La straordinaria storia di Giovanna D’Arco: infanzia e giovinezza

Informazione Cattolica 17 Giugno 2020  

Chi era Giovanna d’Arco? In una mini-serie di articoli, proveremo a raccontare la storia di questa giovane santa, mandata da Dio per liberare la Francia dall’occupazione inglese e morta a soli 19 anni per mezzo del tribunale dell’Inquisizione, manovrato, come vedremo, dal potere inglese.  

Simonpietro Carta

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Di lei abbiamo tantissime notizie storiche; la sua vicenda biografica è tra le più documentate tra i personaggi del XV secolo. Questo per il fatto che le fecero 2 processi: il primo, quando era viva, organizzato dagli Inglesi con il solo scopo di condannarla a morte e, il secondo, vent’anni dopo, disposto dal re di Francia (Carlo VII) per annullare il precedente processo. Se si togliesse Dio da questa storia, come alcuni hanno provato a fare, molti eventi raccontati farebbero acqua da tutte le parti.

Giovanna nasce probabilmente nell’inverno del 1412 a Domrémy da Jacques D’Arc e Isabelle Romée, alla sua nascita aveva già tre fratelli (Jacques, Jean e Pierre) e, dopo di lei, nacque un’altra sorellina (Catherine). Jacques e Isabelle erano agricoltori, veri e buoni cattolici, benestanti, nettamente al di sopra della media dei vicini. Lo attesta anche il gran numero di padrini e madrine presenti al battesimo di Giovanna.

Al villaggio di Giovanna, nonostante la maggior parte degli abitanti erano contadini, si fa politica. L’inglese Enrico V è entrato a Parigi e, nel 1422, si è proclamato “re di Francia”. Il Paese è diviso: i Borgognoni stanno con gli Inglesi, e così anche Parigi e la sua Università, la Sorbona. Il villaggio di Giovanna è dalla parte del “delfino” Carlo, il principe ereditario del trono di Francia, a cui rimane solo il Sud del regno.

hiamarla “Giovanna d’Arco” (Jeanne d’Arc) in realtà è una “stortura” moderna. All’epoca nessuno la chiamava con quel “cognome”. Lei stessa si auto-nomina “Jeanne la Pucelle”, Giovanna la Pulzella. Il termine “pulzella” in italiano ha oggi un senso ridicolo ma, nella Francia dell’epoca, Pucelle voleva dire “vergine”, in quanto ragazzina che non è ancora in età da matrimonio. L’espressione “Pulzella di Orléans” comparirà solamente nel XVI secolo.Jeannette, come veniva chiamata da bambina, viene educata alla fede cristiana e ai buoni costumi, e si comporta in modo tale che quasi tutti gli abitanti di Domrémy l’amavano: va assiduamente in chiesa, frequenta i luoghi sacri e si confessa spesso.

A casa si occupa dei lavori femminili: è bravissima a filare e a cucire e cresce come una ragazzina normale. Ma gli eventi che accorsero nell’estate del 1425 fecero di lei una ragazza diversa e straordinaria rispetto a tutte le altre.

Quando Giovanna ha 13 anni, succede infatti un evento straordinario, che ci viene descritto da lei stessa nel suo primo processo: «All’epoca dei miei tredici anni sentii una voce mandatami da Dio per guidare le mie azioni. La prima volta ho avuto molta paura. La voce si fece sentire a mezzogiorno, eravamo d’estate». Mentre si trovava nel giardino di suo padre, aggiunge, quella voce «veniva da destra, dal lato della chiesa. Quasi sempre c’è anche un bagliore. La luce viene sempre dallo stesso lato della voce e di solito è molto forte».

«Fu san Michele a mostrarsi [per primo] ai miei occhi. Non era solo, ma circondato dagli angeli del cielo… Li ho visti con i miei occhi, visti come vedo voi tutti  [Giovanna sta parlando ai suoi giudici]. Quando mi lasciavano, piangevo e avrei voluto che mi portassero via con loro».

Le voci di cui parla Giovanna non quelle che un malato di isteria potrebbe sentire o quelle descritte in alcuni racconti o film su di lei: sono le voci di san Michele arcangelo, di santa Margherita di Antiochia (275-290) e santa Caterina di Alessandria (287-305), che oltretutto le appariranno e comunicheranno con lei in quasi tutti i giorni della sua vita. Due sante morte giovanissime, vergini e martiri.

