I cristiani di Israele, tra ebrei e islam

Abstract:  i cristiani in Israele vivono schiacciati tra l’ostilità degli ebrei e quella dell’islam e per le difficili condizioni di vita sono spesso costretti a emigrare. Da 22 anni a Betlemme, suor Ileana Benetello, della congregazione delle Francescane Elisabettiane di Padova, presta il suo servizio all’interno del Baby Caritas Hospital di Betlemme, un ospedale pediatrico cattolico per i bambini poveri di quella regione. Ad AsiaNews racconta i problemi quotidiani e la vita dei cristiani che abitano nella regione.

asianews.it del 10 marzo 2004

Schiacciati fra Israele e l’Islam,

i cristiani di Betlemme emigrano

Da 22 anni a Betlemme, suor Ileana Benetello, della congregazione delle Francescane Elisabettiane di Padova, presta il suo servizio all’interno del Baby Caritas Hospital di Betlemme, un ospedale pediatrico cattolico per i bambini poveri di quella regione. Con lei lavorano altre 6 consorelle, di cui cinque italiane. Ad AsiaNews racconta i problemi quotidiani e la vita dei cristiani che abitano nella regione.

di Lorenzo Fazzini

Suor Ileana, come si vive oggi a Betlemme?

La situazione non è quella che i mass media vi riportano, o comunque essa è molto lontana dalla realtà che viviamo tutti i giorni: è la stabilità in una situazione anormale. Nei mesi scorsi vi era una certa facilità di spostamento: ora i palestinesi, sia cristiani che musulmani, si sentono in una grande prigione all’aria aperta. Per andare a lavorare, per studiare e per vivere normalmente non possono muoversi liberamente. I movimenti sono difficili sia fra i territori palestinesi e Israele, sia all’interno della stessa Palestina.

Quali problemi sorgono?

Fra tanti, vi è un problema gravissimo di cui non si parla mai: già nella cultura musulmana, e araba in generale, c’è la tradizione di sposarsi far cugini primi, per mantenere forte la stirpe. Negli ultimi anni questo accadeva meno di rado; ora con le difficoltà di spostamento sta tornando normale, con le conseguenze che si possono immaginare: nascono moltissimi bambini handicappati, alcuni con gravissime malattie genetiche. Alcune famiglie hanno addirittura 3 figli handicappati…

Il lavoro resta un problema?

Sì, e molto grave. Per trovarlo, gli stessi palestinesi si prestano alla costruzione di insediamenti ebraici e nell’erezione del Muro: bisogna pensare con quale stato d’animo queste persone vanno a lavorare nelle loro terre confiscate, dove non hanno potuto raccogliere neppure le olive, che ora stanno marcendo sugli alberi.

Come reagisce la popolazione a queste difficoltà?

La situazione è insostenibile, e allora si sente qualcuno sbottare: “Non si deve giustificare i kamikaze, ma si possono capire!”. Questo, però, i cristiani non lo affermano mai. I musulmani – anche le mie infermiere – invece lo dicono… Solo vivendo lì si può capire l’odio che viene alimentato e la coscienza che i palestinesi non hanno ormai nulla da perdere. Uno degli ultimi kamikaze che si è fatto recentemente esplodere a Gerusalemme veniva proprio dalle nostre parti: ho riconosciuto la sua casa nelle immagini della tv quando i tanks israeliani l’hanno distrutta. Quelli che si fanno esplodere sanno in anticipo che riceveranno 30 mila dollari dalle organizzazioni terroristiche, che operano un vero lavaggio del cervello. A volte con quei soldi alla famiglia costruiscono poi una casa ancora più bella.

I cristiani nella regione di Betlemme?

Tanti stanno emigrando: ai cristiani vengono dati facilmente i permessi di espatrio. Noi pensiamo che dietro a questo ci sia un gioco fra Israele e altri Paesi, come la Svezia o il Canada. Ad esempio, nel 2003 da Betlemme se ne sono andati più di un migliaio di cristiani, il 10% dei 10 mila cristiani che abitano a Betlemme.

Perché un’emigrazione così massiccia?

Questo accade perché i cristiani non accettano la mentalità musulmana che giustifica gli attentati. I cristiani poi tendono ad essere culturalmente più affini agli ebrei, sentono una maggior affinità con il popolo ebraico, e questo pone loro problemi seri! I cristiani sono compressi fra musulmani e ebrei, e soffrono più di tutti perché sono deboli. Bisogna anche dire che fanno fatica ad adattarsi alle difficoltà: ad esempio, non accettano lavori nell’edilizia, a differenza i musulmani.

Quali conseguenze genera l’emigrazione dei cristiani dalla Terra Santa?

Essa pone un problema molto serio: i cristiani che emigrano non vendono la casa ad altri cristiani, che non hanno possibilità economiche. Allora si fanno avanti i musulmani, che, aiutati dai Paesi arabi, comprano facilmente case e terre. Anche sul piano demografico i musulmani sono più forti: hanno in media 10 figli e almeno tre mogli… Pure dal punto di vista scolastico per i cristiani la vita non è facile: solo tramite le offerte dall’estero, le adozioni a distanza, li si può mandare alle scuole cristiane. Altrimenti dovrebbero andare in quelle pubbliche, imbevute di islamismo: e lì i ragazzi cristiani perderebbero facilmente la loro religione.

Nessuna speranza per il domani?

Nessuno cede e la pace non arriva. Del resto, solo Gesù ci ha insegnato la legge del perdono, mentre nei musulmani e negli ebrei domina ancora la legge del taglione: e la si può vedere ogni giorno all’opera.

Cosa la fa andare avanti?

In tutti questi anni difficili ho capito l’importanza di Gesù: è Lui che mi fa andare avanti.

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Sulla situazione dei cristiani in Israele, nell’Islam e Medio Oriente:

L’Occidente tradisce i cristiani del Medio Oriente

Terra Santa senza cristiani

I cristiani nei paesi islamici