Cina, “parlamentari italiani agli ordini del Dragone”: il dossier esplosivo con tanto di nomi

Libero 21 Novembre 2021

di Marco Respinti

Un dossier di 60 pagine rileva gli amici del Dragone. Tutti impegnati a far dimenticare i massacri degli oppositori e la negazione dei diritti umani. L’Italia è una prateria dove il Partito Comunista Cinese (PCC) dilaga. Lo denuncia Una preda facile. Le agenzie di influenza del PCC e le loro operazioni nella politica parlamentare e locale italiana, 60 fitte pagine firmate da Livia Codarin, Laura Harth e Jichang Lulu, ricercatori per il Comitato globale per lo Stato di diritto «Marco Pannella» e Sinopsis, un progetto della Ong ceca AcaMedia e della facoltà di Sinologia dell’Università Carolina di Praga.

Un vasto sistema di agenzie di influenza organizzato dal PCC agisce sui media italiani grazie al China Media Group, dipendente dal Dipartimento cinese per la propaganda e padrone dei quotidiani di Stato, e a Radio Cina Internazionale, con strumenti come il periodico bilingue Cinitalia. Poi ci sono gli istituti di cultura, analoghi ai Confucius Institute che spargono propaganda fingendo d’insegnare il mandarino.

Ma è soprattutto il Parlamento italiano che fa gola al Dipartimento del Lavoro del Fronte Unito, di facciata l’alleanza fra gli otto partiti cinesi legali per fingere l’esistenza del multipartitismo, in realtà un’agenzia di intelligence per infiltrare partiti stranieri, gruppi religiosi, mondo degli affari, ambienti accademici e persino la diaspora dei dissidenti.

NEMICI-AMICI

Vinicio Peluffo (Pd)

Occorre infatti, si afferma nel dossier, «coltivare relazioni con un nucleo pienamente allineato al PCC e circondare questo nocciolo duro di sostenitori con ulteriori “strati” di individui altrettanto efficaci nel legittimare il PCC, sia per la loro maggiore popolarità sia per le loro critiche costruttive». Gran parte del lavoro la svolgono peraltro infatti i «”nemici-amici”, che mettono a disposizione la loro rispettabilità: il supporto al PCC appare infatti più credibile quando proviene da critici dichiarati di alcuni aspetti delle politiche del Partito».

Maria Rizzotti (Fi)

Ora, la diplomazia alternativa la fanno realtà come l’Associazione di Amicizia del Popolo Cinese con l’Estero (CPAFFC), di cui partner chiave in Italia è l’Italy China Friendship Association, nata nel 2012 e guidata dall’ex presidente della Camera, e conduttrice televisiva, Irene Pivetti. Ma uno dei perni maggiori di questa “Spectre neo-post-nazional-comunista” per nulla di fantasia è il Dipartimento per i contatti internazionali (ILD).

Il suo referente italiano è l’Associazione parlamentare Italia-Cina, o Associazione Amici della Cina. Vinicio Peluffo, già deputato del Partito Democratico (PD) e oggi suo segretario regionale in Lombardia, l’ha presieduta dal 2013 al 2019. Poi è subentrata Maria Rizzotti, senatrice di Forza Italia, che nel marzo 2020 bucò i media di Pechino per le lodi rivolte alla gestione cinese del CoViD-19, altra lancia della più recente propaganda cinese verso lo Stivale.

Alessandro Marran (Pd)

Nel 2019 delegazioni degli “Amici” sono state a Pechino e in Tibet, ripetendo sul secondo le fake news della prima. A guidarle era Mauro Maria Marino, deputato di Italia Viva, all’epoca presidente della Commissione Bilancio del Senato. Altro membro notevole dell’Associazione è Marina Berlinghieri, deputato del PD, che nel 2016 era nello Yunnan e che nel 2019 ha incontrato l’ILD. Oggi però più degli “Amici” conta l’Istituto per la Cultura Cinese.

Vito_Petrocelli_M5S

Fondato nel 2016 dall’allora senatore PD Alessandro Maran e dell’ambasciata cinese in Italia quando Matteo Renzi era premier, prevede per statuto la partecipazione di rappresentanti sia del ministero italiano degli Esteri sia dell’ambasciata cinese nelle riunioni dirigenziali. Alla presidenza Maran è poi seguita quella di Vito Petrocelli (M5S), presidente della Commissione Esteri del Senato.

Ettore Rosato (Italia Viva)

Oggi presiede invece Ettore Rosato, vicepresidente della Camera e coordinatore nazionale di Italia Viva. L’ambasciata cinese si congratulò per la sua nomina due settimane dopo avere tuonato contro i parlamentari italiani che avevano osato videocollegarsi con l’attivista democratico di Hong Kong, Joshua Wong, come pure aveva espresso “disappunto” la Farnesina.

ALTE CARICHE

Davide A. Ambroselli (Italia Viva)

Davide Antonio Ambroselli, impiegato nell’ufficio legislativo del Senato per Italia Viva, è l’attuale vicepresidente e direttore dell’ICC. Il comitato scientifico lo guida Stefania Giannini, già ministro dell’Istruzione del governo Renzi, poi al vertice del Dipartimento Istruzione dell’UNESCO.

Nel 2017, all’assemblea pubblica dell’ICC in Senato, c’erano Pier Ferdinando Casini (Centristi per l’Europa), già presidente della Camera, e soprattutto l’allora presidente del Senato Pietro Grasso (Partito Democratico e ora Liberi e Uguali), che due anni prima incontrò il premier Li Keqiang in Cina e svolse una lezione di “etica politica” alla Scuola centrale del PCC.

P. Ferdinando Casini

Quando lo stesso anno l’ICC organizzò la presentazione della traduzione del libro di Xi Jinping, Governare la Cina (Giunti), Grasso tenne l’orazione inaugurale. Oltre all’allora vicepresidente della Camera e attuale viceministro degli Esteri, Marina Sereni (PD) e all’ex sindaco di Roma, Francesco Rutelli, vi era anche l’allora ambasciatore d’Italia in Cina Ettore Sequi.

Sequi è poi diventato prima Capo di gabinetto poi Segretario generale del ministro degli Esteri Luigi Di Maio. Lo stesso Di Maio che nel marzo 2019 firmò da vicepremier e da ministro per lo Sviluppo economico il “Memorandum d’intesa” con Pechino, ispirato dal suo Sottosegretario, Michele Geraci, che è un mero inginocchiamento politico del nostro Paese alla strategia tentacolare della cosiddetta «Nuova via della seta» con cui la Cina vuole sinizzare la globalizzazione.

Ettore Sequi

E Sequi ha gestito il Piano d’azione triennale per il rafforzamento della collaborazione, 2021-2023 fra Italia e Cina, denunciato in giugno su Formiche.net da Laura Harth, una delle autrici del dossier Sinopsis. Il linguaggio del “Piano” è infatti l’opposto di quello usato da Mario Draghi quando, al G7 di Carbis Bay, manifestò l’intenzione di rivedere il “Memorandum Geraci/Di Maio”. Che infatti non è ancora stato riveduto.

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