Curate la vita, dal principio alla fine. Il cristiano non può permettersi il lusso di essere un idiota»

san Raimondo NonnatoTempi.it 22 marzo 2013

Pubblichiamo l’omelia dell’allora cardinale Jorge Mario Bergoglio, arcivescovo di Buenos Aires e primate dell’Argentina, durante la Messa in onore del santo protettore delle donne in gravidanza, san Raimondo Nonnato (31 agosto 2005).

Jorge Mario Bergoglio

Quando si ascolta ciò che Gesù dice: Guarda, «Io mando voi, io vi mando come pecore tra i lupi», si vorrebbe chiedere: «Signore, stai scherzando, o non hai un posto migliore dove mandarci?». Perché ciò che Gesù dice fa un po’ paura: «Se annunzierete la mia parola, vi perseguiteranno, vi calunnieranno, vi tenderanno trappole per portarvi davanti ai tribunali e farvi uccidere». Ma voi dovete andare avanti. Per questo motivo, fate attenzione, dice Gesù, siate astuti come i serpenti ma molto semplici come colombe, unendo i due aspetti.

Il cristiano non può permettersi il lusso di essere un idiota, questo è chiaro. Noi non possiamo permetterci di essere sciocchi perché abbiamo un messaggio di vita molto bello e quindi non possiamo essere frivoli. Per questo motivo Gesù dice: «Siate astuti, state attenti». Qual è l’astuzia del cristiano?

Il saper distinguere fra un lupo e una pecora. E quando, in questo celebrare la vita, un lupo si traveste da pecora, è saper riconoscere quale sia il suo odore. «Guarda, hai la pelle di una pecora, ma l’odore di un lupo». E questo, questo compito che Gesù ci dà è molto importante. È qualcosa di davvero grande.

Gesù ci dice qualcosa che attira la nostra attenzione, quando qualcuno gli domanda: «Bene, come mai sei venuto nel mondo?». «Guarda, io sono venuto a portare la vita e perché l’abbiate in abbondanza, e io vi mando nel modo affinché accresciate la vita, in modo che sia abbondante».

Gesù non è venuto a portare la morte, piuttosto [a portare] la morte dell’odio, la morte delle guerre, la morte della calunnia, cioè a uccidere con la lingua. Gesù non è venuto a portare la morte, la morte che ha patito per difendere la vita. Gesù è venuto a portare la vita per dare la vita in abbondanza, e ci invia a portare la vita, ma ci dice anche: «Preditene cura!»

Perché ci sono persone che vivono quello di cui sentiamo parlare oggi, che non sono coinvolte con il Vangelo: la cultura della morte. A loro la vita interessa nella misura in cui è utile, se no non gli interessa. In tutto il mondo, questa erba è stata piantata, quella della cultura della morte.

Stavo leggendo un libro un po’ di tempo fa, in cui ho trovato questa frase inquietante: «Nel mondo di oggi la cosa che vale meno è la vita, quello che vale meno è la vita», che è quindi la cosa più trascurata, la più superflua. Questo uomo anziano, questa donna anziana, sono inutili; scarichiamoli, cerchiamo di mandarli nelle case di cura, come si fa con l’impermeabile d’estate con tre naftaline in tasca, negli ospizi perché pensiamo che ora sono da scartare, perché sono inutili. Questo bambino che è in arrivo è un peso per la famiglia: «Oh no, a cosa serve? Non ho idea. Scartiamolo e rimandiamolo al mittente».

Questo è ciò che la cultura della morte ci predica. Questo bambino che ho a casa? Beh, non ho il tempo di educarlo. Lasciamolo crescere come un’erbaccia nel campo, e questo altro bambino che non ha niente da mangiare, nemmeno le scarpette per andare a scuola, e bene, mi dispiace molto, ma non sono il redentore del mondo intero. Questo è ciò che la cultura della morte predica. Non è interessata alla vita. Che cosa interessa? L’egoismo.

Uno è interessato a sopravvivere, ma non a dare la vita, ad avere cura della vita, ad offrire la vita.

Oggi, in questo santuario dedicato alla vita, in questo giorno del santo patrono della vita, Gesù dice anche a noi: «Prenditene cura! Io sono venuto a portare la vita, e la vita in abbondanza, ma tu curala! Stai per essere circondato dai lupi, tu sei quello che difende la vita, che se ne prende cura. Cura la vita!

