Ce n’est qu’un dèbut

manif_pour_tousTempi n.3 23 gennaio 2013

L’avevano descritta come un’adunata intollerante enemica delle minoranze. Invece il corteo di Parigi contro la legge sui matrimoni gay e il piallamento di ogni diversità e’ stato un elemento partecipato anche dagli omosessuali. Un capolavoro politico e culturale di resistenza al nuovo conformismo

da Parigi Rodolfo Casadei

IL MOMENTO PIÙ COMMOVENTE della grande manifestazione di Parigi è stato quando Jean-Pierre di Homovox, indosso la t-shirt dell’evento, ha preso il microfono sul palco e si è rivolto alla folla: «Sono omosessuale e ho una vita di coppia in regime di Pacs (l’unione civile che in Francia esiste dal 1999, ndr). Sono qui perché ogni bambino ha diritto ad avere un padre e una madre. Perché non voglio che le donne siano ridotte a macchine per produrre figli per coppie di uomini. Perché non voglio che i figli dell’eterologa passino la vita alla disperata ricerca delle loro radici.

Non ogni amore è fatto per il matrimonio. È l’amore incarnato nella differenza dei sessi che fa il matrimonio. Grazie, a nome degli omosessuali, per essere qui a difendere il reale!». Un’ovazione è salita dalle 800 mila anime sul prato del Champs de Mars, in faccia alla Tour Eiffel, e ha spazzato via per sempre le accuse di omofobia e di negazione dei diritti altrui. Se le è portate via l’acqua della Senna, verde e increspatissima sotto il Pont d’Iena.

La manifestazione contro il progetto di legge Taubira per il matrimonio e l’adozione (e presto anche la fecondazione assistita) aperti a tutti è stata un capolavoro politico e culturale. Il presidente Francois Hollande e il governo di Jean-Marc Ayrault sicuramente non indietreggeranno di un passo nei loro progetti, ma è indubbio che nel giro di quattro mesi il clima sociale intorno al dibattito è completamente cambiato, e anche i media hanno dovuto prenderne atto.

Gli oppositori al matrimonio omosex sono riusciti a scuotersi di dosso tutte le etichette denigratorie che erano state loro cucite addosso, e ad accreditarsi come una grande forza popolare, intergenerazionale, pluralista, repubblicana, sinceramente preoccupata del pericolo di collasso delle istituzioni della vita civile che la nuova legge fa correre alla patria dei diritti umani.

Senso critico, discorso razionale e tolleranza oggi sono i contrassegni caratteristici del movimento che si oppone al “matrimonio per tutti”, mentre l’immagine dell’intolleranza verso le idee altrui, dell’arroganza che rende sordi ai ragionamenti assennati e della sopraffazione dei diritti dei più deboli ha cominciato a incollarsi su promotori e difensori della legge.

Infatti un altro momento drammatico e struggente della kermesse è stato quando un ragazzo dai tratti asiatici, ai limiti della perdita del controllo di sé, ha urlato nel microfono del palco: «Noi figli adottati non siamo una medicina per la sterilità degli adulti! Non siamo la cura per il loro dolore! Siamo bambini, non siamo diritti!».

La Manif pour tous è riuscita a produrre una sintesi che sembrava impossibile: un movimento che non perde spessore intellettuale nel mentre che pratica i tempi e i modi dell’azione di piazza, che difende i valori tradizionali con una padronanza perfetta dei meccanismi della comunicazione audiovisuale e delle regole della società dello spettacolo, che consente alla Chiesa cattolica di testimoniare la dignità pubblica delle sue preoccupazioni morali al servizio del bene comune senza che atei e non credenti aderenti all’iniziativa (fra loro psicanalisti e psichiatri) provino il minimo disagio o la minima subalterni.

Il merito dell’impresa spetta soprattutto a due persone: il cardinale arcivescovo di Parigi, monsignor Andre Vingt-Trois, e l’umorista cattolica convertita Frigide Barjot, nome d’arte di Virginie Tellenne. Il primo ha saputo riaccendere e mantenere vivo un dibattito che sembrava già chiuso, con una serie di interventi a partire dall’estate scorsa che gli sono costati molte invettive; la seconda ha il merito del crescendo mediatico del movimento, ottenuto con una regia sapiente delle apparizioni televisive, quasi tutte in trasmissioni di intrattenimento, e con uno stile disinvolto e alla moda capace di far apparire la posizione anti-matrimonio omosessuale perfettamente progressista e aggiornata ai tempi.

