La famiglia si basa sul sesso

sessualitàItalia Oggi, 1 giugno 2013

Paradossalmente, solo la Chiesa può salvare la sessualità. L’ha detto a Como Fabrice Hadjadi, figlio di ebrei tunisini, convertito al cattolicesimo

di Bonifacio Borruso

«La Chiesa parli di sesso e non di dono o di perdono per difendere la famiglia», parola di Fabrice Hadjadj, francese di Nanterre, classe 1971. Un figlio di ebrei tunisini, come il cognome rivela, a lungo anarchico e nichilista ma, che nel 1998, nel pieno della sua fama intellettuale (pubblicava con autori celebrati dalla gauche come Michel Houellebecq), s’è convertito al cristianesimo.

Ieri in Italia, a Como, per parlare di un convegno sulla famiglia organizzato dalla cooperativa Il Manto, Hadjadj ha pronunciato queste parole rivolto al vescovo lariano, monsignor Diego Coletti, che aveva usato proprio quell’espressione «dono e perdono» per definire la famiglia e poi era dovuto andarsene richiamato da altri impegni pastorali, risparmiandosi così la critica del giovane maitre-à-penser che però, salutandolo, gli aveva garbatamente preannuciato qualche dissenso. In Francia e ovunque nel mondo occidentale si sostenga la necessità del matrimonio omosessule, che Hadjadj definisce un «cercle carré» vale a dire un «cerchio quadrato» ossia un non senso, «la crisi della famiglia è stata una grazia perché si è resa necessaria una discussione sulla sua evidenza».

Una discussione in cui «la Chiesa, tempio dello spirito, difende la carne, diventa testimone di Dio ma anche testimone dei sessi» e se ieri «si pensava che il sesso fosse il nemico della Chiesa, oggi solo la Chiesa può salvare la sessualità, spirituale e carnale», in una battaglia «a parti invertite. La contestazione della famiglia tradizionale, ha ricordato Hadjadj, «s’è sviluppata negli anni ’60 con l’idea che la famiglia fosse repressione della libido sessuale, repressione della donna, ridotta a angelo del focolare, e repressione dei figli, standardizzati secondo le norme».

Un pensiero però che parte da lontano, dall’epoca dei Lumi, quando Jean Jacques Rousseau e la sua paradossale attenzione per il bambino basata sull’idea di uomo naturalmente buono ma corrotto dalla società. «Similmente, il bambino è innocente e questa fascinazione, questo culto dell’infanzia porta a vedere in genitori come corruttori del figlio che deve obbedire». Dopo Rousseau, il pensiero politico si è evoluto, perdendo di vista la famiglia: «Dal concetto di città, di la polis aristotelica, si è passati al concetto di società, dove il primo, era di origine politica mentre il secondo viene da una concezione economica».

In una società, ha osservato Hadjadj, si stipulano dei contratti e «il sesso di chi stipula non ha importanza», anzi, «i legami del sangue sono sospetti, perché esclusivi, quasi fondamenti di razzismo». La battaglia delle comunità gay e di quanti appoggiano l’idea del matrimonio omossessuale però, secondo il filosofo francese, mostra alcune contraddizioni. «Quelli che negli anni ’70 erano contro la famiglia», ha osservato, «sono diventati a favore della famiglia “per tutti”, come si dice in Francia». Segno che la famiglia non era una costruzione religiosa e innaturale come si sosteneva.

«La postmodernità aveva pensato di sbarazzarsi della famiglia», ha detto Hadjadj, non riuscendovi la assimila. E non è l’unica contraddizione: nella famiglia pensata in modo «contrattuale» si contemplano due uomini e due donne «ma allora», si è chiesto, «perché fermarsi? Perché non immaginarla a quattro o cinque? Fermarsi a due, significa siamo sotto la fascinazione del dato naturale». Un po’ come l’altra grande contraddizione che individua nella possibilità di aver figli la realizzazione delle persone omossessuali.

Il punto è che, secondo Hadjadj, la risposta cattolica a questa offensiva rischia di esser sbagliata. Si cercherà, ha spiegato, di dimostrare che il padre e la madre non sono due tiranni e si insisterà sulla famiglia come luogo dell’amore, dell’educazione e della realizzazione di sé, compiendo «l’errore metafisico di non distinguere l’essere e il bene». E si arriverà, ha quindi concluso il filosofo, «a dire che la famiglia è il luogo della trasmissione dei valori: esatto ma non vero. È trasmissione dell’essere e della vita».