Ma continua la Pulzella nei suoi racconti: «dopo averla ascoltata tre volte, capii che era la voce di un angelo… Mi diceva di comportarmi bene, di andare in chiesa, di fare la brava ragazza, che Dio mi avrebbe aiutato. …Mi disse che era necessario che io, Giovanna, dovevo partire e andare in Francia. … di liberare Orléans assediata. Mi diceva di andare a trovare Robert de Baudricourt a Vaucouleurs perché mi desse degli uomini per accompagnarmi [in questa missione]. Le risposi che ero una ragazza, che non sapevo né andare a cavallo né fare la guerra. Poi l’angelo mi parlava della grande miseria in cui si trovava il regno di Francia».

Subito dopo, Giovanna, a 13 anni, farà voto di verginità.La situazione per la Francia del tempo era davvero tragica: solo un miracolo poteva salvarla. Ma di questo parleremo nel prossimo articolo…

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Informazione Cattolica 29 Giugno 2020

Giovanna D’Arco era una pazza o è stata mandata da Dio?

Simonpietro Carta

La prima volta che le voci le parlano, Giovanna è troppo piccola per partire (ha 13 anni). Ma quando ha 15 o 16 anni, Jeanne prova a realizzare quello che le sue voci tutti i giorni le stanno chiedendo di fare.

Carlo, Robert de Baudricourt.

Nel maggio del 1428 Giovanna scappa di casa e va a Vaucouleurs, il primo villaggio più vicino al suo (Domrémy) dove c’è una guarnigione francese, comandata da un capitano del Delfino Lei gli dirà che è stata mandata da Dio per salvare la Francia. Il capitano fa la stessa cosa che farebbe oggi un qualsiasi capitano delle forze dell’ordine nel caso in cui si presentasse una ragazzina venuta dal nulla e gli dicesse che Dio la manda a salvare il proprio paese: fa chiamare i genitori e gli dice di riportarsela a casa e di darle due ceffoni!

I genitori sono preoccupati per quella ragazzina: che ne sanno loro della sua missione? Lei non ne aveva parlato con nessuno! Il padre ha paura che la sua fuga dipendesse dal voler seguire i soldati, come succede spesso alle ragazzine di quei villaggi. I genitori le combinano addirittura un matrimonio a sua insaputa con un ragazzo di Toul, che poi la citerà in giudizio davanti a un tribunale ecclesiastico: il vescovo darà ragione a Giovanna, poiché lei non aveva mai prestato il suo consenso.

Nel gennaio del 1429 ci riprova. E quando questa volta busserà alla porta di Robert de Baudricourt (Giovanna ha all’incirca 17 anni), in realtà Giovanna sta bussando alla porta della storia.

Giovanna si presenta a Robert de Baudricourt in gonnellina e giacchettino di color rosso. E dirà in maniera perentoria: “Entro metà Quaresima bisogna che io sia presso di lui [il Delfino Carlo], dovessi anche logorarmi i piedi fino alle ginocchia! Non vi è né re né duca né figlia del re di Scozia o altri che possano recuperare il regno di Francia, e non ci sarà aiuto se non per mezzo mio!”.

Questa volta il capitano accetta. Gli abitanti di Vaucouleurs ormai conoscono Giovanna e fanno il tifo per lei. Conoscono quella profezia secondo la quale una vergine proveniente dalla Lorena, armandosi, avrebbe liberato dai nemici il regno di Francia. Gli stessi abitanti le comprano anche dei vestiti da uomo.

Carlo VII

Il capitano si prende questa responsabilità e decide di mandarla dal Delfino Carlo: le assegnerà una scorta di uomini per accompagnare la Pucelle fino a Chinon dove Carlo si trovava, e il viaggio durerà 11 giorni, cavalcando spesso di notte per paura degli inglesi e dei borgognoni. Giovanna si taglia i suoi neri capelli a scodella, come la moda maschile dell’epoca prevedeva, fin sopra le orecchie, e rasati dietro la nuca.