Per non sprofondare in basso

II 13 gennaio di Parigi è cominciato in certo qual modo durante le Messe mattutine, mentre le 800 corriere e i 6 Tgv prenotati dai comitati locali cominciavano a riversare manifestanti da tutta la Francia. La parrocchia di Saint Ferdinand des Ternes è a poche centinaia di metri da Place de la Porte Maillot, da dove parte uno dei tre cortei che convergeranno sul Campo di Marte, la grande spianata fra la Torre Eìffel e l’Accademia militare.

Il celebrante si accorge subito che i fedeli sono più numerosi del solito: «Sono lieto di vedere più facce delle altre domeniche, questo vuoi dire che la manifestazione sarà molto partecipata. Anche alcuni parrocchiani si ritrovano dopo la Messa per andare».

Al momento dell’omelia, dopo la lettura di Isaia sulla consolazione di Gerusalemme e quella da Luca sul Battesimo di Gesù, il sacerdote torna sull’argomento: «Poiché non ci si lascia sollevare in alto, si sprofonda in basso. In questi giorni chi distribuiva volantini ai nostri fratelli africani e asiatici incontrava volti sbalorditi: non riescono a comprendere che nella nostra società non c’è più consenso intorno a cosa sia una famiglia.

È giusto marciare oggi, ma la cura della famiglia deve vedersi nella vita quotidiana. Chi vive in provincia non lo sa, ma in questa città le famiglie faticano a ritrovarsi insieme a tavola: i ritmi di vita ormai isolano le persone». All’uscita il diacono Francois Déprez sfida apertamente la laicità alla francese: «Ai battezzati a livello politico viene consigliato di non fare riferimento alla loro fede cristiana se vogliono intervenire in ambito pubblico.

Ci si suggerisce di essere schizofrenici, di separare la sfera privata dalla vita pubblica. I luoghi dove potremmo praticare la nostra fede dovrebbero limitarsi alla chiesa e alla casa. Ma se agissimo così, rinnegheremmo Cristo. Lui non ha mai nascosto la verità all’uomo peccatore, senza smettere di manifestargli il suo amore».

A Porte Maillot il corteo si muove alle 13 in punto, in un tripudio di rosa, azzurro e bianco, i tre colori della manifestazione. Nessuno sa dare una spiegazione univoca della simbologia cromatica, ma sembra soprattutto un affronto calcolato alla teoria del gender, che vede come il fumo negli occhi l’associazione di determinati oggetti o comportamenti con la differenza sessuale.

Tanto più la tradizionale identificazione azzurro=maschio, rosa=femmina. «Il bianco è il matrimonio, il rosa le figlie femmine e l’azzurro i figli maschi», spiega convinta una signora. L’assortimento dei manifestanti è stupefacente: sembrano la riproduzione esatta della piramide demografica “a campana” della Francia d’oggi: tot bambini, tot adolescenti, tot adulti, tot anziani. Forse i sessantenni sono leggermente sovrarappresentati rispetto ai quarantenni, ma di poco.

Si avanza a suon di musica rock francese e di fischietti scatenati. Non ci sono simboli di partito o sigle delle associazioni organizzatrici, ma solo stendardi delle 22 regioni della Francia e palloncini e bandiere con i colori e il logo della manifestazione. Che moltissimi portano dipinto sulle guance: uomo e donna stilizzati che tengono per mano due figli maschio e femmina.

L’atmosfera è “bon enfant”, come dicono i francesi, i poliziotti in nero della gendarmeria sorridono: raramente a Parigi sfilano cortei così tranquilli e rilassati. Ma il messaggio politico è martellante, fatto di cartelli e slogan ritmati. Fra i primi i più popolari sono: “Papa Maman y’a pas mieux pour un enfant” (“Papa, mamma, non c’è niente di meglio per un figlio”), “Je suis un enfant, pas un droit!” (“Sono un bambino, non sono un diritto!”), “La différence est la eie de l’existence” (“La differenza è la chiave dell’esistenza”), “Tous nés d’un nomine et d’une fem-me” (“Tutti nati da un uomo e da una donna”).

Quanto agli slogan urlati, a parte il divertente “Pa-pa-Mére: Enfant! Enfant!”, qui i manifestanti hanno chiaramente rotto le consegne. Che erano di evitare «qualsiasi slogan di natura politica o che metta in causa delle persone». Slogan politici antigovernativi in senso stretto effettivamente non ce ne sono stati, ma l’occasione era troppo ghiotta per non bersagliare personalmente Francois Hollande, e così la gente s’è divertita un mondo a scandire in coro “Hollande, Hollande, va t’marier, va t’marier!”. Cioè “vatti a sposare”: il paradosso infatti vuole che il presidente che intende istituire il “matrimonio per tutti” sia anche l’unico non sposato di tutta la Quinta Repubblica.

