L’esperienza e il lascito del comunismo in Slovacchia e in Europa

Informazione Cattolica

6 Ottobre 2021 

L’ex ambasciatore slovacco in Italia (2000-2005) e poi parlamentare cristiano-democratico Jozef Mikloško, durante il periodo della Cecoslovacchia comunista (1948-1992) è stato parte integrante della Chiesa cattolica “sotterranea” e, nel 1989, ha contribuito alla lotta per la riconquista della libertà. in tale veste, nel testo che proponiamo sintetizza per informazione cattolica alcuni ricordi a proposito della “rivoluzione di velluto” e del lascito della liberazione dal comunismo

di Jozef Mikloško

Il comunismo ha raggiunto la Slovacchia dopo il colpo di Stato del febbraio 1948 a Praga. Il presidente era Klement Gottwald (1896-1953). Una perfidia fu che l’inaugurazione del nuovo regime avvenne durante il solenne Te Deum nella Cattedrale di San Vito a Praga, con il cardinale Jozef Beran (1888-1969). 

Subito dopo la cultura è stata azzerata ed è iniziata la lunga serie dei crimini comunisti. Il Partito Comunista di Slovacchia indipendente, il KSS, e la sua élite, la Štátna Bezpečnosť cioè la famigerata unità di sicurezza statale conosciuta con la sigla STB, ha cominciato fin da subito a terrorizzare le persone. Non c’era famiglia che non sentisse l’ombra della STB, nessuno ne è stato risparmiato.

Dopo quarant’anni di crimini, tutt’oggi impuniti, in Slovacchia sono stati così quantificati i prigionieri politici cristiani fino al 1989   

  • condannati politicamente (incarcerati) e “riabilitati”: 70.000 persone;
  • morti nelle carceri e nei campi di lavoro: 570 persone;
  • uccisi per motivi politici: 100 persone;
  • eliminati con un colpo di fucile mentre scappavano dalle prigioni o dai campi di lavoro, oppure cercavano di portarsi oltre confine: 64 persone;
  • sfrattati dalle loro case per motivi politici: 2.022 persone;
  • rinchiusi nei campi di lavoro [gulag]: 61.300 persone; ristretti nei campi di rieducazione (membri dei battaglioni “tecnici” del lavoro -PTP
  • soldati, studenti di teologia): 39.800 persone;
  • forzati ad emigrare in URSS: 13.000 persone;
  • emigrati dalla Repubblica socialista cecoslovacca verso altri Stati (dal 1948 al 1988): 450.000.

L’Istituto della Memoria della Nazione si è occupato sistematicamente in questi ultimi decenni di raccogliere la documentazione dei crimini comunisti nel nostro Paese. Il comunismo ha sempre manifestato un profondo odio per qualsiasi altra visione del mondo diversa da quella marxista-leninista. Ha perseguitato quindi tutti gli anti- o i non-comunisti come nemici di classe e, in quanto fedeli del “Dio inesistente”, ogni tipo di credenti.

L’ideologia comunista non poteva avere un volto umano, non poteva essere riformata. Il KSS da parte sua è stata un’organizzazione criminale che pretendeva di controllare e decidere tutto. I principali organi comunisti della Cecoslovacchia, le unità “di sicurezza” statale abusando del loro potere, hanno distrutto la vita di milioni di persone e di tutte le rispettive famiglie.

Decidevano chi avrebbe studiato e chi avrebbe potuto viaggiare all’estero, chi avrebbe ricevuto una laurea scientifica o chi sarebbe stato un leader comunista. Molti hanno perso la libertà, la salute e la vita a causa del comunismo e nessuno dei rappresentanti del regime si è mai scusato per questo.

La repressione comunista è iniziata con la nazionalizzazione, lo sfratto, la liquidazione degli agricoltori, degli insegnanti e dei politici democratici. In due notti, nel 1950, il regime ha abolito tutti gli ordini professionali che si erano sviluppati negli anni, adoperandosi meritoriamente in ambito sociale, sanitario ed educativo.

Chiusero più di 900 monasteri e migliaia di monaci e monache furono rinchiusi nei campi di concentramento. I comunisti del nostro Paese, come altrove, hanno abolito i seminari sacerdotali, la stampa religiosa, i tipografi e gli editori. A causa della loro professione di fede, la polizia politica ha maltrattato molti genitori e figli, impedendo che fossero ammessi agli studi universitari. Indagavano su di loro, con interrogatori che ricorrevano ad ogni forma di pressione fisico-psichica, creavano reti di spie nelle comunità e nel vicinato.

Annotavano chi partecipava alle celebrazioni religiose, spiavano i pastori e la chiesa “sotterranea” che si riuniva al di fuori dalla comunità cattolica “ufficiale”.  Per anni tutto ciò che era al di fuori del comunismo è stato soppresso: letteratura, scienza, musica, arte, secondo il motto: “chi non è con noi è contro di noi”.

Ma grazie a Dio il 25 marzo 1988 in Slovacchia iniziò la rivoluzione di velluto. Una famosa manifestazione popolare, con ostentazione di candele, è stata organizzata da mio fratello František [Francesco] Mikloško, un dissidente che poi è stato designato nel 1990 Presidente del Parlamento slovacco. Circa 2.000 persone in preghiera si unirono sulla piazza principale della capitale Bratislava ma furono sottoposte a una dura repressione, assieme circa 10.000 manifestanti che stavano nelle strade laterali.