Il 23 febbraio del 1429 arrivano a Chinon. Giovanna vuole parlare col futuro re di Francia, da sola. Ma il re non si fida; si nasconde nella sua grande sala del palazzo, in mezzo agli uomini di corte: Giovanna lo riconoscerà comunque, pur non avendolo mai visto. Era stata la sua voce ad indicarglielo. Il re non è comunque convinto, ma decide di ascoltarla. Quando le chiede come si chiama, Giovanna risponderà: “Jeanne la Pucelle” (Giovanna la Pulzella).

Giovanna le spiega che è stata mandata da Dio non per annunciate che la Francia sarà salvata da Lui, ma che sarà lei stessa a portare la Francia alla vittoria!

Il Delfino è turbato. Ne parla con i suoi consiglieri e decidono di convocare una commissione di 18 ecclesiastici esperti di teologia, di politica, di diritto, la quale, dal 1° al 21 marzo del 1429, riunita a Poitiers, verificherà l’attendibilità della ragazza.

Per prima cosa, viene ordinato di farle un esame della verginità: dice di essere vergine, si fa chiamare la Pulzella, verifichiamo innanzitutto questo! Chi si occuperà di tale esame sarà Jolanda di Sicilia, suocera del Delfino Carlo, assistita da matrone e dame di corte. Risultato? Giovanna è veramente vergine.

Cominciano gli interrogatori: Giovanna risponderà a tutte le domande con intelligenza e ironia.

Durante quegli stessi interrogatori, Giovanna profetizzerà quattro eventi: 1) la liberazione di Orléans dall’assedio inglese; 2) l’incoronazione del re Carlo VII di Francia a Reims, la città delle consacrazioni dei re; 3) la città di Parigi sarebbe ritornata al re di Francia; 4) il duca di Orléans (prigioniero degli inglesi dalla Battaglia di Azincourt dal 1415) sarebbe ritornato dall’Inghilterra. Tutti questi quattro eventi si verificheranno.

Alla fine di questi interrogatori, la commissione si convince che forse Giovanna è stata mandata davvero da Dio.

E questo punto, dunque, vale la pena tentare!

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Informazione Cattolica 18 Luglio 2020

Giovanna D’Arco in 3 mesi fece ciò che in 90 anni non fecero interi eserciti, 4 sovrani, il fior fiore della nobiltà francese

Simonpietro Carta

Ormai tutto è deciso, si parte per Orléans, che è sotto assedio da sette mesi. Gli Inglesi hanno già conquistato alcune fortezze e bastiglie intorno alla città francese e vogliono costringere con la fame la città ad arrendersi, bloccando l’approvvigionamento dei viveri. Gli abitanti di Orléans non avrebbero resistito a lungo ancora per molto.

Intanto il re fa fabbricare un’armatura per Giovanna, costosissima, in piastra d’acciaio, con elmi, spade e 2 stendardi (uno grande e uno piccolo). Le regalano dei cavalli, 5 corsieri (per la battaglia) e almeno 7 cavalli da trotto (per gli spostamenti).

In poche settimane le insegnano a cavalcare e a cavalcare con l’armatura (che poteva pesare 20-25kg in più), e tutti sono concordi nel dire che «portava l’armatura con tanta scioltezza come se non avesse fatto altro nella vita».

Giovanna, durante le battaglie, ha sempre con sé stendardo e spada. Che la spada la impugnasse è fuori dubbio; ma che abbia colpito qualcuno per ucciderlo, lei stessa lo nega nel suo primo processo: «Portavo io stessa il mio stendardo quando andavo in battaglia, perché non volevo uccidere gente. Non ho mai ucciso nessuno!». Giovanna usa la spada anche per altri scopi e, alcuni testimoni del secondo processo, ci hanno testimoniato che la brandiva ad esempio per scacciare le prostitute che giravano nei campi tra i soldati.

Il 27 aprile del 1429, Giovanna entra in azione: con lo stendardo spiegato, il clero in testa all’esercito al canto del “Veni, Creator”, va verso Orléans e qui, arrivando il 29 aprile, detta la sua prima lettera agli Inglesi, ai quali intima di abbandonare il Regno di Francia e di pagare per tutti i danni e gli oltraggi che hanno procurato ai francesi in quei decenni, altrimenti «li farà uccidere tutti».

