Maria Rachele Ruiu: la donna prima di tutto è mamma, anche al lavoro

Abstract: Maria Rachele Ruiu, la donna prima di tutto è mamma, anche al lavoro. Se oggi le donne nella maggior parte delle famiglie lavorano è perché non c’è una scelta e credo che nessuna sia contenta di dover tornare al lavoro col seno che scoppia di latte. E’ vergognoso che le donne debbano tornare a lavorare dopo tre mesi, proprio quando il bambino deve e vuole stare con la mamma, se non hanno la possibilità di accettare lo stipendio decurtato.

InFormazione Cattolica 14 Marzo 2023  

Maria Rachele Ruiu: “La donna è prima di tutto mamma,

anche nel lavoro e in politica”

Il vero ruolo della donna

di Pietro Licciardi

Maria Rachele Ruiu è mamma di quattro bambini, counselor professionista, laureata in psicologia e attivamente impegnata nel mondo prolife e pro family da più di dieci anni. Ha fatto parte del comitato organizzativo dei Family Day a San Giovanni e Circo Massimo a Roma, è nel direttivo di Pro Vita e Famiglia Onlus, nel direttivo dell’associazione Family Day ed è la presidente della Manifestazione nazionale per la vita oltre ad essere stata candidata nelle ultime elezioni politiche

Cosa pensa dell’8 Marzo?

«La giornata della donna l’ho sempre considerata priva di senso e anche pericolosa, come le quote rosa e quello che ci gira intorno. Io non sono un Panda e siccome sono stupida e femmina ho bisogno che qualcuno mi dia la possibilità di occupare spazi che altrimenti non potrei mai occupare. Quando noi donne abbiamo pensato che per essere considerate dovevamo diventare uguali all’uomo ci siamo autosabotate. Come donna ho un valore intrinseco e specifico che voglio custodire e indicando l’uomo come il male assoluto non ho più chi mi custodisce e mi difende e ciò ha permesso un attacco feroce nei nostri confronti» 

L’aborto è un diritto o una fregatura?

«L’aborto è un grande inganno per le donne; sia per quelle che abortiscono che per quelle che non abortiscono perché oggi la maternità è diventata sinonimo di solitudine, infatti il pensiero dominante è il seguente: hai voluto avere rapporti senza contraccettivi e sei rimasta incinta? Non hai volto usare il servizio clienti della contraccezione che è l’aborto? Bene, hai voluto la bicicletta e ora pedala. Ormai l’unica proposta che fa lo Stato di fronte ad una gravidanza inaspettata è o l’aborto gratis o tutto il resto sulle spalle della donna sola e abbandonata. Una volta il parto era un evento per tutta la famiglia, il vicinato e il paese che accoglieva la gravidanza come un dono alla società ed era sempre una buona notizia. E quindi la donna era custodita nelle prime settimane e nei primi mesi. Oggi la donna è da sola. Un altro inganno del femminismo è che indicando l’uomo come nemico ha permesso si potesse colpire la donna in quanto matrice della vita»

Le donne conquistano la loro piena dignità se lavorano. E’ vero?

«Un altro regalo del fantomatico diritto all’aborto è pensare di accogliere un figlio solo quando si è pronte a farlo e se sei madre in un certo modo, che è un po’ l’inganno di questo tempo: ovvero: sei una mamma buona solo se lavori o se… No. La vita va accolta e ogni donna ha dentro di se tutto quello che serve per prendersi cura dei bambini. Se oggi le donne nella maggior parte delle famiglie lavorano è perché non c’è una scelta e credo che nessuna sia contenta di dover tornare al lavoro col seno che scoppia di latte. E’ vergognoso che le donne debbano tornare a lavorare dopo tre mesi, proprio quando il bambino deve e vuole stare con la mamma, se non hanno la possibilità di accettare lo stipendio decurtato.

La soluzione non è, come scrivono le femministe nei loro manifesti, nel congedo di paternità. Quando ho avuto il figlio piccolo sono stata felice di avere mio marito dieci giorni a casa, non al posto mio ma accanto a me, in modo che mentre allattavo c’era qualcuno che cucinava o puliva. Come dicevo prima una volta c’era una comunità che ti veniva a casa e ti aiutava mentre oggi siamo sole. Il tema per la donna non è lavorare o non lavorare, perché come diceva san Giovanni Paolo II c’è un contributo creativo che solo la donna può portare nel mondo del lavoro, però se resta donna e non cerca di dare il contributo che darebbe un uomo. Potremmo far ripartire il mondo se riacquistiamo la tenerezza tipica materna e la donna è materna anche se non fa biologicamente dei figli.

