostino è così riassumibile:

1. un vivo senso della drammaticita’ dell’esistenza umana, della possibiita’ che l’uomo non giunga al suo compimento, che d’altra parte non puo’ non desiderare con tutto il suo cuore (inquietum est cor nostrum): il male insidia l’uomo, corrodenone la vita. Per cui la filosofia non e’ oziosa riflessione accademica, ma vivente impegno con questo dramma: deve servire a rispondere alle domande dell’uomo concreto, non a astratte curiosità. Il dramma dell’io umano è quello di:
 desiderare la perfetta felicità  trovando solo limitati e temporanei appagamenti
 trovare la piena verità, stabilmente e definitivamente posseduta  trovando solo incertezza, opinioni che si è costretti a cambiare così spesso
desiderare di compiere fino in fondo il bene trovandosi così spesso prclivi al male
desiderare la pace  trovando solo inquietudine

l’uomo non supera con le sue forze questo circolo vizioso (di non poter non desiderare quello che poi non può ottenere): in polemica contro Pelagio, egli sostiene che solo la grazia di Cristo ci salva. è Cristo che consente alla conoscenza umana di raggiungere uno stato di certezza e di stabile verità (come Maestro interiore, mediante l’illuminazione)

il superamento del dubbio scettico che l’uomo non fluttui nell’incertezza, nell’assenza di riferimenti veritativi assoluti lo si può capire anche “dal basso”, con una riflessione filosofica che fa appello ad evidenza naturali (anteriori alla fede); infatti, dice Agostino nel Contra Academicos, se anche dovessimo dubitare di tutte le verità che si riferiscono al mondo esterno, se anche dubitassimo di tutto, almeno dell’atto del dubitare, almeno dell’esistenza di me, soggetto, che dubito non potrei dubitare. So almeno questo, che io esisto. Ma sapere che esisto aggiunge una seconda certezza, quella appunto che, oltre che esistente, io sono conoscente. E infine io, esistente e conoscente posso scegliere che cosa pensare o fare, dunque sono anche volente.

Esse, nosse, velle (esistere, conoscere, volere) sono dunque le prime tre certezze, che segnano il superamento del dubbio. E’ dunque il soggetto, l’io, nella sua realtà ontologica, il dato di certezza primo, e nelle prime tre certezze di cui è fatto l’io si rispecchia lo stesso Mistero trinitario (il Padre, Origine dell’essere, il Figlio, Verbo del Padre, e lo Spirito, Amore infinito).

l’illuminazione basandosi sulle sue forze conoscitive naturali, l’uomo non andrebbe molto lontano: gli manca un “centro di gravità permanente” che gli consenta di giudicare in modo stabile e adeguato la realtà che è oggetto della sua esperienza. Mutevole è tale realtà, e instabile, come mutevole e instabile è la stessa anima umana, lo stesso io e la sua mente, che deve continuamente ricredersi sulle cose, cambiando opinione con facilità, e restando preda di un turbine di ipotesi piuttosto che camminando con pacificata sicurezza sulla via maestra di una verità assoluta. Tale è la condizione dell’uomo, finché non sia appunto aiutato da qualcosa di superiore: Colui che vede tutto con perfetta e stabile chiarezza, Cristo, partecipa alla mente umana un po’ di tale chiarezza, rendendo possibile giudicare in modo nitido e sicuro.

E’ Cristo che consente alla affettività umana di sottrarsi alla grettezza di un amor sui come misura ultima di tutto, e di tuffarsi nella buona avventura dell’amor Dei, che supera l’amore egoistico a sè, pur essendo l’unico a fare il proprio vero bene la sua grazia, ricevuta dal nostro libero arbitrio, lievita la nostra natura, decaduta in seguito al peccato originale, e ci rende capaci di bene, superando appunto il male (come progetto sulla vita), che tanto aveva angosciato Agostino prima della conversione; è Cristo che dà senso al tempo, permettendogli di essere non più dispersa molteplicità, sciame informe di vuote apparenza, ma sensata unità raccolta nella attesa della eternità beata.

Quella del tempo è un dimensione molto sentita da S.Agostino: tutto è instabile, provvisorio; questa vita non dà tregua, non si può mai in essa riposarsi definitivamente. Da un lato il tempo è contrassegno della finitudine dello uomo, disperso e disgregato nelle molteplicità degli instanti, che si susseguono inesorabilmente. Per cui esso è indizio della drammaticità della vita, di un suo non-autopossesso: per la INCONSITENZA del tempo: il passato NON E’ più, il futuro NON E’ ancora, il presente stesso NON E’ CHE un attimo inafferrabile, senza spessore, sfuggente. D’altro lato la coscienza del tempo indica una elevazione dell’uomo sopra la molteplicità dispersa degli istanti; sintetizzando il molteplice egli si avvicina all’eterno presente di Dio: il tempo è distensio animi, l’animo si dilata ad abbracciare l’estensione altrimenti desolatamente disgregata della successione temporale (in te, anime meus, tempora metior). per brani relativi al tempo:

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Il Timone – n. 5 Gennaio/Febbraio 2000

Agostino il santo della Grazia

di Maurizio Schoepflin

Sant’Agostino (354-430) è stato uno dei massimi protagonisti della storia della cultura occidentale: la sua testimonianza di uomo e di pensatore ha lasciato una traccia feconda e indelebile non soltanto nella tradizione cristiana, della quale è uno dei più straordinari maestri, ma nell’intera civiltà dell’Occidente. Numerosi sono i motivi del filosofare agostiniano che hanno rivestito eccezionale importanza nella storia del pensiero: molti di questi conservano una suggestiva attualità e su alcuni di essi soffermeremo la nostra attenzione, ben sapendo che il patrimonio di sapienza lasciatoci dal santo dottore africano è pressochè inesauribile.