Ovviamente gli Inglesi non vanno via.

Anzi, le rispondono «che la bruceranno viva perché è solo una puttana e deve tornare a badare alle vacche!».

Inizia quindi la battaglia! Dai primi di maggio del 1429, una dopo l’altra vengono riconquistate le fortezze che circondavano la città di Orléans. L’8 maggio, il comandante inglese Talbot ordina la ritirata delle sue truppe: Orléans finalmente è libera! E nel giro di 6 settimane tutta la valle della Loira viene liberata dalla presenza degli Inglesi.

Giovanna comanda il suo esercito, lo incita, è in prima linea, la vedono arrampicarsi sulle scale, con lo stendardo in mano, per guidare gli assalti: nel giro di pochi mesi è ferita 4 volte. La prima volta si ferisce con un tribolo, che è un arnese di metallo con vari spuntoni, che i nemici gettano fuori dalle trincee: lei lo calpesta e si fa male a un piede; la seconda volta è ferita da una freccia, tra le spalle e il collo; la terza volta viene colpita da una pietra che le si spezza sull’elmo, mentre si sta arrampicando su una scala; la quarta volta viene ferita a una coscia da un quadrello di balestra.

Ormai tutto è pronto affinché il Delfino possa prendersi finalmente la corona del Regno di Francia. La cerimonia si svolgerà il 17 luglio del 1429 nella cattedrale gotica di Reims, e Carlo VII di Valois verrà incoronato re di Francia dal suo arcivescovo consigliere Regnault de Chartres. Giovanna è in prima fila, col suo stendardo. In tre mesi, la Pulzella è riuscita a fare quello che in 90 anni non erano riusciti interi eserciti, quattro sovrani, il fior fiore della nobiltà francese e la più pesante tra le cavallerie medievali.

La Guerra dei Cent’anni sarà ancora lunga: siamo nel 1429 ed essa finirà nel 1453, ma Giovanna da questo momento in poi avrà cambiato per sempre le sorti di quel lunghissimo conflitto. Vince molte altre battaglie prima della pausa invernale, anche se il nuovo re, convinto di aver ottenuto molto di più di quello che avrebbe potuto sperare di ottenere, non crede più di tanto al proseguimento della guerra, e scioglie addirittura l’esercito.

A un certo punto tutto precipita molto velocemente

Ad aprile del 1430 Giovanna torna a Compiègne, conquistata nell’estate precedente, e ora nuovamente assediata, alla testa di una piccola truppa, e il 23 maggio viene catturata dai Borgognoni (alleati degli Inglesi), quando il capitano della cittadina, per paura che questi entrassero in città, ordina di alzare il ponte levatoio e di chiudere la porta: Giovanna rimane fuori, con un pugno di uomini, tra cui il fratello Pierre, che poi dietro riscatto verrà liberato.

Ma Giovanna non può essere liberata: gli Inglesi dovranno dimostrare, tramite un processo, che Dio sta dalla loro parte e che Giovanna è soltanto un’eretica.

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Informazione Cattolica 18 Agosto 2020

Ecco come avvenne il processo e la condanna al rogo di Giovanna D’Arco

Simonpietro Carta

Nel 1430 Giovanna venne catturata e consegnata a Giovanni II di Lussemburgo (1392-1441), vassallo di Filippo il Buono, duca di Borgogna. Rimarrà circa un anno prigioniera, spostata in varie prigioni, incatenata, sorvegliata, con l’inverno duro, la solitudine e il senso di abbandono da parte del suo re: eppure tutto questo non piegherà la ragazzina venuta dalla Lorena che poi davanti ai suoi giudici risponderà con fortezza e in maniera evangelica (cfr. Lc 21, 12-15)

È Pierre Cauchon, vescovo di Beauvais, filoinglese, ad essere incaricato per la negoziazione dell’acquisto della prigioniera: gli Inglesi versano a Filippo il Buono 10.000 scudi d’oro. Invece il re di Francia non fece assolutamente nulla per liberare Giovanna.Avendo la Pulzella nelle loro mani, gli Inglesi avrebbero potuto giustiziarla senza nessun processo: ma processare Giovanna era il miglior modo per screditare la corona francese. Venne dunque trasferita a Rouen, in Normandia, il 23 dicembre del 1430. E qui inizia la grande avventura del processo di condanna.

