Perché il movimento pro-aborto si sta lasciando alle spalle le femministe

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newletter 6 Luglio 2022

di John Horvat  

La narrazione della sinistra è stata a lungo una storia femminista di oppressione delle donne. Per cinquant’anni, il movimento abortista ha ruotato intorno al mito della tutela della loro salute. Per questo motivo, l’aborto è sempre stato relazionato al corpo delle donne, al grido di “il mio corpo, la mia scelta” (“my body, my choice”). Gli uomini non dovevano esprimersi al riguardo.

 Improvvisamente, nel movimento abortista è apparsa una nuova e curiosa crepa che contesta questa narrazione. Le organizzazioni mediche, i gruppi di difesa e i politici di sinistra stanno cambiando la retorica. Non usano più la parola “donna” nel dibattito sull’aborto. Il movimento è diventato “woke” e si sta lasciando alle spalle le femministe, che rappresentano ormai la rivoluzione di ieri.

Una pugnalata alle spalle

Il collaboratore del New York Times Michael Powell ha citato un tweet pro-aborto della American Civil Liberties Union che lanciava l’allarme sul possibile ribaltamento della sentenza abortista Roe versus Wade (come difatti è poi accaduto). Strano, ma il tweet non menziona l’unica fascia sociale biologicamente in grado di abortire, le donne. In esso si legge: “I divieti di aborto danneggiano in modo sproporzionato gli indigeni, i neri e altre persone di colore. La comunità L.G.B.T.Q. Gli immigrati. I giovani. Chi lavora per sbarcare il lunario. Persone con disabilità. Proteggere l’accesso all’aborto è una questione urgente di giustizia razziale ed economica”.

Il messaggio è chiaro. Il movimento abortista si è ormai talmente fuso con l’avanguardia dell’odierna rivoluzione woke da non poter essere separato dagli altri “gruppi identitari”. L’ideologia di sinistra è ormai così radicale da non accettare che una persona possa essere una donna, perché tutti devono essere incanalati in un bizzarro mondo “non binario”. La presunta ragione della lotta in favore dell’aborto – le donne oppresse – è ora messa da parte, tanto da far venire il sospetto che non sia mai stato il motivo principale.

Persino i grandi enti Planned Parenthood e N.A.R.A.L. Pro-Choice America, che a lungo hanno dettato il copione del dibattito sull’aborto, oggi stanno evitando quella parola che inizia con la “d”. Potranno ancora organizzare marce di donne qua e là per impressionare la loro base. Parleranno ancora di “scelta della donna” riferendosi a un punto di vista del passato. Tuttavia, stanno già pugnalando alle spalle le attiviste femministe. La letteratura pro-aborto utilizza sempre più spesso termini come “persone incinte” e “persone che partoriscono” per indicare le donne che aspettano un figlio.

Che cos’è una donna?

Non si tratta più di donne. I lunghi decenni passati a sviluppare dipartimenti di studi sulle donne e la letteratura femminista sono finiti. Sono cose superate, persino reazionarie. La nuova lotta ruota attorno al “genere”, un linguaggio neutro che riflette la convinzione secondo la quale il sesso di una persona è un costrutto sociale che si autodetermina.

Affermare l’esistenza di un uomo o di una donna deve essere rifiutato del tutto. Infatti, nemmeno la giudice appena designata per la Corte Suprema, Ketanji Brown Jackson, risponderebbe alla domanda “che cos’è una donna?”, a meno che non abbandoni il sentiero della rivoluzione woke.

Nel caso dell’aborto non ci possono essere distinzioni tra donne e uomini “transgender” (cioè femmine alla nascita), poiché entrambi possono diventare “persone che partoriscono” e quindi possono abortire. Il nuovo attivismo abortista riflette questo cambiamento di scenario senza donne.

Un processo dialettico di costante cambiamento 

Questo sviluppo era prevedibile. I rivoluzionari di sinistra credono che la storia sia un processo dialettico di lotta di classe senza fine tra coloro che opprimono e coloro che sono oppressi.

Man mano che la storia avanza, quanti sono rimasti bloccati nelle fasi precedenti devono essere scartati senza tanti sentimentalismi o rimpianti. Le femministe di ieri vanno sacrificate sull’altare degli odierni trans-sacerdoti che reinterpretano la sessualità. Affermando un’identità immutabile, le vecchie femministe combattenti per la libertà (così come le atlete femmine) sono ora i nuovi oppressori.

