In cammino verso il bene comune 

Comunione e liberazione

Settembre 2022 

Alcuni criteri fondamentali per affrontare le elezioni politiche del 25 settembre. Il documento di giudizio di Comunione e Liberazion

È impossibile non essere preoccupati per il momento delicato che sta attraversando l’Italia e per la grave instabilità dello scenario internazionale. Avendo ben presente la raccomandazione di Papa Francesco ai cattolici di non “stare a guardare dal balcone” ed esortati dalle recenti parole del cardinale Parolin, Segretario di Stato della Santa Sede (“i cattolici devono tornare a esprimere la loro posizione all’interno del dibattito politico”) e da quelle del cardinale Zuppi, presidente della CEI (“i cristiani devono avere ancora di più un senso di attenzione per la cosa comune e anche le risposte necessarie, sempre con laicità”), sentiamo ancora più fortemente il bisogno di condividere un giudizio, innanzitutto tra le nostre comunità, per affrontare in modo consapevole una circostanza elettorale importante per la vita di ciascuno di noi.

Come ci ha insegnato don Giussani, avere un giudizio significa avere una strada, cioè avere un metodo per affrontare la realtà. Nel contesto della politica, un giudizio arricchisce sia chi decide di impegnarsi attivamente nei partiti e nelle istituzioni, sia chi vive nella società civile ed è chiamato a votare.

La prima consapevolezza è che la nostra speranza, in ultima analisi, non è riposta nella politica. Tuttavia, la politica non può non interessarci, così come ci interessa ogni ambito di espressione della persona impegnata a costruire spazi di sviluppo umano, di aiuto agli ultimi e di pace. In questa fase segnata dalla tragica guerra in Ucraina, la ricerca della pace non può che essere al centro dell’impegno di chi si dedica alla politica animato da un ideale cristiano.

LA DEMOCRAZIA COME AMBITO DI LIBERTÀ

Le prossime elezioni sono un’opportunità per la politica di riguadagnare il ruolo che in questi anni ha quasi del tutto perso. La trentennale delegittimazione della classe politica e la sua resa a soggetti estranei alle dinamiche del consenso elettorale (una resa che in certi casi è stata necessaria) hanno svuotato di senso e dignità la sua opera. È anche evidente che il problema della rappresentanza è aggravato da una legge elettorale deficitaria (seppur da conoscere in quanto determinante per l’esito del voto).

Consapevoli di questi fattori, occorre però riaffermare la totale fiducia nel metodo delle elezioni e nella democrazia rappresentativa. Essa non è soltanto l’affermazione generica della sovranità popolare, ma è lo spazio in cui la persona può esprimersi e imparare a conoscere chi è diverso da sé, gettando le basi per una costruzione comune. Attraverso gli strumenti democratici è possibile salvaguardare la libertà di impegnarsi per realizzare ciò che si ha a cuore. Per questo è opportuno aiutarci in primo luogo a non cedere all’ingannevole sentimento di sfiducia che alimenta l’astensione.

COSA ABBIAMO A CUORE? IL BENE COMUNE

Spesso si è portati a pensare che il bene comune sia l’area di intersezione tra le diverse idee di bene presenti nella società. La Chiesa lo definisce invece come “la dimensione sociale e comunitaria del bene morale” (Compendio Dottrina Sociale della Chiesa, 164). Il bene comune è cioè la verità della persona, ciò per cui è realmente fatta: a questo è necessario tendere, in un dialogo con tutti. Come si declina l’impegno per il bene comune così inteso? Un primo criterio fondamentale è il principio di sussidiarietà, ovvero la valorizzazione di quelle realtà sociali e comunità di vita dove le persone vengono educate e tessono relazioni di fiducia, secondo la “soggettività creativa” dei singoli (Compendio Dottrina Sociale della Chiesa, 185).

Tale lavoro sussidiario è particolarmente urgente in alcuni ambiti:

Famiglia. Occorre tutelare la realtà della famiglia naturale in quanto luogo aperto alla vita, ambito di maturazione della persona e nucleo della società. È necessario per questo sostenere le famiglie: innanzitutto quelle che desiderano avere o accogliere dei figli, ad esempio ampliando le modalità di partecipazione alle spese per l’acquisto della prima casa da parte delle giovani coppie o per la libera educazione dei figli, tenendo conto delle diverse disponibilità economiche; allo stesso modo, facilitare l’accesso a risorse e strutture per la cura di anziani, disabili e malati. Sono strumenti che nell’aiutare le famiglie, specialmente le più fragili, portano benefici a tutta la comunità e soprattutto contribuiscono ad arginare la “cultura dello scarto” (Papa Francesco), in difesa della dignità umana in tutte le sue fasi, dal concepimento alla morte naturale.