Ci sono donne che restano a casa per curare i loro cinque o sei figli e hanno il diritto di non essere denigrate come frustrate e schiave della famiglia. E ci sono donne che hanno scelto di lavorare e dovrebbero avere il diritto di farlo in un tempo congruo, magari lasciandole in maternità per almeno un anno».

Oggi va di moda il “casalingo”, ovvero l’uomo che è capace di sostituire la moglie in tutto. A lei piacciono i casalinghi?

«La differenza tra l’uomo e la donna, la mamma e il papà non sta in chi cucina e chi no, anche se a me piace troppo cucinare e apparecchiare con cura la tavola mentre mio marito metterebbe il servizio di piatti da combattimento pure se arrivano ospiti. Io per i miei figli sono una mamma chioccia che li soffoca d’amore, ma per fortuna c’è mio marito che cerca di strapparmeli e questo sarà importantissimo quando da adolescenti il padre indicherà loro la via dell’uscita invitandoli ad esplorare il mondo con coraggio; e lo faranno sapendo che a casa, il loro porto sicuro, troveranno sempre la mamma pronta a soccorrerli. I padri servono»

Cosa rende veramente felice una donna?

«Il femminismo non è più un movimento a favore delle donne ma è diventato politico. Un esempio. Nelle manifestazioni dello scorso 8 Marzo hanno impiastricciato con le scritte “aborto libero e sicuro” il centro di aiuto alla vita di Pisa; ovvero siamo passate da quello che loro definivano un diritto all’aborto al dover abortire. E’ agghiacciante in questa narrativa che l’aborto sia socialmente preferibile alla maternità. Ma non è questo che dice il cuore. In Italia non si fanno più figli ed evidentemente le donne non sono più madri ma tutto il bombardamento è sul fatto che le donne possono fare solo le madri.

Ma come? Non le fanno più le madri. C’è una bella ricerca di una sociologa che in America ha intervistato donne che avevano raggiunto posizioni apicali e di potere nei rispettivi ambiti di lavoro per scoprire se vi erano delle caratteristiche che facilitassero la donna nel raggiungere certe posizioni. Ebbene, ha trovato tutte donne profondamente tristi perché avevano dovuto rinunciare alla maternità. Non è il lavoro che rende felice e realizzata la donna ma la maternità e questo è inequivocabile».

Lei è abbastanza vicina alla politica. Cosa pensa delle quote rosa? All’inizio ha già accennato qualcosa

«Come ho già detto non mi sento un Panda e non ho alcuna necessità di qualcuno che mi faccia la concessione di uno spazio che non mi merito. Sicuramente c’è stato un momento in cui era necessario aprire degli spazi ma la quota rosa non ha senso. Io voglio poter fare una cosa perché sono brava a farla. Oggi abbiamo Giorgia Meloni capo del governo ma al di là delle idee politiche ha fatto una gavetta impressionante ed è capace. Sono di Roma e il primo sindaco donna della città non la nomino neppure perché è stata una tragedia. Una deputata amica in una intervista ha detto che le donne devono poter fare politica se vogliono ma con le loro peculiarità, prendendosi cura della cosa pubblica come si prenderebbero cura dei loro figli, ovvero mettendoci la loro tenerezza e maternità».

Se fosse al posto della Meloni cosa farebbe subito in favore delle donne?

«Un fondo per la vita nascente. E poi fermerei i centri di riassegnazione del genere che stanno distruggendo i ragazzini e le ragazzine. Tra l’altro vorrei far notare che i transessuali che vanno in Tv a difendere il cambio di sesso mica se li sono fatti toccare gli organi sessuali, perché se li tocchi rischi che non godi più, non riesci a urinare… Ci sono sofferenze terribili. Quindi chiudere questi centri che oltretutto usano gli stessi protocolli di quelli che in America sono stati chiusi perché portatori solo di sofferenza. Infine racconterei semplicemente negli ospedali, e magari anche nelle scuole, cos’è l’aborto».

Qui l’intervista integrale

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