  La nuova rivoluzione possiede tre caratteristiche che si riflettono in questa nuova fase: odia la definizione, si oppone alla limitazione sociale e tende all’autodistruzione.

Le tre caratteristiche della trans-rivoluzione

In primo luogo, la nuova rivoluzione cerca di distruggere le definizioni, poiché il semplice atto di definire limita la persona all’interno di confini stabiliti. Questa restrizione equivale a una oppressione. Il mondo binario limita la persona a due categorie imposte dalla natura umana, mentre i nuovi modelli fluidi escono dalle catene imposte dalla natura umana e dichiarano nuovi “generi”. La persona “transgenderizzata” è il nuovo rivoluzionario che autodetermina pronomi, identità e natura.

In secondo luogo, i nuovi rivoluzionari odiano tutte le restrizioni che vedono incorporate nelle strutture sociali, nelle tradizioni e nelle istituzioni. La guerra culturale odierna cerca di distruggere tutte le restrizioni “sistemiche”, perché ostacolano questa nuova visione dell’umanità, che si tratti di pronomi, bagni o sport. Nell’attuale fase della battaglia, tutte le manifestazioni culturali della distinzione maschio/femmina vanno cancellate.

Questo porta alla terza e ultima caratteristica che già ci sta indicando il futuro. L’odio per la natura umana porta a un desiderio nichilista di distruggere la creazione e il Creatore. Per questo motivo, le nuove proteste contengono manifestazioni blasfeme e sacrileghe. Le chiese cattoliche sono vandalizzate. I raduni a favore dell’aborto si caratterizzano per l’inquietante presenza di simboli stregoneschi e satanici. Ogni nuovo passo nel processo rivoluzionario avvicina questa rivolta alla propria autodistruzione.

Un ponte troppo lontano? 

L’insistenza nel rendere l’aborto “gender-fluid” sta causando disagio tra i conservatori. Conferma ciò che hanno sempre sospettato: le questioni sessuali più scottanti sono collegate e hanno un denominatore comune. Alcuni politici conservatori hanno segnalato questi collegamenti per mostrare il vero volto dei loro avversari e i loro obiettivi inconfessati. 

L’etichetta di “persone che partoriscono” nella lotta in favore dell’aborto spaventa anche coloro che si trovano al centro, perché si vedono forzati a una rivoluzione per la quale non nutrono alcuna simpatia. Persino le femministe si sentono tradite, poiché le persone trans hanno rubato la loro bandiera di battaglia e la fanno ondeggiare a proprio vantaggio. I nuovi rivoluzionari osano persino rivolgere la bandiera contro la vecchia causa femminista.

In effetti, i veterani della lotta pro-aborto hanno a lungo inquadrato il dibattito come una questione di salute della donna. Ora al pubblico viene raccontata una narrazione diversa che contraddice quella sostenuta in precedenza. Le femministe vecchio stile devono anche affrontare gli arrabbiati attivisti transgender e i loro alleati, che le definiscono transfobiche e “cissessiste”, che percepiscono cioè in modo positivo la corrispondenza fra la propria identità di genere e il proprio sesso biologico e che persistono sull’argomento che vietare l’aborto sia una “guerra alle donne”.

Il menzionato articolo del New York Times cita lo studioso di femminismo prof. Steven Greene, della North Carolina State University, che mette in dubbio la saggezza del cambiare il messaggio nel bel mezzo della lotta. A suo avviso, questo allontana la base femminista del movimento: “Gli attivisti stanno adottando simboli e linguaggio che non sono solo inaccettabili per la destra, ma anche per le persone di centro e persino per i liberal“, osserva Greene.

Cambiare i termini del dibattito

Tutto ciò cambia la natura del dibattito, un tempo così accuratamente prestabilito. Le teste calde del movimento trans rischiano di far perdere settori necessari di sostegno. Il nuovo attivismo dimostra che la rivoluzione sessuale è un processo che non si fermerà finché non saranno approvate tutte le aberrazioni; finché tutte le persone diventeranno androgine e tutte le moralità saranno soppresse.

La sinistra non nasconde più i suoi obiettivi. Questo processo è diretto contro Dio, la Sua Legge e la Chiesa. Solo una restaurazione della civiltà cristiana può garantire il ritorno all’ordine.