Gianni Da Valle, cosa rischia chi si oppone alla Cina

Corriere del Sud 27 Settembre 2021  

di Andrea Bartelloni

“Laogai Termine con cui si indicano le diverse forme di lavoro correzionale penitenziario previste dal sistema giudiziario della Repubblica popolare cinese; oltre ai propriamente detti (campi di riforma attraverso il lavoro), infatti, esistono anche i laojiao (campi di rieducazione attraverso il lavoro) e jiuye (campi di destinazione professionale obbligatoria), che però sono meno diffusi e impongono pene meno severe. Istituiti da M. Zedong negli anni Cinquanta, i campi di lavoro (oggi più di mille) hanno l’obiettivo dichiarato di riabilitare i criminali; tuttavia il governo cinese ha mantenuto il più stretto riserbo sulle condizioni di vita e di lavoro imposte ai condannati.

La reticenza delle autorità e le testimonianze di ex detenuti hanno alimentato seri dubbi circa gli intenti perseguiti dal sistema dei laogai; soprattutto a partire dagli anni Novanta si è parlato apertamente di sfruttamento della manodopera a costo zero e di violenze fisiche e psicologiche perpetrate per annientare il dissenso politico e ideologico. In anni recenti i laogai. sono stati condannati dall’opinione pubblica e da numerose istituzioni internazionali, grazie anche all’impegno di organizzazioni umanitarie quali Arcipelago Laogai in memoria di Harry Wu.”

Harry Wu

Questa è la voce dell’Enciclopedia Treccani (https://www.treccani.it/enciclopedia/laogai/) che spiega il significato del lemma Laogai e cita Arcipelago Laogai in memoria di Harry Wu. Penso una grande soddisfazione per Gianni Da Valle anima dell’organizzazione in Italia e che tanto si spende per la diffusione di notizie che vengono dalla Cina. Organizzazione che, recentemente, è stata vittima di un attacco o di un episodio censorio che ha comportato la perdita di ingente materiale. Ne parliamo proprio con Da Valle per capire cosa sia successo.

Quanti hanno dato spazio al vostro comunicato?

R: Dopo anni di assiduo impegno nel raccontare le brutalità del regime di Pechino , dei laogai ancora attivi in Cina arrivano le prime soddisfazioni. Dal 30 Agosto 2021 l’Associazione Arcipelago laogai: in memoria di Harry Wu è entrata definitivamente nella Storia grazie all’Enciclopedia Treccani. E per noi è stato motivo di orgoglio e soddisfazione un riconoscimento alla nostra trasparenza, chiarezza e correttezza nel nostro lavoro di volontariato.

Mai ci siamo fatti influenzare da nessun governo, società o partito politico. Abbiamo avuto da sempre come unico obiettivo, quello di fornire ai nostri lettori informazioni accurate e reali in un clima responsabile, anche nei nostri numerosi congressi e credo che questo sia stato uno dei fattori causa della censura da parte di Facebook .

Penso che il social sia stato messo sotto pressione, in un primo tempo hanno eliminato un anno di post, successivamente hanno oscurato del tutto la nostra pagina e nonostante le nostre innumerevoli richieste di chiarimenti agli amministratori non pervenute, siamo stati obbligati a creare una nuova pagina. Ora è: Arcipelago laogai ex Laogai Research Foundation Italia Onlus ancora in fase di allestimento. Abbiamo inviato a molte redazioni di giornali e fatto dei comunicati in riguardo all’accaduto ma nessuno si è fatto sentire. E questo la dice lunga su quanto sia influente il regime cinese in Italia.

E c’è di più, organizzazioni che si occupano di violazioni dei diritti umani in Cina si sono mostrate indifferenti. Alcuni monaci buddisti hanno dato spazio diffondendo questa notizia.

Qualche mese fa è uscito un volume da Fazi editore dal titolo La mano invisibile. Come il Partito Comunista Cinese sta rimodellando il mondo scritto da Clive Hamilton e Mareike Ohlberg che descrive l’attività del governo cinese tesa a rimodellare il mondo a sua immagine e somiglianza. Chi cerca di opporsi cosa rischia?

: Gli artigli del Dragone sono affondati nelle istituzioni indebolendo le istituzioni globali e nazionali compresa l’Italia che, nonostante gli avvertimenti ricevuti dal Copasir negli ultimi dieci anni, ha invece messo le sue reti in mano all’azienda cinese, che offriva prodotti a costi estremamente bassi. “Nel 2009 le agenzie di cybersicurezza mondiali avevano bandito Huawei dagli appalti per le infrastrutture critiche, mentre in Italia stava stringendo accordi con Telecom per sostituire Cisco.

