Le Serate di San Pietroburgo. Frecce controrivoluzionarie

Stilum Curiae 19 giugno 2021

di Benedetta De Vito

A scorrere a volo radente, con il cuore acceso d’interesse per un libro controcorrente (e che, vivaddio, non somiglia in nulla alle tiritere ripetute dagli ideologi delle maggioranze), le dense pagine di Le Serate di San Pietroburgo oggi,appena uscito per i tipi delle Edizioni Solfanelli (Presentazione di Lorenzo Fontana, Chieti 2021, pp. 272, € 15), il lettore, come una piccola ape, potrà scegliere, fior da fiore, le “frecce contro-rivoluzionarie” che più gli aggradano e che sono raccolte nei macro-capitoli che riassumono, nel titolo, gli argomenti trattati: anticomunismo, conservatorismo, famiglia, falsi mitisono soltanto alcuni esempi.

Sarà bello, così, guardare il mondo, attraverso i tanti scritti, dal punto di vista dell’Eterna Legge di Dio, che regola il mondo in santità e giustizia, che è incisa nel cuore di ogni uomo e che viene qui raccontata da scrittori, intellettuali, uomini del Signore, con semplicità e nitidezza di pensiero. E, chiudendo gli occhi, sarà come tornare nel Settecento, ai tempi di Joseph de Maistre (1753-1821) che, ambasciatore a Pietroburgo, scrisse il suo capolavoro in spirito cattolico e conservatore e in forma di dialogo platonico. Un passo avanti ed eccoci a noi, sempre travolti, allora come adesso, dal filo-progressismo e dalla modernità a tutti i costi anche quando è più che velenosa.

A chi scrive questa piccola recensione per i curatori Matteo Orlando, direttore di inFormazione cattolica e Giuseppe Brienza, giornalista e conduttore radiofonico, il libro piace più delle dottrine, della cronaca, delle teorie, piace cioè conoscere gli esempi grandi di uomini e di donne, che grande hanno fatto la storia della Chiesa.

Così, per me, è stato un poco un gioco allegro immaginar di scambiar quattro parole con Clemente Solaro della Margarita (1792-1869), uomo politico «schietto, credente, autentico gentiluomo, genuino patriota»che, da cattolico, fu primo segretario per gli Affari Esteri di Re Carlo Alberto di Savoia (cfr. Matteo Orlando, L’esempio cattolico in politica: Clemente Solarodella Margarita, pp. 75-79). +

Come non commuoversi alle parole da lui scritte a Vittorio Emanuele II appena divenuto re: «Riverite in Colui che cinge la tiara in Vaticano il Vicario del Re dei Re». Caro conte Solaro, quanto ci mancano politici in grado di urlar la verità così, con semplicità, de profundiis… Sono stata poi felicissima di conoscere una serva di Dio che, per la via, non avevo incontrato mai.

Ha attraversato tutto il Novecento, si chiamava Licia Gualandris (1907-2004) ed ebbe 13 figlioli ai quali insegnava a fare piccoli fioretti, a pregare, ad andare alla Santa Messa (cfr. Sara Deodati, I servi di Dio Licia Gualandris e Settimio Manelli: Genitori di una famiglia numerosa e cristiana, pp. 142-146). Lei che, sempre teneva la Corona del Rosario in mano. Un piccolo, tenero quadro di pura devozione che, in questi tempi governati dal maligno, sarebbe un tiro d’archibugio contro la cultura del libertinaggio, della scostumatezza e della volgarità esibita…

Infine, per me che mi chiamo Benedetta, c’è un dolce ricordo della grandezza di San Benedetto da Norcia, che fondò il suo ordine con una regola che doveva valer anche e soprattutto per gli studenti, i quali, avrebbero dovuto tornar a vivere virtuosi, per amore di conoscenza e verità (cfr. Don Massimo Lapponi O.S.B., L’importanza della Regola di San Benedetto per lasocietà di oggi, pp. 93-97). Una lezione per il nostro oggi sguaiato in cui a dar lezione sono un tal Fedez e la sua compagna…

Se io ho tratto questi fiori, altri se ne possono cogliere, volendo. E ognuno i suoi, nella varietà dei gusti e degli interessi che sono, per grazia, tanti e tutti colorati a modo loro. Così, con un inchino, saluto i lettori prossimi venturi di questo bel libro e auguro loro di passare, come è capitato a me, qualche ora di piacevolezza tra cuori accesi dall’amor di Dio, in cortocircuito con il pensiero politicamente corretto e dominante, e che per di più, scrivono con penne d’oca in tempi di biro blu.