Il volto del presidente e quello del ministro della Giustizia Christiane Taubira autrice del progetto di legge apparivano poi su giganteschi manifesti contraffatti del film La gioire de mon pére, versione cinematografica del romanzo autobiografico di Marcel Pagnol. Il titolo però è stato adattato ai nuovi tempi: “La gloire de mon père“. Quando poi la folla partita da Porte Maillot, da Piace d’Italie e da Denfert Rochereau si è ritrovata unita sull’erba del Campo di Marte, il presidente ha avuto l’onore di sentire il suo nome scandito come un tuono da 800 mila bocche: “Hollande, Hollande, ta loi on n’en veut pas!” (“Hollande, Hollande, non vogliamo la tua legge”).

Gangnam Style collettivo

Lungo il percorso da finestre e balconi pendevano striscioni – non molti, per la verità – che riprendevano gli slogan dei cortei. A quanti salutavano solidali dai piani alti i marciatori rispondevano, da veri animali da manifestazione quali sono i francesi, “dans la rue! Dans la rue!”.

Cioè: scendete in strada. I volontari del servizio d’ordine – mille giovani vestiti di arancione (security), di verde (logistica) e di giallo (accoglienza) – vegliavano fra le altre cose a impedire che la gente avanzasse sui marciapiedi anziché in mezzo alla strada. «Solo chi marcia sul pavé viene contabilizzato dalle autorità», spiega un volontario vestito di giallo.

Ma la precauzione non ha impedito che le stime di polizia e organizzatori sul numero dei manifestanti divergessero seriamente: 350 mila per i primi, più di 800 mila ad avviso dei secondi. A occhio, sono sembrati più vicini alla verità i secon­di.

O almeno è l’impressione che ha avuto chi ha assistito al più grande Oppah Gangnam Style della storia sull’erba del Campo di Marte: un popolo di bambini piccoli e settantenni imbacuccati che si dimenavano come invasati all’irresistibile ritmo rap di Psy. A dimostrazione che la linea di confine fra il possibile e l’impossibile la si può spostare sempre un po’ più in là.

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UNA RESPONSABILITA’ DI TUTTI

L’APPELLO IN DIFESA DELLA DIFFERENZA SESSUALE

CONTRO IL “NUOVO ORDINE” FONDATO SUL GENERE

Pubblichiamo l’appello con cui 34 associazioni co-organizzatrici hanno invitato tutti i francesi a unirsi alla “Manifpour tous” (La manifestazione per tutti).

Il “Matrimonio per tutti” è il “matrimonio” omosessuale imposto a tutti! Il progetto di legge “Matrimonio per tutti” ribalta il Codice civile sopprimendo sistematicamente le parole “marito” e “moglie”, “padre” e “madre”, a profitto di termini asessuati e indifferenziati (specialmente “genitori”).

Questo progetto intende dunque sopprimere legalmente l’alterità sessuale e rimettere in causa il fondamento dell’identità umana: la differenza sessuale e la filiazione che ne risulta. Esso apre la via a una nuova filiazione “sociale”, senza rapporto con la realtà umana. Esso crea il quadro di un nuovo ordine antropologico, fondato non più sul sesso ma sul genere e sulla preferenza sessuale.

Il “Matrimonio per tutti” è la fine della genealogia per tutti! Con la piena adozione da parte di due uomini o due donne, dei figli saranno considerati come nati da due genitori dello stesso sesso, dunque privati volontariamente della madre o del padre. Saranno privati dell’accesso a una parte delle loro origini. È profondamente discriminatorio e ingiusto per i figli.

Il “Matrimonio per tutti” condurrà ineluttabilmente alla procreazione scientifica per tutti! Essendo il numero dei bambini adottabili in Francia inferiore al numero di coppie in attesa di adozione, le coppie dello stesso sesso adotteranno bambini prodotti con la fecondazione assistita eterologa per quanto riguarda le donne, grazie a uteri in affitto per quanto riguarda gli uomini.

