Il futuro in cui il libero arbitrio sarà cancellato

Abstract: il futuro in cui il libero arbitrio sarà cancellato grazie agli algoritmi e ai microprocessori impiantati negli esseri umani. La realtà distropica che i nuovi satrapi stanno immaginando e preparando. Verso un totalitarismo perfetto , al di fuori di ogni immaginazione

Blog di Aldo Maria Valli  27 Novembre 2022

Quel che nemmeno Kafka avrebbe immaginato

di Rob Mutsaerts (*)

Al World Economic Forum – il giocattolo di Klaus Schwaab – Yuval Noah Harari è sempre un gradito ospite. Lì ci accompagna nella sua visione del futuro dell’uomo e di ciò che, secondo lui, l’uomo è realmente. Harari [storico e saggista israeliano, autore del libro Homo Deus. Breve storia del futuro, nel quale si occupa del superamento della morte e della creazione della vita artificiale, NdT] costruisce la sua visione del futuro sulla sua visione dell’umanità. Per lui, l’uomo non è altro che un animale che ha acquisito il dominio sugli altri animali attraverso concetti auto-inventati come l’io, il libero arbitrio e Dio.

Anche quest’ultimo concetto sarebbe stato inventato e dominato dall’uomo stesso. E il nostro cervello funziona come un computer. Per cui, dato che i processori e gli algoritmi stanno diventando sempre più veloci, l’uomo e la macchina si fonderanno sempre più e il nuovo essere umano tecnicamente funzionante in modo ottimale spingerà sempre più l’Homo Sapiens in secondo piano. Le malattie saranno debellate e vivremo molto più a lungo. È il transumanesimo, in cui l’io, il libero arbitrio e Dio non giocano più alcun ruolo.

Su questo Harari è chiaro: “Non c’è più spazio per il libero arbitrio”. Di solito queste sono parole che si adattano all’immancabile personaggio cattivo delle storie di James Bond, il pericoloso psicopatico che vuole conquistare il mondo piegandolo alla sua volontà. Invece Harari per le sue tesi è apertamente elogiato dai suoi influenti amici di Davos.

Nella visione di Harari ogni tipo di malattia e malessere sarà debellato, ma non ci sarà più spazio per la sfera privata né per l’uomo come soggetto. Tutto sarà completamente controllabile. E potete facilmente indovinare da chi: dai compagni di Harari e di Klaus Schwaab, l’autoproclamata élite.

Badate bene: non è Harari metta in guardia da un tale futuro. No, lui lo vede come uno sviluppo desiderabile. La sua visione dell’uomo, tuttavia, si basa su un malinteso fondamentale. Il cervello umano non funziona come un computer, né è vero che la storia umana è caratterizzata da progressi costanti. Ciò può valere per la scienza e la tecnologia, ma non si tratta certamente di progresso morale. Prova ne sia che il secolo fino a oggi più sanguinoso è stato il XX (Hitler, Stalin, Mao, Pol Pot eccetera). Ammesso di vedere il pensiero umano come un algoritmo, non ne consegue automaticamente che il pensiero umano sia semplicemente un algoritmo. Puoi interpretare matematicamente la gravità, ma ciò non significa che non ti fai male quando cadi dal balcone.

Che l’io – il soggetto – e il libero arbitrio debbano giungere al termine è a dir poco un pensiero spaventoso. Ma in questo pensiero c’è anche qualcosa che non funziona. Se non c’è più un io, e tutti noi ci dissolviamo come gocce nell’oceano, allora Harari non esiste più.

Direte: non sarebbe poi così male. Ma allora chi esiste ancora per controllare tutto?  Un professore che afferma che l’uomo è una macchina, beh, posso anche capirlo. Ma una persona che afferma di essere una macchina soffre davvero di un disturbo della personalità.

Harari scrive delle persone come se non lo fosse lui stesso. Ciò che manca nella visione dell’essere umano di Harari è ciò che è tipicamente umano. E ciò non porta a un più alto sviluppo dell’uomo.

Non dobbiamo temere che la sua visione del futuro diventi realtà. Dio può sempre perdonare, l’uomo perdona a volte, la natura mai. La natura è spietata, si vendica sempre. Vai contro natura e le cose andranno male. La natura – inclusa la natura umana – è qualcosa di incalcolabile, non può essere catturata in un algoritmo. Poco disposta a scendere a compromessi, fa pagare i tentativi contro natura. Chiunque sia stato sorpreso da un temporale o sia caduto da una casa sull’albero lo sa per esperienza. La pioggia ti bagna e la gravità non può essere disattivata.

Anche ogni attivista LGTBIQ+ lo sa. Ecco perché loro odiano i biologi. I fatti evidenti che tutti possono dedurre dalla biologia vengono da loro respinti con mano pesante. Ma i fatti biologici restano fatti, qualunque cosa possano affermare sociologi e ideologi.

Eppure queste argomentazioni vengono “confutate” con urla volgari e il contraddittorio non è tollerato. Quando un biologo spiega perché ci sono solo due sessi in biologia, puoi essere certo che è pronto per il linciaggio. E l’università annullerà la sua lezione. Se invece qualcuno viene a spiegare che ci sono almeno centocinquanta forme di genere, eccolo accolto con tutto il rispetto. Che i suoi pensieri siano basati solo sulle emozioni è irrilevante. Nemmeno le università sono più un rifugio sicuro per la scienza libera.

Questa follia è ormai penetrata anche a livello governativo. Quando Harry Miller ha fatto sapere tramite un tweet di dubitare della reale femminilità delle donne trans, ha ricevuto la visita della polizia [Harry Miller è un poliziotto inglese in pensione che in un suo tweet ha messo in dubbio che le donne transgender siano davvero donne, NdT]. Sono andati ad avvertirlo di non farlo di nuovo. È strano. Dopotutto, da nessuna parte nel codice penale inglese si dice che abbia commesso un reato a seguito di questa dichiarazione. La polizia non può ritenerlo responsabile, e che la polizia sia intervenuta è davvero bizzarro. Di solito questo genere di cose accadono solo nei libri di Kafka.

Quando il tweet di Miller dice “i tuoi seni sono fatti di silicone, dalla tua vagina non esce niente”, mi sembra, da un punto di vista biologico-scientifico, una descrizione appropriata della realtà di una donna trans. Ma i fatti non contano in questo tipo di dibattiti. Ne è seguita una causa e, per farla breve, il giudice ha stabilito che Miller non aveva commesso un reato penale. Ma la polizia ha registrato il caso nel suo fascicolo come un “incidente di odio transfobico non criminale”. Nemmeno Kafka avrebbe potuto immaginarlo: un atto criminale non criminale. In Corea del Nord non ci stupiamo se la polizia viene a trovarti per motivi politici, ma adesso, a quanto pare, succede anche nell’Inghilterra democratica.

E pure in Germania, dove la nuova coalizione di governo ha presentato una proposta per istituire una hotline per segnalare episodi di odio ostile al genere che non compaiono nelle statistiche della polizia perché non sono punibili e quindi sono consentiti. In breve, significa iniziare a registrare i reati non penali. Siamo usciti dalla logica ed entrati nell’assurdo. Naturalmente nessuno sa quale sia il criterio per poter intervenire. Per definire tutto questo c’è una sola espressione: stato di polizia. E ora finirò anch’io in quel registro?

(*) vescovo ausiliare della diocesi di Bois-le-Duc (’s-Hertogenbosch in fiammingo), Paesi Bassi 

Fonte: vitaminexp.blogspot.com

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