Mentre il prodotto di Cisco si sapeva com’era fatto,con la quantità di produzione messa in piedi da Hauwei nessuno ha mai potuto controllare l’effettiva sicurezza». Persino la Panic Room di Palazzo Chigi, la stanza di massima sicurezza della presidenza del Consiglio, «passa attraverso due grandi nodi: il primo con i router di Tim, e quindi è fatto da Huawei», afferma Giuseppe Esposito, ex vicepresidente del Comitato parlamentare per la sicurezza della repubblica.

Se ci fosse un microchip, loro potrebbero ascoltare o addirittura vedere in video il presidente del Consiglio: è possibile, ma non è mai stato provato. L’Italia è stata svenduta alla Cina. Ecco alcuni esempi che indicano quanto sia radicato questo paese non democratico nel nostro Paese: il palazzo della ex Zecca di Stato a Roma , Il palazzo di Raul Gardini a Ravenna, il palazzo del Ballo del Doge a Venezia, l’azienda dei trattori Goldoni di Carpi, la storica azienda dei marmi Quarella di Verona, il legno Masterwood di Rimini, la metalmeccanica Motovario di Formigine e la catena di cinema Odeon & Uci , Ferretti yachts, tutto in mano cinese.

A fine 2017 battevano bandiera cinese 641 imprese italiane, con oltre 32 mila dipendenti e un fatturato di circa 18 miliardi l’anno. E la conquista non si ferma: la Emarc, società torinese che produce componenti per le più importanti case automobilistiche è passata ai cinesi. La Esaote, leader nel settore delle apparecchiature biomedicali? È passata ai cinesi. Moto Morini di Pavia? Idem. E così Newchem e Effechem, milanesi specializzate in farmaceutica, o Cmd, che produce motori marini turbodiesel, in tre stabilimenti in Campania. Senza contare, naturalmente, le pesanti partecipazioni cinesi in Snam, Terna, Ansaldo Energia e le quote delle banche, Eni ed Enel…

E anche l’agricoltura italiana non è esente dalla presenza cinese. Nel maggio 2021 la Coldiretti denuncia “mani cinesi sui semi italiani”. Su ortaggi ed erbe aromatiche si rischia il monopolio mondiale. Ancora più recentemente è in corso indagine delle Fiamme Gialle su un’impresa pordenonese che opera nel settore dei materiali di armamento, rilevata da una società con sede a Hong Kong riconducibile a due importanti società di proprietà governativa della Repubblica Popolare Cinese.

Secondo Agrusti (Confindustria Alto Adriatico) «Inquietudine e preoccupazione per il passaggio in mani cinesi di strumenti di forte significato militare e strategico»

da quanto detto sopra, e ho citato solo alcuni esempi, e non ho citato lo squalo della Via della Seta il predatore cinese del mondo che mostra l’entità del potere nascosto della Cina come creditore del mondo in via di sviluppo e questo vine anche affermato in un rapporto di Sebastian Horn dell’Università di Monaco, Carmen M. Reinhart della Harvard’s Kennedy School e Christoph Trebesch dell’Istituto Kiel per l’economia mondiale sulla Via della Seta (Belt and Road) .

la nuova via della seta

Questo studio si può scaricare (KWP_2132.pdf (ifw-kiel.de) e afferma che la Via della Seta ha un unico obiettivo: “Spostare ad oriente il potere economico della Cina”. Il lavoro contiene un’analisi quantitativa per dimostrare che “porterà la Cina al centro del potere economico. E i suoi partner (che hanno aderito ) li delegherà alla periferia”. Ecco che cosa si rischia: la Cina non è più un paese in via di sviluppo come ancora oggi viene considerato e gode di tutte le agevolazioni del caso ma è un fiorente mercato al consumo rafforzato in patria, la Cina sta ora indirizzando la propria influenza su vaste aree del mondo.

Una delle loro strategie è diventare il prestatore più coinvolto al mondo nei paesi poveri e in quei paesi che hanno bisogno di denaro. Questo può essere problematico per una serie di motivi. I paesi che sottoscrivono questo accordo finiscono per indebitarsi gravemente con le politiche cinesi in vari modi, sia sul piano monetario che su quello culturale. Ma anche in Africa gli investimenti assumono la forma di prestiti in cambio dello sviluppo delle infrastrutture.

