La “sana laicità” e lo Stato cristiano

Pasqualucci_coverFormiche.net 28 luglio2013

Il ruolo  del Cattolicesimo nella   ricostruzione dell’etica pubblica in un saggio del filosofo  Pasqualucci 

di Giuseppe Brienza

L’unico possibile “rinnovamento etico” dell’Italia-Nazione potrebbe avvenire, secondo quanto afferma  Paolo Pasqualucci nel suo ultimo saggio Unita e cattolica. 

L’istanza etica del Risorgimento e il Rinnovamento dell’Unità d’Italia  (Fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice/Cooperativa Nuova  Cultura, Roma 2013, pp. 102, Euro 11,00), mediante la rifondazione di  uno Stato autenticamente cristiano.Questo anche perché il modello laico-democratico è ormai arrivato al capolinea: «Senza contraddirsi – scrive Pasqualucci –, i Cattolici possono riproporsi oggi il rinnovamento dell’unità nazionale secondo l’ideale dello Stato cristiano, che corrisponde alla concezione autenticamente cattolica dello Stato.

Un ideale, un modello che in verità si dovrebbe realizzare in ogni nazione, non solo in Italia, poiché la verità rivelata dalla quale esso discende è stata  predicata per la salvezza degli uomini» (p.93).

Il saggio del filosofo cattolico,  nato a Roma nel 1938 e già Ordinario di Filosofia del Diritto  nell’Università di  Perugia, è originariamente apparso con il titolo L’istanza etica alle  origini del Risorgimento e dell’Unità d’Italia  negli Annali della Fondazione Ugo Spirito (vol. XX-XXI, Roma  2012, pp. 96-154), ed oggi è  raccolto in un volume arricchito da una  Introduzione (pp. 9-12) del presidente della Fondazione, prof.  Giuseppe Parlato.

Il quale avverte subito che l’ideale dello Stato  cristiano «Non è clericalismo, anzi di questo la proposta di Pasqualucci  è l’esatto  contrario: non è il potere democristiano, non è la clericalizzazione dello Stato. Se il clericalismo vuole lo Stato dipendere  dalla struttura religiosa, qui è la struttura politica che trae fondamento  autonomo da  un’ispirazione di carattere religioso, ma appunto per questo,  concreta, reale, legata al ruolo centrale della persona soprattutto in linea  con la tradizione storica dell’Italia, ben prima della sua unificazione»  (p.12).

Si badi bene che la restaurazione  dello Stato cristiano non significa cittadinanza od àncora di salvezza  solo per chi crede e si riconosce nella Chiesa Cattolica, ma costituisce un  baluardo di conservazione di tutta la civiltà e Tradizione occidentale.

Innanzitutto perché, ricorda opportunamente Pasqualucci, «Se non prevale la  concezione del matrimonio e della famiglia conformi a natura, non c’è società e  non c’è Stato che tenga. Se nei nostri ordinamenti non si restaura la legge di  natura e  divina, siamo destinati all’estinzione o comunque a diventare in un  futuro  non  tanto lontano schiavi dei popoli prolifici» (p. 87).

Rinnovare l’unità nazionale in uno  Stato cristiano, inoltre, «[…] non significa proporre un nuovo  nazionalismo.  Non ci sono chimeriche superiorità o “primati” da rivendicare né  territori da conquistare; […] Di fronte alla globalizzazione incalzante, con tutti  i suoi mali, non dovrebbe ognuno cercare di salvaguardare l’unità  della Patria  […] preoccupandosi innanzitutto di instaurarvi l’ordinamento  politico  e morale che piace a Dio?» (p. 95).

La visione di Pasqualucci si rende discutibile  quando individua fra gli avversari del progetto di ricostruzione  dello  Stato cristiano la «[…] Gerarchia cattolica attuale, figlia del  Vaticano II», perché «difende una cosiddetta “sana laicità”  dello  Stato, che rispetti la libertà di coscienza e di religione, consentendo appunto il “dialogo» (pp. 91-92). Sana laicità Stato cristiano  vanno invece di pari passo, nel senso che tanto la  prima quanto il secondo  si edificano sul terreno della legge naturale,  altrimenti si darebbe vita ad uno Stato confessionale esclusivista.

La legge  naturale, nvece, è comprensibile  dalla retta ragione di ciascuna persona  umana, come lo stesso Pasqualucci, del  resto, ha spiegato in tanti suoi studi di filosofia del diritto, in consonanza  significativa con un maestro del  diritto naturale e cristiano come Sergio  Cotta (vedi ad  esempio il volume collettaneo con contributi tanto di  quest’ultimo quanto di  Pasqualucci Persona e norma nell’esperienza  giuridica, Nomoi,  Roma 1986).

E in quella Gerarchia cattolica attuale che avverserebbe lo  Stato cristiano come si fà ad annoverare quel Papa Francesco che  rivendica proprio alla politica popolare tradizionale di difendere la dignità e  l’umanesimo del lavoro contro la plutocrazia e l’economicismo?

Nella  catechesi dell’ultima festa di san Giuseppe lavoratore, ad esempio, Bergoglio ha ribadito che «Il lavoro è un elemento fondamentale per la dignità di una  persona, per usare un’immagine, ci  “unge” di dignità, ci riempie di dignità; ci  rende simili a Dio, che ha lavorato e lavora, agisce sempre; dà la capacità di  mantenere se stessi, la propria famiglia, di contribuire alla crescita della  propria Nazione. E qui penso alle difficoltà che, in vari Paesi, incontra oggi  il mondo del lavoro e dell’impresa; penso a quanti, e non solo giovani, sono disoccupati, molte volte  a causa di una concezione economicista della società,  che cerca il profitto  egoista, al di fuori dei parametri della giustizia  sociale» (cit. in  Il lavoro fa parte del piano di amore di Dio”.  La  catechesi di  papa Francesco durante l’Udienza Generale di oggi, in Agenzia  Zenit, 1° maggio 2013).

Se, come afferma giustamente Pasqualucci «[…] il  Cattolicesimo è precipitato in una crisi così grave, in modo evidente da quando  la Gerarchia ha voluto “aggiornarsi” agli pseudo-valori del Secolo, a partire  dal “pastorale” Concilio ecumenico Vaticano II» (p. 22), non è perché l’episcopato cattolico «[…] ha mutato il senso della missione della  Chiesa» (ibidem), ma piuttosto perché, ha scritto il filosofo   Piero Vassallo commentando una sua precedente opera sulla  Metafisica del Soggetto (Roma 2010), «Perché Kant gode di tanto prestigio nei circoli del progressismo cattolico [e] Paolo Pasqualucci,  in un saggio edito dalla Fondazione Capograssi, ha demolito le colonne  portanti della filosofia kantiana: perché nel mondo cattolico circolano ancora pensieri ispirati dalla pia e infantile soggezione  nei confronti del criticismo?  Per quale breccia i rottami del pensiero moderno sono penetrati nella teologia  postconciliare per generare errori datati, dubbi enza fondamento, immotivata  sfiducia nella tradizione e false attese?» (PIERO VASSALLO, Il Concilio  Vaticano II e il diritto naturale. La verità cattolica e il controcanto della pastorale, in Riscossa Cristiana, 13 marzo 2011).