Educazione. In un contesto dominato da un relativismo che “lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie”, come disse nel 2005 l’allora cardinale Joseph Ratzinger, desideriamo sostenere un sistema pubblico di istruzione e formazione – composto da realtà statali e paritarie – capace di generare persone mature, dotate di spirito critico e dimensione relazionale. Perciò la libertà di educazione, e quindi una vera parità scolastica, sono decisive. La prima si traduce nella possibilità per le scuole di proporre una propria concezione della vita e della persona senza interferenze da parte dello Stato; la seconda si articola in politiche concrete e misurabili, fra cui l’autonomia, anche economica, degli istituti, la personalizzazione dei percorsi formativi in sintonia con le nuove competenze richieste, la libertà di costruire reti territoriali con istituzioni, università e imprese, gli investimenti nella formazione tecnica e professionale e nell’alternanza scuola-lavoro.

Lavoro. Il lavoro è l’ambito privilegiato per migliorare la propria condizione, costruirsi un futuro, creare valore per sé e per la società. Viviamo una fase storica nella quale i giovani sono indotti a considerare il lavoro come necessità per il mantenimento o per la propria affermazione sociale, e non come strumento di creatività e di crescita umana. Il Paese ha anche bisogno di politiche attive per favorire chi è disposto a migliorare le proprie competenze in un’attività di apprendimento continuo nel tempo e politiche fiscali e di investimento capaci di dare slancio alle imprese.

In questi come in molti altri ambiti che interessano la convivenza civile, il punto di partenza di un’azione personale o sociale non può che essere quello di “operare per salvaguardare e valorizzare nella sfera pubblica quelle giuste relazioni che permettono a ogni persona di essere trattata con il rispetto e l’amore che le sono dovuti” (Papa Francesco).

IMPEGNO POLITICO IN UN’APPARTENENZA 

A partire da queste urgenze, il dialogo avviene solo con un’identità chiara in grado di essere rappresentata, da chi ne riconosce il valore, anche politicamente. Non è indifferente votare o no, e non è indifferente chi votare. Non si tratta semplicemente di individuare “agende” che accontentino tutti, ma di dare credito a chi promuove una cultura sussidiaria. Il perseguimento del bene comune come prima descritto passa soprattutto attraverso un’iniziativa culturale e sociale originale, sostenuta dall’appartenenza alla comunità cristiana, cioè alla Chiesa.

Per questo la presenza dei cattolici in politica va alimentata da un nuovo slancio educativo di cui sono responsabili anche le comunità cristiane, e quindi anche il nostro movimento. L’aiuto che possiamo dare a chi è impegnato in politica ed è disposto a un simile lavoro è anzitutto offrire un luogo di amicizia per fare insieme un cammino umano e di fede.

ESSERE TESTIMONI

Quest’amicizia esiste già, non dobbiamo inventarla. Ma va coltivata con chiunque, a cominciare da coloro che condividono il nostro giudizio sulla persona e sulla società. Quanti sono coinvolti attivamente in politica devono dare la possibilità a chi li accompagna di appoggiarli; ma è anche importante che essi si sostengano a vicenda nel proporre contenuti condivisi e, dove le circostanze lo permettono, una comune azione operativa. Chi lavora da solo è destinato a non esprimere alcuna originalità.

Siamo sempre stati educati a fare i conti con la “pretesa cristiana”, ovvero che Gesù Cristo, in quanto significato ultimo della realtà, c’entra con tutto. Anche con la politica. In questo momento così complicato, testimoniare Cristo significa anche mostrare il cambiamento profondo che l’esprimersi della comunità cristiana produce per il bene di tutti e del Paese.

Teniamo gli occhi e il cuore aperti per rintracciare chi è seriamente disposto a percorrere la strada suggerita e sulla quale noi per primi siamo in cammino. In tal modo, il periodo di campagna elettorale potrà diventare un momento serio di confronto e di incontro, e quindi di verifica della propria esperienza cristiana, mettendo da parte la superficialità degli slogan e la cacofonia dei social. 

Le elezioni sono una circostanza effimera nella quale si manifesta ciò che abbiamo di più caro.