Spesso aziende e cittadini cinesi raccolgono i benefici e i profitti di questi grandi progetti. Mentre molti africani accolgono con favore gli investimenti necessari nei loro paesi, ma non è molto chiaro in che modo usufruiscono di questi benefici. Un grosso problema che molti paesi stanno affrontando è che quasi l’intero carico del debito del loro paese proviene dalla Cina. Ad esempio, dei 50 miliardi di dollari del Kenya in debito, oltre il 72 percento proviene dalla Cina. In Senegal, autostrade, parchi industriali e altri importanti progetti di sviluppo per un Paese funzionante sono tutti finanziati da grandi e rischiosi prestiti cinesi. Ancora una volta, gran parte di questo valore risale alla Cina.

Non lo stanno facendo per motivi umanitari. I cinesi si aspettano un ritorno di capitale e culturale. Tim Wegenast, che ha scritto un rapporto sull’estrazione mineraria cinese in Africa afferma:“È più o meno sicuro affermare che le aziende cinesi impiegano meno manodopera locale rispetto ad altre aziende perché coinvolgono molti lavoratori cinesi e, quando sviluppano infrastrutture locali, offrono ai paesi prestiti che vengono utilizzati per pagarlo, che è quindi costruito da società cinesi e manodopera cinese”.

Anche in Europa Pechino ha messo le mani sul porto del Pireo. In Grecia e sulla nuova autostrada in costruzione in Serbia. In Turchia, che aveva rifiutato l’aiuto dell’Fmi, infatti è recente la notizia che Erdogan ha ricevuto una montagna di denaro dalla Cina. Molti porti europei sono stati conquistati dalla Cina. Una cosa è certa che l’espansione cinese non può essere fermata, si dovrebbe pretendere l’introduzione di un sistema basato sul principio di reciprocità.

E’ illogico sostenere la creazione di un progetto come la Nuova via della Seta, se le merci prodotte in Europa vengono sottoposte a controlli piú severi e restrittivi rispetto a quelle prodotte in Cina. E’ indispensabile prima riscrivere le regole ed eliminare tutti gli elementi di distorsione del mercato, perché la strada che sta preparando la Cina è a senso unico e non a doppio senso. Africa e Afghanistan. Una sola strategia?

I Talebani stanno seduti su un trilione di dollari di patrimonio minerario, vitale per la contesa economica e tecnologica globale. La Cina sa bene che il loro paese è oggi la più grande miniera di minerali preziosi non sfruttata del Pianeta Una ricchezza favolosa, fatta di giacimenti di cobalto, oro, rame e, soprattutto, le ormai famose “terre rare” (Rare Earth Elements, in sigla REE): elementi dal valore inestimabile, per il nostro mondo iper-tecnologico, per i quali vale la pena di combattere guerre, più che per il petrolio.

Non c’è solo oppio e traffico di stupefacenti nell’economia afghana, in cima alla lista c’è il litio, senza il quale le batterie dei nostri smartphone avrebbero un’autonomia di mezz’ora, non esisterebbero le automobili elettriche, i droni e qualsiasi apparato tecnologico che ha bisogno di energia per funzionare: soprattutto gli apparati di difesa e armamento degli eserciti.

Secondo studi recenti, sotto i piedi dei nuovi talebani ci sarebbe un controvalore potenziale da estrarre stimato di mille miliardi (un trilione) di dollari, ma che potrebbe arrivare anche al doppio, al triplo. E lo stesso vale per l’Africa. Un rapporto di Amnesty International mette in evidenza lo sfruttamento del lavoro minorile per produrre il cobalto utilizzato dalle multinazionali cinesi per produrre telefonini e batterie auto.

La Cina sfrutta le miniere africane con il lavoro forzato dei detenuti senza considerare i danni ecologi che causano queste estrazioni selvagge. Per capire la grandezza della Cina nel settore basta affidarsi a qualche numero. Il 70% delle riserve di cobalto è in Ghana e i cinesi ne controllano circa la metà; stesso discorso per il litio in Cile, in America Latina. Gli artigli del Dragone hanno arraffato quel che c’era da arraffare usando le aziende di Stato; queste hanno promesso ai governi di mezzo mondo lauti investimenti in cambio di acquisizioni strategiche.

E ora, oltre al 5G la Cina si prepara a dominare la filiera dell’elettrico (fonte: Insider Over). Da tutto questo si può dedurre che il regime cinese con a capo Xi Jinping ha messo in atto una strategia per la conquista del mondo e a causa degli enormi interessi politici ed economici intrapresi vengono tollerati i più orribili crimini contro l’umanità che commette la Cina ai danni di Tibetani, Uighuri, Cristiani, Falun Gong e altri.