Gli emendamenti alla legge voluti da un centinaio di deputati vanno in questa direzione; e il primo ministro annuncia già questa evoluzione in una “legge complementare sulla famiglia”. Il matrimonio civile uomo-donna e la filiazione padre-madre-figlio rappresentano l’eguaglianza e la giustizia per tutti! La norma paritaria e la filiazione naturale – universali – della famiglia favoriscono la coesione sociale e intergenerazionale. Noi non ignoriamo tuttavia le problematiche specifiche delle persone omosessuali.

Certe disposizioni legali permettono già di farsene carico. Esse possono essere migliorate senza sconvolgere il matrimonio civile uomo/donna e la parentalità reale. Poiché noi abbiamo la responsabilità storica di preservare il nostro stato civile, la nostra società e la nostra umanità, impegniamoci con determinazione e senza omofobia: il popolo e la società saranno di nuovo per la strada, coi loro sindaci, i loro rappresentanti, le loro autorità morali, per reclamare degli Stati generali sul matrimonio, la filiazione e i diritti del figlio; per chiedere il ritiro di questo progetto di legge. Siamo tutti nati da un uomo e da una donna, questa cosa ci riguarda tutti! Il popolo di Francia deve sollevarsi per i suoi figli, per il suo avvenire… e per la nostra umanità, costituita uomo e donna.

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LA TATTICA VINCENTE DELLA CHIESA

E L’ “ADDETTA STAMPA DI GESÙ” LODÒ I MANIFESTANTI NON CATTOLICI

Marciare divisi per colpire uniti, emergere e immergersi continuamente come un sommergibile. È stata questa la tattica vincente della Chiesa cattolica per arrivare a suscitare un movimento di opposizione al progetto di legge del “matrimonio per tutti” di portata nazionale.

Applicata alla manifestazione stessa del 13 gennaio: una decina di vescovi ha marciato per le strade di Parigi, un centinaio sono rimasti a casa; il cardinale arcivescovo di Lione Philippe Barbarin si è unito al corteo partito da Piace d’Italie e ha camminato fianco a fianco con Benaissa Ghana, il presidente del Consiglio regionale del culto musulmano di Rhone-Alpes, invece il cardinale arcivescovo di Parigi Andre Vingt-Trois è apparso fugacemente a piazza Denfert-Rochereau dove ha portato il suo saluto agli organizzatori per poi ritirarsi.

Nelle chiese di tutto il paese i celebranti hanno espresso simpatia e sostegno a chi aderiva alla manifestazione ma hanno anche riconosciuto la legittimità della scelta di chi non sarebbe andato. In piazza la maggioranza dei manifestanti era di estrazione cattolica, ma la scenografia e gli interventi che si sono succeduti hanno mantenuto fede alla promessa di una manifestazione che rappresentasse «un’onda apolitica e aconfessionale contro il matrimonio, le adozioni e la fecondazione assistita per tutti e soprattutto contro l’omofobia».

Insomma la Chiesa francese è riuscita nella non facile impresa di suscitare la più grande manifestazione di protesta dai tempi di quella contro il progetto di legge Savary-Mitterrand che voleva statalizzare tutta l’educazione, senza poter essere fatta coincidere con l’iniziativa. È riuscita ad animare un movimento di massa senza poter essere identificata con quel movimento.

Cruciale a questo proposito il ruolo di Frigide Barjot, l’umorista cattolica (che si presenta provocatoriamente sui palcoscenici come “l’addetta stampa di Gesù”) che ha saputo valorizzare mediaticamente al massimo le componenti non cattoliche della protesta: omosessuali contrari al matrimonio gay, socialisti dissidenti dalla linea ufficiale del partito, musulmani, cristiani di sinistra normalmente polemici con la gerarchia ecclesiastica ma contrari alla mercificazione del corpo della donna, eccetera.

La scelta del ministro dell’educazione Vincent Peillon di ammonire le scuole cattoliche perché, in nome della neutralità che la laicità prescrive in ambito educativo, non organizzassero discussioni sul progetto di legge, si è trasformata in un autogoal quando i giornali hanno raccontato che nel mese di ottobre la portavoce del governo Najat Vallaud-Belkacem si era presentata in un liceo insieme a un esponente dei gruppi Lgbt magnificando davanti agli studenti l’istituzione del “matrimonio per tutti”.

Domenica il cardinale Barbarin ha ribadito le ragioni di chi è contrario: «Questa legge commette una grande violenza contro una nazione. Non sarà un progresso per la Francia, e questa è una convinzione che va al di là delle divisioni politiche. Sì, spero proprio che il progetto di legge venga ritirato».