Le persone che hanno coraggiosamente lasciato le chiese hanno affrontato una forza brutale di oltre mille componenti della Pubblica Sicurezza, 250 agenti di polizia in abiti civili e passamontagna, 150 agenti di polizia speciali con elmetti e scudi, 35 auto della polizia, 14 camion antincendio, 2 cannoni d’acqua, cani e gas lacrimogeni. La polizia, in quell’occasione arrestò 141 persone.

Come sappiamo, influirono molto sul processo che ha portato alla caduta del comunismo alcuni eventi specificamente religiosi come la visita di Papa Giovanni Paolo II in Polonia del settembre-ottobre 1979, i 200.000 pellegrini in protesta presso la Velehrad Morava (1985), l’appello del Cardinale František Tomášek (1939-1992) del 4 gennaio 1988 con 31 richieste di libertà religiosa e mezzo milione di firme, la brutale soppressione della citata pacifica manifestazione delle candele del 25 marzo 1988 a Bratislava.

Gli studenti sono scesi in piazza il 16 novembre 1989 a Bratislava ed a Praga il giorno dopo. La caduta del comunismo è stata un dono di Dio, un miracolo della Madonna di Fatima. Questi della liberazione dal comunismo sono stati i momenti più belli della mia vita. Ahimè, il nuovo partito civico Verejnosť proti násiliu (VPN) ha preso molti degli ex comunisti sotto la sua ala protettrice vincendo le prime elezioni politiche democratiche nel 1990. Il Movimento Cristiano-Democratico slovacco (KDH) prese il 19% dei voti: eravamo allora entusiasti ingenui e dilettanti coraggiosi

Cosa direi oggi ai nostalgici del comunismo? Che non si viveva bene sotto le Democrazie popolari. Vivevamo in una gabbia chiusa a chiave, come negli allevamenti intensivi, mangiando ciò che ci veniva dato, senza poter uscire allo scoperto. Abbiamo vissuto due vite: una nel privato delle nostre case (quando non eravamo spiati) e una in pubblico.

Oggi invece abbiamo molte opportunità per organizzare autonomamente la nostra vita secondo le nostre idee. Nella Slovacchia democratica possiamo parlare, scrivere, pubblicare, fare affari e viaggiare liberamente. Se qualcuno pensa che sia meglio il comunismo, ha ancora la possibilità di viaggiare ed andare a vivere in Paesi nei quali governano i comunisti.  

Ma anche in Occidente non mancano le storture. Per es. ai nostri politici di sinistra “fa gola” che ci siano aree presidiate da manodopera e produzione a basso costo, con prezzi più bassi e consumi in crescita. Siamo inondati di prodotti extra-europei non di qualità ma ben confezionati, ed il flusso commerciale opposto è, ad eccezione delle auto, raro, e non crea Pil.

Il numero dei poveri cresce e, l’unico modo per farli uscire dalla loro condizione, è aumentare la loro formazione e fargli acquisire qualifiche con lo studio professionale o  Universitario. Anche in Slovacchia abbiamo molti posti di lavoro che i nostri giovani non vogliono e, quindi, circa 70.000 sono occupati da stranieri.

Penso che la caduta della cortina di ferro possa essere in certo senso paragonata alla caduta dell’Impero romano. L’entusiasmo dalla fine del comunismo ha portato all’illusione di un rapido miglioramento della società e della sua futura unità. Nel 1989-91 ci sentivamo finalmente liberi, ma la libertà non ci è arrivata a costo zero, visto che ci siamo trovati depredati nei beni e in molti dei nostri cari dal sistema totalitario comunista.

L’entusiasmo per la caduta del muro di Berlino non è durato a lungo, l’implosione del socialismo non ha significato la vittoria del capitalismo, che ha portato come accennato ad altri problemi. Oggi l’Occidente sottovaluta i Paesi ex socialisti. Anche dopo oltre trent’anni di libertà, le relazioni sono stagnanti, le differenze sociali sono eccessive.

Gli slovacchi non dovrebbero essere considerati nell’ambito dell’Unione europea cittadini di seconda categoria. La governance dell’UE è lontana dalle persone e comporta troppa burocrazia. L’Europa ha radici cristiane che non possono essere abbandonate. Il disaccordo con il Trattato di Istanbul “sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica” (2014) è stato il nostro atto storico.

In conclusione, possiamo dire che l’Europa ha avuto nel 1989 un’enorme occasione per cercare di unificare politicamente l’Occidente e l’Oriente. Questa possibilità è stata persa, la cooperazione odierna è debole, il muro tra ricchi e poveri cresce. L’Europa o avrà un futuro comune, o non avrà nessun futuro.

Occorre dare più ascolto alla Dottrina sociale della Chiesa, e non alle terapie d’urto economiche che portano solo a disordini. Il valore fondamentale dell’Europa è la pace, alla quale ci siamo abituati per 75 anni. Questa deve essere mantenuta, a tutti i costi. Dobbiamo stare attenti infatti alle provocazioni di certi Stati perché, a lungo andare, lasciarli fare potrebbe portare a guerre e sarebbe la distruzione reciproca di interi Paesi.