A Rouen le fecero un nuovo esame di verginità. Non trovando quindi niente contro di lei, gli Inglesi decisero di puntare sul fatto che, vestendosi da uomo, potesse essere accusata di rifiutare gli insegnamenti della Chiesa sul decoro e sul comportamento femminile. Fu quindi sospetta persino di eresia. Il tribunale competente per le accuse di eresia era, come noto, il tribunale dell’Inquisizione. Ma né l’inquisitore di Francia né il suo vice (che poi sarà costretto a farlo) vollero presenziare a questo processo. Anche molti dei 131 consiglieri, capendo che il processo assomigliava ad una farsa, non vollero parteciparvi, ma vennero minacciati e intimiditi.

Alla fine, quindi, il giudizio finale del processo su Giovanna, non sarà opera della Chiesa, bensì di una serie di uomini manovrati dal “partito inglese”.Il 21 febbraio del 1431 venne fissata la prima udienza. La Pulzella risponderà a tutte le domande in modo sbalorditivo. Una domanda dei giudici, fra le altre, lascia ancora impressionati gli studiosi di questo processo per la sua perfidia. Gli inquisitori gli chiesero infatti: “Giovanna, sei in stato di grazia?” [cioè, ti trovi senza peccato?]. Era ovviamente una domanda a trabocchetto: se avesse risposto di , i giudici l’avrebbero accusata di superbia e di vanagloria; se avesse risposto di no, le avrebbero contestato che Dio fosse al suo fianco dato il suo stato di peccato…

Ma Giovanna lasciò tutti esterrefatti: “E’ difficile rispondere a questa domanda, però dirò questo: se vi sono [in stato di grazia], che Dio mi ci custodisca; se non vi sono, voglia Iddio mettermici, perché preferirei morire piuttosto che non essere nell’amore di Dio”.

I giudici rimasero a bocca aperta e, anche se procedettero comunque nel processo in maniera più o meno formalmente valida, seppero definitivamente che seppure in extremis era necessario trovare un valido motivo per condannarla, perché gli Inglesi erano stati chiari con loro: o muore lei o periranno loro.

Il 24 maggio la portarono dunque nel cimitero dell’abbazia di Saint-Ouen a Rouen, con tutto pronto per il rogo; le venne letta una pergamena con tutti i suoi errori e le venne sottoposta una lettera di 8 righe con su scritta l’abiura. Giovanna s’impegnava per l’avvenire a non portare più l’abito maschile, né le armi, né i capelli rasati e altro. Qualora non avesse firmato, avrebbe subito immediatamente la condanna.

Per questo, vuoi un momento di debolezza, vuoi la paura del fuoco, vuoi la falsità delle promesse, Giovanna si dispose a firmare l’abiura ed ebbe salva la vita. Ma fu condannata al carcere a vita, fatta vestire da donna e riportata subito in prigione. C’è chi ha sostenuto che Giovanna firmò perché le fecero artatamente capire che l’avrebbero liberata, ma tant’è.

Poi successe un qualcosa che ha dell’incredibile: il 28 maggio, quattro giorni dopo l’abiura, la Pulzella venne nuovamente trovata in carcere vestita da uomo. Gli Inglesi lo vennero a sapere e se ne rallegrarono: erano di fronte, infatti, al tipico caso di recidiva, di persona cioè ricaduta nell’errore. Ora Giovanna poteva quindi essere condannata a morte come “relapsa”, che significa appunto “ricaduta”. Nel medioevo i relapsi venivano subito condannati a morte. E dunque per Giovanna non c’era più niente da fare.

La mattina del 30 maggio, sulla piazza del mercato vecchio di Rouen, venne legata al tronco con sopra una catasta di legna. Il rogo venne acceso e, da quel momento, la Pulzella non smise di pregare, perdonare i suoi nemici, invocare il nome di “Gesù”. Alla vista di ciò molti dei presenti iniziarono a piangere o si sentirono male. Giovanna morì quasi subito, soffocata dal fumo e dalla mancanza di ossigeno. Le sue ceneri vennero poi raccolte e disperse nella Senna. Ma i processi su Giovanna non sarebbero ancora finiti…