Con un’intensità riscontrabile in pochi altri casi, in Agostino la dimensione esistenziale e quella affettiva si intrecciano inestricabilmente con quella religiosa e con quella filosofica: fede e ragione, ricerca della verità e conquista di essa, invocazione e riflessione, lettura e dialogo, scrittura polemica e preghiera appassionata, amore e amicizia, spirito e carne si incontrano e si scontrano nella vita di Agostino, entrano in conflitto, si compenetrano, si attraggono, si respingono, fino a trovare una sintesi suprema nella pace interiore raggiunta da chi, come insegna san Paolo, ha combattuto e portato a termine la buona battaglia del Vangelo.

La fede a cui Agostino approdo, dopo anni di errori e di sofferenze e in seguito ad una straordinaria conversione, fece tutt’uno con la sua vita, e non casualmente lo scritto suo più celebre e coinvolgente sono le Confessioni, documento palpitante di un’esistenza caratterizzata da una profonda ansia di ricerca e coronata dall’approdo appagante alla Verità.

Per Agostino l’uomo porta nel cuore un’inquietudine che lo spinge verso Dio: guardandosi dentro (ad Agostino si deve la scoperta della realtà e del valore dell’interiorità), ognuno si rende conto che è Dio ad averlo creato e che soltanto tornando a Lui potrà trovare la propria realizzazione più autentica. In questo cammino, un aiuto importante può venire dalla filosofia, perchè – rammenta Agostino – è necessario capire per credere e credere per capire: sarà comunque la fede a illuminare definitivamente l’uomo e a dargli le risposte alle quali il suo cuore anela.

A questo riguardo, e interessante ricordare la grande importanza riconosciuta alla preghiera da parte di Agostino, che non esitò ad attribuire alla costante appassionata orazione della madre Monica (venerata dalla Chiesa come Santa) il suo ritorno sulla retta via della fede: pregare significa rendersi conto che la sapienza umana è insufficiente per ottenere la salvezza e la beatitudine derivanti dall’incontro con il Signore. Sulla via di questo incontro, l’uomo trova un grave ostacolo: è il peccato, di cui Agostino sottolineo con chiarezza la drammatica e distruttiva presenza nella vita e nella storia degli uomini; è il peccato – ci dice il Santo Vescovo di Ippona – non è vincibile senza l’intervento di Dio che ci dona la Grazia.

Con le sue sole forze, l’uomo non potrà mai salvarsi: su ciò Agostino rimase sempre assolutamente fermo, convinto che soltanto la Croce di Cristo e il suo sacrificio salvifico hanno riaperto all’uomo le porte del Cielo. Seguendo questa linea di riflessione, si comprende perchè Agostino abbia sostenuto che la Grazia divina non cancella la libertà umana, bensì la valorizza appieno: infatti, soltanto in virtù della Grazia di Dio l’uomo può perseverare nel bene e non usare male il libero arbitrio, il quale, a causa del peccato originale, è costantemente insidiato dall’errore.

Dunque, la vera libertà, la libertà in senso pieno, è quella che, potenziata dall’intervento salvifico divino, sceglie il bene e lo compie, innalzando l’uomo verso il suo destino soprannaturale e allontanandolo dal peccato in cui la debolezza della sua volontà rischia continuamente di farlo cadere. In sintesi: la Grazia ci rende capaci di amore, dell’amore autentico, che è la carità evangelica.

In ultima analisi, dunque, per Agostino la ricerca di Dio e il cammino verso di Lui diventano una questione di amore. Vera sintesi di libertà e grazia, l’amore si presenta pertanto come il movente del nostro ricongiungimento con Dio: si tratta dell’amore rettamente inteso e finalizzato all’obbedienza ai precetti evangelici, non certo dell’amore falso e sregolato – sperimentato da Agostino prima della conversione – che spinge l’uomo verso l’eccessivo attaccamento alle creature e alle realtà terrene, distogliendolo dall’autentica carità che riconosce in Dio il suo sommo oggetto.

Tra i valori che più si avvicinano all’amore, e che da esso traggono linfa vitale, vi è l’amicizia: Agostino visse in modo particolarmente appassionato il sentimento dell’amicizia e la sua vita ne fu sempre segnata, anche se soltanto dopo la conversione egli ne comprese appieno il significato, quando la forza redentrice di Dio elevò pure quel sentimento, rendendo autenticamente saldi i rapporti amicali.

Per Agostino, dunque, anche le relazioni umane traggono senso e sapore dalla fede in Dio e il ritrovamento del Padre diventa, nel medesimo tempo, ritrovamento dei fratelli. Egli ha, per così dire, chiuso il cerchio: l’ansia di Dio lo ha ricondotto fra le braccia del suo Signore; ora sa qual è il senso della vita e allarga il suo sguardo fino a comprendere gli altri nell’amore e, attraverso l’amore, pregusta il premio eterno che lo attende in Paradiso.

Bibliografia

E. Gilson, Introduzione allo studio di Sant’Agostino, Marietti, Casale Monferrato 1983.

Trapè, Introduzione, in Sant’Agostino, Le Confessioni, Città Nuova, Roma 1975.
M. Schoepflin [a cura di], II “De Magistro” di Sant’Agostino e il tema dell’educazione nel cristianesimo antico, Paravia, Torino 1994.