Emergenza omo

contraccezioneIl Timone n.126 settembre-ottobre 2013

II tentativo di introdurre l’ideologia di genere per legge rappresenta il punto finale di una rivoluzione antropologica iniziata molti anni fa con la contraccezione. E poi proseguita con divorzio, aborto e fecondazione artificiale

Riccardo Cascioli

Maschio e femmina come realtà della creazione, come natura della persona umana non esistono più. L’uomo contesta la propria natura. (…) Esiste ormai solo l’uomo in astratto, che poi sceglie per sé autonomamente qualcosa come sua natura. (…) Dove la libertà del fare diventa libertà di farsi da sé, si giunge necessariamente a negare il Creatore stesso e con ciò, infine, anche l’uomo quale creatura di Dio, quale immagine di Dio viene avvilito nell’essenza del suo essere».

Papa Benedetto XVI lo aveva spiegato molto bene nel discorso in occasione degli auguri natalizi alla Curia Romana lo scorso 21 dicembre.L’ideologia del genere, fonte di quell’assurdo giuridico-culturale che è il concetto di omofobia, è l’attacco decisivo alla Creazione, al progetto di Dio.

In qualche modo Giovanni Paolo II lo aveva già preannunciato nel 1997 quando all’Incontro mondiale delle famiglie a Rio de Janeiro aveva chiaramente detto che la battaglia del Terzo millennio sarà intorno all’uomo, perché Satana, non potendo colpire direttamente Dio, attacca il vertice della Creazione. Che il senso della battaglia politica sulla legge anti-omofobia sia proprio questo lo ha confermato il dibattito nell’Aula della Camera dei deputati lo scorso 5 agosto.

È lì apparso chiaro che dietro le tante parole sulle presunte violenze e discriminazioni contro le persone omosessuali, il vero obiettivo è che venga riconosciuta l’omosessualità come natura, o come una delle tante possibili opzioni esistenti in natura.

È lo stesso motivo per cui è stata scelta la strada dell’estensione della Legge Mancino-Reale – che punisce il razzismo – per introdurre il reato di omofobia. Parificando l’omofobia al razzismo si pone l’omosessualità sullo stesso piano di un dato di natura (la razza). È il pericolo che avvertiva già nel 1992 la Congregazione per la Dottrina della Fede, con il documento “Alcune considerazioni concernenti la risposta a proposte dì legge sulla non discriminazione delle persone omosessuali”: «La “tendenza sessuale” non costituisce una qualità paragonabile alla razza, all’origine etnica, ecc. rispetto alla non discriminazione. Diversamente da queste, la tendenza omosessuale è un disordine oggettivo e richiama una preoccupazione morale».

Quello che sta avvenendo oggi in Italia – ma che è già avvenuto in altri paesi – è dunque l’atto decisivo di una guerra all’uomo e a Dio scatenata dalle forze del Male. Ma non è certo un attacco che nasce oggi, e nemmeno ieri. Come qualsiasi guerra, ci sono diverse tappe e diverse battaglie prima di arrivare allo scontro finale, decisivo. In questa negazione dell’uomo, in questo rinnegare se stesso e la propria natura e perciò sovvertire l’ordine della Creazione, si è proceduto a tappe, che oggi possiamo riconoscere abbastanza facilmente.

Si è cominciato con la contraccezione, ovvero con la separazione dell’atto procreativo dall’atto d’amore. E si noterà che tutte queste battaglie hanno in comune proprio un atto di divisione, la separazione dell’uomo da una parte di se stesso. Ovviamente tutto è presentato come l’affermazione della libertà, come una grande possibilità di emancipazione, di superamento di limiti imposti: dalla famiglia, dalla società, dalla religione.

Ma con la contraccezione non solo si hanno effetti sulla salute – visto che l’assunzione di pillole o l’uso di contraccettivi meccanici hanno comunque effetti collaterali che possono arrivare anche a maggiori probabilità di tumori – e oltretutto sono tutti potenzialmente abortivi, ma si hanno anche conseguenze antropologiche molto gravi. Ed è quello che ai fini del nostro discorso maggiormente interessa.