Che belle cose così si possono vedere – le conosco! – Che un nonno, una nonna, che forse non può più parlare, che è paralizzato, e il nipote o il figlio arriva e gli prende la mano, e in silenzio la accarezza, niente di più. Questa è la cura della vita. Quando si vedono persone che si preoccupano affinché un bambino possa andare a scuola, perché a un altro non manchi il cibo a sufficienza, questo è prendersi cura della vita.

Apri il tuo cuore alla vita! Poiché l’egoismo della morte, la cultura egoistica della morte, è come l’erba nel campo, questa erbaccia, questa erba o erbaccia nera, o questa cicuta, è in crescita, sta invadendo e uccide gli alberi, uccide i frutti, uccide il fiori, uccide la vita. Le erbacce. Ricordate che una volta che Gesù parlò di questo.

Egli ha detto: «Quando il seme è vita, cade in mezzo alle erbacce e le spine lo soffocano», le spine dell’egoismo, delle passioni, di volere tutto per se stessi. La vita è sempre dare, si dà, ed è costoso prendersi cura della vita. Oh quanto costa! Costa lacrime.

Ma come è bella la cura per la vita, permettere che la vita cresca, dare la vita come Gesù, e dare in abbondanza, per non permettere che anche uno solo di questi più piccoli vada perso. Questo è ciò che Gesù ha chiesto al Padre: «Che nessuno di quelli che tu mi hai dato si perda, che tutta la vita che mi hai dato da curare possa essere curata, che non vada persa».

E noi ci preoccupiamo della vita, perché Egli ha cura della nostra vita fin da quando era nel seno materno. È presente nel motto di quest’anno: «Fin dal grembo eri il nostro protettore». Egli si prende cura di noi e ci insegna lo stesso (…). Non possiamo annunciare altro che la vita, dal principio alla fine. Tutti noi dobbiamo curare la vita, amare la vita, con tenerezza, calore.

Ma è una strada piena di lupi e, forse per questo motivo, potranno condurci davanti ai tribunali, forse per questo motivo, per la cura della vita, ci potranno uccidere. Dovremmo pensare ai martiri cristiani. Li hanno uccisi perché predicavano questo Vangelo della vita, questo Vangelo che Gesù ha portato. Ma Gesù ci dà la forza.

Andate avanti! Non siate sciocchi, ricordate, un cristiano non può permettersi il lusso di essere sciocco (…). Deve essere intelligente, deve essere astuto, per fare questo. Quando si parla di queste cose della cultura della vita, a cui siamo chiamati, si sente la tristezza per questi cuori in cui, anche fin dall’infanzia, la cultura della morte ha seminato.

L’egoismo è stato seminato in loro: «Bene, e che mi importa di quello che succede agli altri», questo è stato seminato in loro. Chi sono io per prendermi cura degli altri? Questa affermazione, vi ricordate, chi l’ha fatta per primo?

Caino. «Sono forse io colui che deve nutrire suo fratello?» Questa affermazione criminale, questa frase di morte è un peccato che viene dall’infanzia delle persone che crescono in questo modo di pensare egoistico inculcato in loro, sono uomini e donne educati in questo modo. L’ho detto e lo ripeto – potremmo usarli come soprannomi – io, me, mio, con me, per me, tutto per uno solo, nulla per gli altri, mentre dare la vita è aprire il cuore, e prendersi cura della vita è spendersi con tenerezza e calore per gli altri, portare nel mio cuore l’interesse per gli altri. (…)

Non ci dovrebbe essere nessun bambino che non cresce, che non vive la sua adolescenza aperto alla vita. Non ci dovrebbe essere alcun adulto che non si preoccupa di ciò in cui gli altri sono carenti, di ciò di cui altri hanno bisogno per avere più vita e di garantire che non ci sia neanche una sola persona anziana messa da parte, da sola, scartata.

Prendersi cura della vita, dal suo principio fino alla fine. Che cosa semplice, che bella cosa. Padre, perché ci sono così tanti lupi che vogliono sbranarci? Perché, dimmi? Gesù ha forse ucciso qualcuno? Nessuno. Ha fatto cose buone.

E che fine gli hanno fatto fare? Se andiamo in fondo alla strada della vita ci possono accadere cose brutte, ma non importa. Ne vale la pena. Lui per primo ci ha aperto la strada. Quindi, andate avanti e non scoraggiatevi. Prendetevi cura della la vita. Ne vale la pena! Così sia.

Traduzione di Benedetta Frigerio dal testo originale pubblicato dall’agenzia di informazione cattolica dell’Argentina (Aica).