Anzitutto si afferma in questo modo una concezione della libertà profondamente errata, perché essa diventa scioglimento dai vincoli piuttosto che appartenenza. E in questo modo si nega anche l’evidenza più elementare della nostra esperienza. Basta chiedersi ad esempio quando è che ci siamo sentiti liberi, quando abbiamo provato un senso di libertà. Credo che tutti possano dire che una delle prime esperienze di libertà accade quando ci si innamora di una persona e a un certo punto si è corrisposti. Vale a dire che ci sentiamo effettivamente liberi nel momento in cui si riconosce l’appartenenza a un altro o un’altra.

Se questa è la realtà che sperimentiamo, ecco allora che la mentalità contraccettiva introduce una ideologia che nega la realtà. Il sesso diventa un gioco e il piacere è l’unica cosa che si ricerca nel partner: l’altro è un oggetto di consumo, ogni forma di sessualità è in fondo equivalente perché è utile solo a soddisfare la propria libido. Da qui la conseguenza di facilitare ogni genere di immoralità, dal sesso a pagamento al tradimento coniugale fino a quell’elenco sterminato di perversioni che, non a caso, nella nostra società proliferano e, tra le altre cose, provocano un aumento spropositato delle malattie infettive.

Alla libertà non corrisponde più una responsabilità. Il matrimonio “riparatore” – che nell’Italia di 50-60 anni fa era ancora un obbligo sociale per chi causava la gravidanza della propria fidanzata – pur con tutti i suoi limiti svolgeva però anche una funzione educativa, perché richiamava alla responsabilità personale: si può sbagliare, ma alle proprie responsabilità non si sfugge. La mentalità contraccettiva cancella proprio questa responsabilità e non a caso quello che continua a essere spacciato per uno strumento di emancipazione della donna è in effetti causa di una sua maggiore solitudine e sofferenza. Perché è soprattutto l’uomo che in questi casi può facilmente fuggire le proprie responsabilità.

Da qui al divorzio il passo è perciò breve. La responsabilità che si fugge prima di sposarsi, diventa un peso insopportabile dopo il matrimonio. Iniziata sempre con la proposizione dei soliti casi estremi o pietosi, l’introduzione del divorzio è stata in realtà un passo decisivo per affermare la libertà come scioglimento da un legame.

Anche qui, la difficoltà di uno stare insieme diventa non già occasione di approfondimento del significato del rapporto, ma obiezione al suo proseguimento. In aggiunta, l’indebolimento del legame tra l’uomo e la donna che hanno liberamente scelto di condividere la vita diventa separazione anche dal resto della comunità. Ne è un esempio clamoroso la mentalità dif-fusissima anche tra molti cattolici che già al tempo dell’approvazione della legge dicevano: «lo non lo farò mai ma non posso impedire ad altri di farlo».

È un modo di ridurre il matrimonio a fatto privatistico, come se non fosse il fatto sociale più importante, quello su cui si fonda la stabilità e il futuro di una società. Basta vedere oggi le conseguenze economiche disastrose di questa divisione che è partita dalla famiglia. Come potrà essere stabile una società se è instabile la sua cellula fondamentale, quella che genera ed educa le future ge­nerazioni? E come potrà sopravvivere una società che non genera più figli? È qui che dobbiamo cercare le radici della crisi economica che viviamo oggi.

Il resto è purtroppo una conseguenza, un crescendo di divisioni e violenze. L’aborto: la donna – ormai sola, anche per legge -che si separa violentemente da suo figlio, rifiuta anche lei quella responsabilità che già il suo partner non ha più da tempo. E poi, la fecondazione artificiale, una violenza radicale di cui si fa fatica a comprenderne la gravita.

Tra tutti gli aspetti che si potrebbero sottolineare, basti pensare alla forza dell’immagine che trasmette: nella maternità naturale l’immagine di una appartenenza è comunque evidente; prima può essere successa qualsiasi cosa, ma nulla può cancellare quell’esperienza. Quel bambino nasce da un rapporto d’amore tra un padre e una madre e quel bambino è frutto di quel legame, è il segno più evidente di una appartenenza.

La fecondazione artificiale cancella tutto questo, l’amore tra due persone che genera un figlio diventa solo una delle opzioni possibili. L’appartenenza come evidenza originaria viene cancellata anche come immagine. L’uomo nega, rinnega una parte costitutiva di sé, della propria natura. Possiamo ora meravigliarci di essere arrivati in pochi anni al punto di negare definitivamente l’uomo, e quindi Dio?